I miei bambini sono stati voluti e programmati. Non sono stati una distrazione, non sono il frutto di un incidente di percorso. E io sono quel tipo di persona che, se non avesse avuto figli, sarebbe invecchiata con un rimpianto sordo e incurabile in fondo al cuore. Ma questo non vuol dire che io non pensi mai a com’era la mia vita prima della loro nascita. A come sarebbe la mia esistenza se io avessi fatto altre scelte. Amo i miei figli, perdutamente. Ma ciò non vuol dire che non ci sia niente che mi manca della vita senza figli.
Mi manca, certe volte, la possibilità di non pensare a nulla, di smettere di occuparmi finanche di me stessa. Di fregarmene, semplicemente.
Il diritto di essere nervosa o triste senza preoccuparmi delle conseguenze per i miei figli. Di rispondere male, o di non rispondere affatto. Di chiudermi nel mutismo più ottuso o di mettere il broncio col mondo. Il diritto di fare i capricci. Di essere odiosa, egoista, immatura. Il diritto di godermi quei miei incontenibili sbalzi d’umore, quel matto ottovolante emotivo su cui viaggio da quando sono al mondo.
La serenità di restare una notte intera sveglia a leggere senza preoccuparmi di quello che mi aspetta il giorno dopo.
Un’amica che ho perduto, e che mi mancherà sempre.
Mi manca, della mia vita senza figli, la sensazione, per quanto ingannevole e solo illusoria, di poter cambiare la mia esistenza in qualsiasi momento. Senza alcun preavviso. Di poter mollare tutto e andare, partire, ricominciare. Senza dare conto a nessuno della mia follia. Il diritto di cambiare idea, di fare tabula rasa, che almeno in linea teorica spetta a ogni essere umano del mondo. Purché non sia un genitore.
La libertà di sbagliare senza che i miei errori abbiano conseguenze gravi sulla vita e sulla felicità di qualcun altro. La libertà di sbagliare soltanto per me e soltanto con me stessa. La libertà di non dover essere un esempio da seguire, un punto di riferimento costante. Di non dover avere, o fingere di avere, la risposta a tutte le domande.
Mi manca la facoltà di pretendere di essere riamata, oggi, domani e sempre. Di aspettarmi qualcosa in cambio, di dare tutto sentendo che sia lecito voler riavere indietro almeno qualcosa. Mi manca il diritto all’egoismo e alla pochezza dell’amore umano. Perché c’è qualcosa di sovrumano e di trascendente nel modo in cui un genitore è chiamato ad amare suo figlio. Qualcosa di eroico.
Solo che io non sono un eroe.