Io e il mio corpo non siamo mai stati amiconi. Ci tolleriamo più o meno pacificamente da 33 anni, abbiamo superato abbastanza bene gli anni duri di un’adolescenza con pochi chili addosso, qualche problema di pelle e tagli di capelli sbagliatissimi. Diciamo che la nostra è una convivenza accettabile, ma il mio vero grande amore è sempre stato la mia testa.
Chi lo avrebbe mai detto, dunque, che sarebbe stato proprio il mio corpo – piccoletto, impreciso, fuori forma – a sostenermi in uno dei momenti più cruciali della mia esistenza. A fare il grosso del lavoro, a risolvere tanti problemi, a farmi andare avanti senza (troppi) intoppi.
E invece eccomi qua, il seno per nutrire, ma anche placare, rilssare, addormentare, la figlia più piccola. Lo sterno nudo, la pancia, il collo, per sostenerla pelle a pelle, per farmi utero e placenta e convincerla che no, qua fuori in fondo non si sta poi così male.
E la pancia, ancora gonfia e molle, che rassicura il figlio maggiore. Il mio ombelico come vaso ricolmo di ambrosia, da sfiorare e accarezzare, che lo calma e lo accompagna nel sonno. Il nodo che mi legava a mia madre mentre mi formavo nel suo ventre, adesso in qualche modo mi tiene vicina a mio figlio, mi collega a lui.
E poi le spalle, il dorso, la schiena. Per sostenere mia figlia, avvolta nella sua fascia. Stretta a me, al mio corpo di donna, a quello che abbiamo in comune e che, dicono, ci fa somigliare.
La mia voce per cullare entrambi, le mani – una per parte – per accarezzarli. Gli occhi e la bocca rivolti all’uomo con cui li ho generati. Il mio corpo esegue ordini che nessuno ha impartito, risponde a comandi ancestrali, asseconda istinti chimici potenti e universali. Il mio corpo di animale, progettato esattamente per fare quello che sta facendo.
Il mio corpo con la sua semplicità, con la sua schiettezza franca, il suo pragmatismo. È con lui che, per una volta, tradisco la mia mente, così avvezza al superfluo, all’esagerato, all’innaturale.
Il mio corpo banale, operaio, a tratti ottuso. Il mio corpo di donna, di mammifero. Di madre.