C’è stata quella volta, in montagna. Mio figlio era minuscolo e l’ho cambiato in equilibrio su una lamina di dolomia rosa luccicante. Magari non è stato il posto più strano dove ho cambiato un pannolino, ma di certo il più suggestivo. Ricordo che il panno usato è poi finito arrotolato stretto in un sacchetto per essere riportato a valle con noi, perché al rifugio non si potevano lasciare rifiuti di alcun genere.
E poi quell’altra, chi se la dimentica. Era il nostro anniversario ed eravamo appena arrivati nell’albergo prenotato in fretta e furia su internet. Non costava poi tanto, ma era molto più elegante di quanto mi era parso sul sito. Senz’altro di più rispetto alla media dei posti che frequentiamo di solito. Peccato che lui, sempre il primogenito, abbia deciso di mollarla di soppiatto nella hall, nel mezzo delle operazioni di check in, e che il pannolino che indossava gli era stato sistemato malissimo. Risultato: una fuoriuscita immonda sul pavimento lustro dell’albergo, io che cercavo di rimediare con le salviette umide mentre suo padre teneva impegnato il portiere e un cambio rocambolesco nel bagno del ristorante. In piedi, praticamente al volo, per non sporcare nulla.
Altro anniversario, altro albergo. A Ravello, in Costiera Amalfitana. Davide aveva pochi mesi, avevo sistemato un cuscino particolarmente rigido su un supporto per valigie di quelli pieghevoli, che entrava perfettamente nel bagno della nostra camera. Un telo da doccia e via: il perfetto fasciatoio da viaggio improvvisato.
Però il posto più strano dove ho cambiato un pannolino è stato forse il pavimento dell’aereo che ci portava dall’Italia alla Repubblica Dominicana, nel nostro primo viaggio intercontinentale coi figli. In quell’occasione, a cosce all’aria c’era Flavia, che non aveva voluto saperne di restare buona sul microscopico fasciatoio a ribalta del bagno dell’aereo (e come darle torto?), per cui avevamo dovuto arrangiarci in un altro modo, cercando di mantenere il massimo aplomb e tutta la discrezione che le circostanze consentivano.
E ancora: cambi volanti a quattro mani nei bagni microscopici dei ristoranti, pannolini infilati pericolosamente su lettini da mare, rocambolesche operazioni di toeletta all’ombra di alberi secolari e siepi in fiore. E chissà quante altre mirabolanti avventure ci attendono fino a quando anche Flavia non inizierà finalmente a usare il vasino.
I cambi più estremi li ho fatti quasi sempre coi pannolini usa e getta ecologici, perché in viaggio e in vacanza li preferiamo di solito ai lavabili. In questo periodo abbiamo avuto occasione di provare i pannolini Nappynat, biodegradabili e compostabili, anallergici e made in Italy. Prodotti con materie prime di origine vegetale, non contengono profumi e sono privi di ftalati e additivi chimici. Sottili ed esteticamente del tutto simili ai classici pannolini “di plastica”, si chiudono con velcro riposizionabile e hanno superato alla grande la prova della maxipipì notturna di Flavia. Hanno ricevuto diverse certificazioni di qualità, dal marchio Vegan Ok al bollino internazionale Allergy certified, e costano meno dei marchi di usa e getta più blasonati. Se volete provarli, approfittate degli sconti e delle promozioni del momento, oppure sottoscrivete un abbonamento.
Questo post è offerto da Nappynat Natural Care