Il 2013 resterà, inevitabilmente, l’anno in cui è nato mio figlio. L’anno in cui la mia vita è cambiata per sempre, trasformando me stessa con lei. Ma non per questo rimarrà nella mia memoria come l’anno perfetto. Non per questo, se potessi, non cancellerei certi momenti per riscriverli del tutto diversi. Non per questo, grazie al cielo, non mi restano desideri da tenere in caldo per l’anno che verrà.
Il 2013 che ricorderò per sempre:
L’amore sordo e selvatico negli occhi di mio figlio. La luce che si accende nel suo sguardo quando mi vede all’improvviso. Il suo sorriso spuntato, le sue dita piccole che esplorano il mio viso. Lo squillo argentino della sua risata quando gioca con Artù. Gli occhi di suo padre che lo guardano, come se lo scoprissero di nuovo ogni giorno. Gli occhi di mio padre che guardano me che sono figlia e mamma insieme, mio padre che era perso e che invece è ancora qui. Mia madre che dice esattamente quello di cui avevo bisogno. Per una volta, la volta più importante. Le Dolomiti che risplendono al sole. Il mare cristallino che regala silenzio e leggerezza. Certe madri, amiche vecchie e nuove, sorelle di sangue o di vita, che ti comprendono e ti assolvono. Che ti aiutano ad assolverti, soprattutto. La prima volta che ho fatto l’amore dopo aver partorito. Il sole di maggio. La prima foto in cui mio figlio mi è sembrato bellissimo e finalmente mio. La certezza di aver fatto qualcosa di miracoloso e di ineluttabile.
Il 2013 che spero di dimenticare:
Le notti senza tregua, l’impotenza davanti al pianto di mio figlio, l’indifferenza di persone che credevo amiche. Il dolore lancinante sofferto dopo l’anestesia spinale. I consigli non richiesti, la solitudine e certi (miei) scoppi di rabbia animale. La nostalgia bruciante per ciò che non è più e per quello che non sarà mai. Troppi silenzi, troppo assordanti. Le cose dette tra le righe, l’affettazione e la retorica. Il freddo di marzo. La stanchezza negli occhi di chi ho scelto per la vita. Il suo terrore. La voragine che ogni tanto sembra aprirsi tra di noi. La gelosia, che prima non conoscevo e che mio figlio ha portato nel (mio) mondo insieme alle sue guance paffute. Il mio gatto che piange di dolore. La distanza incolmabile tra quella che ero e quella che sono adesso. Il terrore di aver fatto uno sbaglio per cui non esiste rimedio.