C’è quella che non incontri quasi mai, perché lavora fino a tardi e raramente fa in tempo a recuperare di persona il figlio da scuola. Nei giorni in cui riesce ad essere presente, di solito arriva un po’ in anticipo, con gli occhi accesi dalla luce delle occasioni speciali e tra le braccia un arsenale di abbracci pronto a esplodere e fare scintille. L’ordinario, di fronte a quel cancello chiuso, diventa per lei straordinario, come forse dovrebbe essere sempre per tutti.
C’è quella che arriva camminando piano, col ventre gonfio che la precede di qualche decina di centimetri. Le leggi nello sguardo, e tra i pochi convenevoli scambiati sull’uscio, la preoccupazione per quello che sarà. Il timore di non riuscire a bastare per due, di non avere abbastanza energie, abbastanza tempo, abbastanza forza. Di non saper scovare, nel pozzo senza fondo del loro cuore, l’amore sufficiente per un altro figlio.
C’è la madre che all’uscita di scuola arriva coi tacchi e il rossetto perfetto. Vestita bene, coi capelli in ordine e le unghie laccate. Probabilmente si è preparata con cura al mattino, prima di andare al lavoro, o forse si è vestita e truccata appositamente per andare a riprendere suo figlio a scuola. In ogni caso, lei si sente a suo agio, e questa è la sola cosa che conta. C’è quell’altra, invece, coi capelli raccolti e il volto acqua e sapone. I suoi passi fasciati nei leggings rimbalzano appena sulle scarpe da tennis. Anche lei si sente perfettamente a suo agio, e questa, ancora, è la sola cosa che conta.
All’uscita di scuola c’è però anche l’altra madre, quella che vorrebbe truccarsi ma non fa mai in tempo, che posticipa suo malgrado il parrucchiere e l’estetista. Per i soldi che non bastano mai, per i turni al lavoro, per ragioni che conosce soltanto lei. Stringe i denti e pazienta, mai abbastanza consapevole della bellezza straordinaria che le si agita dentro.
C’è la madre che ogni tanto arriva tenendo il compagno per mano. C’è quella che il compagno non ce l’ha mai avuto. Quella che lo ha perduto, e nasconde il dolore dietro gli occhiali scuri, offrendo a suo figlio un abbraccio che vale per due e il più credibile dei sorrisi possibili. C’è la madre che col padre di suo figlio fa a turno come può, incastrando gli orari di tutti, correndo e sbuffando per non fare troppo tardi. C’è quella che il padre di suo figlio, all’uscita di scuola, non lo incontrerà più, perché le loro strade hanno preso direzioni diverse e ora si dividono il tempo di quella che prima era la loro famiglia comune.
C’è la madre che è sempre in ritardo. Perché lavora lontano, perché non ha la macchina, perché fa sempre qualche ora di straordinario per arrotondare. E c’è quella che è sempre in ritardo anche se sta a casa. Perché occuparsi a tempo pieno di di un bambino piccolo è faticoso, e in qualche modo il suo inconscio tende trappole quotidiane alla sua puntualità.
All’uscita di scuola c’è la madre giovanissima e quella più matura. C’è la madre riservata e quella ciarliera, quella che arriva con un neonato in carrozzina e quella che un altro figlio non lo farà mai. Tutte madri. Tutte diverse eppure tutte così simili, vicine sulla carta ma spesso lontanissime nei fatti. Madri con vite differenti ma che in qualche modo si assomigliano, che potrebbero capirsi al volo e non sempre ci riescono. Madri che a volte sono complici, sorelle, amiche, e altre volte proprio non ce la fanno. Madri che potrebbero prendersi per mano e cambiare il mondo, insieme.