Il parto è quella cosa dolorosa eppure bellissima che trasforma una donna in una madre. E che molto spesso si rivela l’inizio di una competizione disperata e senza senso in cui un sacco di mamme si trovano improvvisamente invischiate, destinata a coinvolgerle loro malgrado per tutta la loro lunga vita di genitrici. Sì, perché frequentando il popolo delle madri del web, sembrerebbe che il parto sia il primo degli innumerevoli banchi di prova da superare per ottenere l’ambitissimo bollino di mamma perfetta. Se non riesci a rispettare determinati requisiti e a garantire rigorosi standard di prestazione, sei fuori. Difettosa, debole, inadeguata. Etichettata a vita come madre di serie b.
La mancanza più grave, lo saprete di certo anche voi, è rappresentata dal taglio cesareo. Una macchia indelebile sul proprio curriculum di madre, il modo peggiore per iniziare. Passi se il cesareo è una misura urgente, magari a termine di travaglio, ma se si tratta di un intervento programmato – eventualmente su richiesta della stessa partoriente – allora il problema è davvero irrisolvibile. Se hai fatto un cesareo, in pratica, hai negato a tuo figlio un’esperienza fondamentale per il suo futuro equilibrio psicofisico ed emotivo. Hai compromesso in partenza la serenità e la solidità del vostro legame madre-figlio, sei stata debole o – qualora proprio non sia stata tu a decidere – una vittima di “violenza ostetrica”.
L’argomentazione principale, di solito, è che il cesareo non è un parto naturale (come se questo fosse, di per sé, un attributo di merito per la partoriente). Il problema è che spesso si tende a dimenticare che anche un parto vaginale può essere tutt’altro che “naturale”. Induzione del travaglio, scollamento manuale delle membrane, iniezioni di ossitocina, allettamento forzato, manovre invasive per favorire l’espulsione, ventosa, episiotomia e chi più ne ha più ne metta. Può essere, e lo dico provocatoriamente, più naturale una nascita avvenuta con un taglio cesareo alla fine di un travaglio spontaneo e rispettoso, di un parto vaginale completamente medicalizzato e “pilotato”.
Non che la “naturalità” del proprio parto, ed è questo il punto fondamentale, debba mai costituire un valore di per sé, un parametro di valutazione per una mamma o peggio, un motivo di vanto. Una nascita consapevole e rispettosa dovrebbe essere garantita a tutti i bambini, per ragioni di sicurezza, salute, etica e sostenibilità dei conti pubblici, e ogni donna dovrebbe poter decidere in piena consapevolezza e coscienza il tipo di parto che desidera. Ma in alcun modo una madre dovrebbe essere giudicata, o compatita, perché ha avuto un cesareo e quindi un parto “non abbastanza naturale” o, addirittura, non abbastanza doloroso. Come se il valore di una madre si valutasse sulla base di quanto riesce o è disposta a soffrire e come se, tra l’altro, un intervento in cui sei cateterizzata, addormentata dallo stomaco in giù, allettata per quasi 24 ore e subisci il taglio di ben sei tessuti fosse una cosa “indolore”. Dovrebbe essere superfluo, ma forse vale la pena ribadirlo.