Quando avevo otto o dieci anni, il mio giocattolo preferito era un meraviglioso galeone pirata, regalo di un vecchio amico di papà. Me lo ricordo come fosse ieri: i forzieri traboccanti di minuscoli dobloni d’oro, la cambusa con le vettovaglie, il timone al centro del castello di prua. C’erano perfino i cannoni che sparavano “davvero”. Lo adoravo. Inventavo avventure mirabolanti tra isole deserte e tempeste furibonde, fantasticavo di sirene incantatrici, vecchi bucanieri e tesori sepolti. Un pezzetto della me viaggiatrice è nata in quei pomeriggi di gioco con la mia nave corsara, dove tutto era possibile e la libertà non aveva confini. Quando mia madre, anni dopo, l’ha regalata a un cuginetto più piccolo, mi si è spezzato il cuore.
Non ricordo se qualcuno, negli anni della mia infanzia, abbia mai provato ad additare il mio galeone come “un gioco da maschi”. Non credo, non mi pare. Se fosse accaduto, immagino che avrei fatto spallucce. Sono cresciuta in mezzo ad amiche ed amici, tutti insieme a giocare “alla scuola” con le bambole, o a sfidarci in corse in bicicletta all’ultimo sangue. Passare dal fingersi “mamma, papà e bambini” allo sbucciarsi le ginocchia giocando a pallone era naturale e scontato. La cosa più normale del mondo. Più tardi, al liceo, ho inaugurato la stagione del fantacalcio con i compagni (e le compagne) più sportivi. Spesso vincevo, un anno sono arrivata seconda.
Giocare, per me, non è mai stata una questione di genere. La fantasia non ha genere, non ne ha uno nemmeno la libertà. Soprattutto, l’esempio che si trasmette a un bambino, il messaggio che gli si comunica proponendogli un giocattolo o un’attività, dovrebbero prescindere dal fatto di essere maschio o femmina. Non c’è ragione per cui una bambina dovrebbe ricevere in regalo solo bamboline, trucchi e perline, mentre a un maschio si dovrebbero offrire soltanto pistole e caterpillar. Raccontare Cenerentola all’una e Robin Hood all’altro. Non esistono ruoli predefiniti o preferenze “naturali”, ma solo gli stereotipi che alimentiamo noi grandi, il più delle volte, sospetto, senza neanche avvedercene.
È anche per questo che sono felice di avere un figlio e una figlia. So per certo che in camera loro si confonderanno bambole e macchinine, pentole giocattolo e attrezzi da bricolage. I ruoli saranno assegnati senza pregiudizi, mi auguro. I regali condivisi (e contesi, certo), le idee mescolate. Certe logiche sessiste, cui saremo inevitabilmente esposti anche noi, saranno magari scardinate dall’esperienza quotidiana di una meravigliosa promiscuità. Saranno i miei figli a scegliere ogni giorno cosa diventare, principesse o astronauti, chef o cavalieri.
Dal canto mio, punto senz’altro al ruolo di pirata. Ma questo lo sapevate già.
Nelle foto, Davide e Flavia giocano con la Trottola Cenerentola della Linea Chicco Disney Princess. (schiacciando la testa di Cenerentola si attiva la rotazione delle palline con i topini e gli uccellini).