La premessa è d’obbligo: io non sono affatto una credulona, anzi. Direi che tendo ad essere, per lo meno rispetto alla media della gente, particolarmente scettica. Zero superstizioni, nessun interesse per l’astrologia, profonda diffidenza per tutto quello che ha a che fare con i “miracoli”, le pratiche mediche alternative, la meditazione estrema e così via. Ho difficoltà anche ad affidarmi con convinzione all’omeopatia, per dire (e non sono mai riuscita a convincermi della possibile efficacia delle collanine d’ambra per la dentizione).
Però penso che la mente umana abbia un potere straordinario, ancora largamente inesplorato. E in quella di una madre, forse, si attiva qualche sinapsi speciale e ancora sconosciuta, capace, in qualche modo, di cogliere i messaggi elettrici – taciti ma tangibili – provenienti dal cervello di un figlio.
So di sorelle che conducono vite diverse in case diverse, ma ogni tanto fanno lo stesso sogno. Di padri che aprono la porta a figlie che non avevano ancora bussato, di gemelli lontani che sentono dolere contemporaneamente la stessa parte del corpo. Io stessa, a volte, ho risposto a telefonate di care amiche che stavo giusto pensando di chiamare, oppure ho pronunciato la stessa frase di qualcuno, esattamente nello stesso momento. Ma non mi era mai capitato di avere personalmente la sensazione tanto netta di “comunicare” in modo silente con un altro essere umano. Telepaticamente, oserei dire, per quanto non sia certa che questo sia il termine corretto.
Forse è perché il cervello di mio figlio mi si è formato dentro, forse è perché molti dei suoi neuroni, quelli che lo accompagneranno per l’intero arco della sua vita, tutto sommato, li ho costruiti io stessa a partire da molecole “mie”, provenienti dal mio organismo (sottratte ad esso, in un certo senso). Io non pretendo di sapere quale sia la ragione. E forse neanche mi interessa poi così tanto.
Quello di cui sono sicura, però, è che almeno un paio di volte, negli ultimi mesi, ho avvertito l’urgenza impellente, nottetempo, di aprire gli occhi nel buio e voltarmi in fretta verso il letto in cui dorme Davide. Senza che lui avesse pianto, si fosse lamentato (come fa di solito quando si sveglia durante la notte), si fosse agitato tra le lenzuola o avesse prodotto il minimo rumore. Semplicemente, ho “sentito” qualcosa – l’altra notte, tra l’altro, ero già praticamente addormentata – e ho guardato istintivamente in quella direzione.
Entrambe le volte mio figlio era sveglio, seduto sul letto, immobile e perfettamente silenzioso. La sua piccola figura si stagliava contro il muro bianco della nostra camera da letto, nel chiarore freddo e vagamente inquietante della lucina da notte che teniamo sempre accesa. Suo padre dormiva placido al mio fianco. La sensazione che mi avesse “chiamato senza chiamarmi” è stata, in tutti e due i casi, fortissima e immediata.
Telepatia o sintomo chiaro di una incipiente follia (della sottoscritta)? Io non lo so. Ad ogni modo, lui era sveglio, in perfetto silenzio, e guardava me.