(E non si dica che non sono romantica)
Ti dico grazie, prima di tutto. Per il bambino che eri, per l’uomo che sei e per il padre che stai diventando. Grazie, ancora di più, di aver accettato questa sfida disperata insieme a me. Anzi, di avermi coinvolto in questa rivoluzione, di avermici trascinato nonostante le mie resistenze profonde e la paura che assediava entrambi. Di aver avuto abbastanza coraggio – qualcuno direbbe incoscienza – per tutti e due. Una vita senza cambiamenti è una vita sprecata. Una vita senza coraggio è una vita inutile.
Ti chiedo scusa, subito dopo. Per averti infettato col dubbio e col pessimismo. Per averti detto, qualche volta di troppo e a voce troppo alta, “Io ti avevo avvertito”. Scusa per i momenti in cui sono troppo madre e per quelli in cui non lo sono a sufficienza. Scusa per le volte in cui pretendo di insegnarti qualcosa e per quelle in cui accetto con troppa fatica di imparare da te. Ti chiedo scusa, soprattutto, se a volte non riesco a fidarmi. So che ti fa male, ma non sempre riesco ad evitarlo. Scusa per le parole non dette e per quelle gridate, scusa per i commenti sbagliati e per i silenzi (pochi) inopportuni. Per tutte le volte in cui avrei dovuto chiederti scusa e non l’ho fatto.
Non ti dico, invece, che sei “un bravo padre”, perché non significa niente. Sei il padre di mio figlio, quello che volevo per lui. Il solo che andasse bene per la creatura che abbiamo generato. Ma posso dirti che tutti i padri sbagliano, mentono, si arrabbiano (come le madri, del resto), eppure sono pochi quelli abbastanza intelligenti da riconoscerlo ad alta voce. Tu sei uno di questi, e dovresti andarne fiero.
Parlami sempre. Raccontami quello che ti accade, quello che speri ti succeda, quello che vorresti non dover vivere mai. Parla con tuo figlio, spiegagli sempre tutto, anche quello che non sei convinto che possa capire. Chiedigli perdono quando è giusto, ma anche quando è semplicemente necessario. Accordargli le tue scuse quando sarà lui a domandarle. Non sottovalutare mai i suoi desideri e i suoi timori. Non ridere dei suoi sentimenti bambini, per nessuna ragione al mondo. Ricordati in ogni momento che sei stato piccolo anche tu.
Non aver paura. Qualunque cosa ci riservi il futuro, la guarderemo negli occhi e la attraverseremo. Male, lentamente, in qualche modo. Ci diremo ancora cose orribili, ci guarderemo come due estranei, ci sentiremo insopportabilmente soli mentre dividiamo lo stesso letto. Ma passerà. Se noi lo vorremo davvero, passerà sempre.
Infine, per favore, non lasciarmi sola mai. Resta accanto a me quando ho voglia di ridere, quando parlo e parlo anche se tu hai già sonno, quando canto con le voci strane e quando faccio battute stupide con giochi di parole che fanno sbellicare soltanto me. Restami vicino, ancora più vicino, quando sono irriconoscibile, angosciata, nevrotica fino alla violenza. Quando ti faccio la stessa domanda trenta volte di seguito, pur sapendo che nessuno conosce la risposta. Non lasciarmi sola, amore mio. Soprattutto quando ti imploro di andartene.