Mamma, non ssrillare! Papà, basssa!
Basta uno scambio di opinioni appena più veemente con suo padre, e la supplica scatta immediata. Non alzate la voce, non siate violenti, smettetela subito di essere in conflitto.
Ogni volta che succede – mio figlio che ci implora di non far degenerare una divergenza di punti di vista – mi commuovo un po’. Lui è nato da una nostra scelta d’amore, deve in qualche modo sentirlo anche se formalmente ancora non lo sa: ovvio che si aspetti da noi una costante e inossidabile armonia. Amatevi sempre, amatemi sempre. Non ssrillate!
Imparerà, suo malgrado, che il conflitto fa parte della vita. Che l’amore stesso, ogni tanto, si impasta di incomunicabilità e di rabbia. Che litigare è normale, inevitabile, e per certi versi anche sano, e che qualche volta, se la voce sale di volume e di tono, si può chiedere scusa e andare avanti senza troppe scorie a inquinare gli affetti. Strillerà ogni tanto a sua volta, come strilla adesso, solo che poi diventerà consapevole di farlo. Si abituerà a convivere con discussioni e controversie quotidiane, fuori e dentro casa.
So che succederà, e in fondo mi sta bene così.
Ma dovrà sapere – presto, molto prima di quanto forse io stessa immagini – anche cose che farei volentieri a meno che scoprisse.
Che in molte case urlare è solo il preludio quotidiano di una violenza più fisica e definitiva. Che troppi papà, oltre alla voce, alzano all’indirizzo delle proprie compagne anche le mani o le armi. Mortalmente, ancora troppo spesso.
Che a volte esci di casa per andare a mangiare del cibo esotico, per assistere a un concerto o per bere un bicchiere di vino bianco nell’autunno ancora mite, e finisci dilaniato dalla violenza più inammissibile. Quella che ti sorprende nel mezzo della tua normalità, ammantata di ragioni false che nascondono altri scopi e altre dinamiche.
Che a volte non puoi proprio fare a meno di ssrillare orrendamente. Per far sentire la tua disperazione mentre muori sotto le bombe che dovrebbero liberarti. O mentre il mare che ti separa dalla speranza di una vita appena decente inghiotte te e i tuoi figli, in un gelo che va ben oltre l’acqua fredda e nera della notte invernale.
Che le sirene ululanti delle ambulanze, che tanto lo fanno divertire quando le incrociamo per strada, risuonano a volte in un silenzio insopportabile e mortifero.
Mio figlio scoprirà, inesorabilmente, che di solito implorare la pace non basta per ottenerla. Che gli esseri umani possono farti paura, più del buio e dei mostri e delle favole più truculente. E tu puoi soltanto stare lì a raccogliere il coraggio, l’amore e la libertà che hai in corpo. Resistere all’odio, rifiutare la vendetta. Aprire le tue mani e allargare il cuore. Difendere la tua stessa umanità, proteggerla a qualunque costo, per non farla ssrillare.