Mia minuscola figlia.
Sei arrivata nella mia pancia e nella nostra vita prima del previsto. Eri indubbiamente nei nostri progetti, ma i tempi, di fatto, li hai dettati tu. Inaspettati, fulminei. Si può dire che tu sia la prima cosa, tra quelle importanti, che io non avessi programmato nei minimi particolari. E per questo mi aspetto che sarai anche una delle più riuscite.
Vorrei innanzitutto chiederti scusa. Perdonami se, da quando ti ho sorpreso nel mio ventre, non ti ho dedicato le attenzioni esclusive che forse ti aspettavi. Del resto, è il destino dei secondogeniti, obbligati a condividere con altri i pensieri materni fin da prima di nascere. Ma sai che ti dico? Forse è meglio così. Tuo fratello, che pure è stato un figlio unico per pochissimo tempo, dovrà rassegnarsi piano piano alla nuova condizione, per te, invece, sarà tutto più naturale.
Scusami anche se non ho avuto la forza di lottare per darti una nascita più naturale. Per risparmiare a te e a me la violenza di un cesareo evitabile, la forzatura degli aghi, della chimica artificiale e dei cateteri. Ti ringrazierò per sempre per averci evitato, almeno questo, l’imposizione di tempi che non erano i nostri, per essere stata tu a scegliere quando separarti da tua madre. In ogni caso, avremo tempo per recuperare, per azzerare di nuovo la distanza e dimenticare. Te lo prometto.
Ti ringrazio per la pazienza e la forza che hai mostrato nei nove mesi in cui sei stata dentro di me. Nove mesi in cui non mi sono risparmiata mai. In cui ho viaggiato, lavorato, camminato, corso, nuotato, fatto l’amore. In cui ho sostenuto il peso vivo di tuo fratello continuamente e senza troppi scrupoli, dormito troppo poco, mangiato troppo male. In cui mi sono arrabbiata e spaventata, ho pianto e urlato, sofferto e gioito. Vissuto, pienamente. Senza, forse, il dovuto riguardo per la tua giovane vita. Che comunque non era poi così fragile, se tu non hai fatto mai una piega. Se è vero, come è vero, che sei rimasta aggrappata a me con calma e naturalezza, senza proteste o strappi, senza paura. Sei stata esemplare, anzi, lo siamo state insieme. Due donne, madre e figlia, con la forza silenziosa e impassibile di tutte le donne. Una perfetta macchina della vita, implacabile e oliata a meraviglia.
Spero che in qualche anfratto del tuo inconscio resterà il ricordo delle ninne nanne che cantavo ogni sera a tuo fratello. Sono certa che tu sappia già che le intonavo sempre pensando anche a te, immaginando di raggiungere il tuo nido amniotico, di far vibrare piano i tuoi timpani, il tuo cervello e il tuo cuore. Inaugurando quello che spero diventi uno di quei riti insostituibili delle infanzie felici: la nenia della buonanotte di una madre per i suoi figli.
Arrivi nel mondo circondata da persone che ti amano. Molte le riamerai con altrettanto trasporto, qualcuno ti lascerà indifferente, altri, addirittura, non li potrai soffrire. Perché – lo imparerai presto – non sono i vincoli del sangue, e neanche la mera consuetudine alla frequentazione, ad alimentare l’amore. Io mi fiderò il più possibile della tua capacità di discernimento, ma tieni a mente, se puoi, che nascere amati è un privilegio, e un destino da onorare.
Arrivi, soprattutto, in un mondo che è ancora dei maschi. Spero che non lo resti troppo a lungo, e che per te sia più facile essere una bambina, e poi una donna, di quanto non lo sia stato e non lo sia per me. Spero che noi stesse contribuiremo, insieme, al cambiamento che serve. Io ti prometto che cercherò di valorizzare sempre la tua femminilità – perché non è negando le differenze che si promuove l’uguaglianza – senza cedere alla facilità di certi stereotipi.
Ogni tanto – è meglio che tu lo sappia da subito – ti sentirai effettivamente “il secondo arrivato”. Troppo piccola, troppo giovane, troppo bassa, troppo inesperta per qualcosa. Troppo seconda, appunto. Ma sarà una sensazione transitoria. La vita ti insegnerà che non sempre conta arrivare primi, che l’importante non è riuscire subito o più in fretta degli altri, ma ottenere da se stessi il meglio possibile. Qualunque cosa questo significhi.
Dal canto mio, ti prometto solennemente – e lo prometto a tuo fratello – che mi sforzerò in ogni modo di evitare la tentazione del confronto. So bene che il tempo potrebbe rivelarmi di avere più cose in comune con te o con lui, che probabilmente mi troverò ad andare d’accordo con uno di voi più che con l’altro. Per affinità, per indole, per empatia. Ma questo non vuol dire che io potrei mai considerare uno di voi “migliore” dell’altro. Avrete a turno la sensazione che sia così, vi arrabbierete, ne soffrirete. Sarete gelosi. Ma ti garantisco che per me sarete inevitabilmente differenti, più o meno inclini a comprendermi e a farvi capire da vostra madre, ma non più o meno amati.
Ti affido al mondo con la stessa commossa paura con cui gli ho consegnato tuo fratello, neanche due anni fa. Allora non lo sapevo, ma lo sforzo maggiore che mi aspetta sarà quello di ricordare ogni momento che non mi appartenete. Che un giorno, presto e senza preavviso, smetterò di essere, insieme a vostro padre, il centro del vostro universo, come è sano e naturale che sia. Che per quanto siate e resterete per sempre pezzi di me che se ne andranno a spasso dove vorranno, carne e sangue e ossa impastati della mia stessa natura, materia identica a quella che compone il mio stesso corpo; per quanto sia disposta, nonché assolutamente decisa, a darvi tutta me stessa fino a quando lo vorrete e ne avrete bisogno, il mio compito è anche quello di aiutarvi a essere felici senza di me. La sfida più esaltante e insieme più crudele che mi sia mai trovata ad affrontare.
Aiutami, se puoi. E insieme la vinceremo.
Buona vita, amore mio.