Perché crescere un figlio è diventato così faticoso? Come si riusciva, prima, a tirar su nidiate di otto o dieci figli, come se fosse una cosa semplice? Mi sono fatta queste domande un sacco di volte, negli ultimi anni. Soprattutto nei momenti più critici, quando la stanchezza e lo scoramento sembravano impossibili da superare. Come facevano, le nostre nonne e le loro madri? E come hanno fatto le nostre, di mamme, a tirarci su senza che sembrasse una cosa così devastante?
Fare figli non è niente di speciale. La nostra quota animale è programmata per questo da migliaia di anni, esattamente come qualsiasi essere vivente sulla Terra. Abbiamo maggiori risorse economiche rispetto al passato, maggiori tutele, per quanto ancora largamente insufficienti, una tecnologia avanzata e accessibile. Eppure, per la nostra generazione, sembra essere diventata un’impresa a tratti estenuante. Come mai?
Non dipende, credo, dalla maggiore presenza delle donne nel mondo del lavoro: discendiamo tutti da generazioni di contadine, lavandaie, tessitrici e insegnanti. Le donne hanno sempre lavorato anche in epoca presindacale, spesso costrette a portarsi i figli neonati sul posto di lavoro. Eppure tiravano avanti, con il triplo o il quadruplo dei figli che oggi, in media, abbiamo noi. E secondo me non è neanche questione di avere meno aiuti. C’era magari una maggiore propensione a darsi una mano tra familiari e vicini di casa, ma c’erano anche, appunto, molti più bambini a cui badare. Una vita media più breve, case piccole, meno risorse per tutti.
Secondo me la verità è che siamo cambiati noi, e non solo le donne. È cambiato quello che ci aspettiamo dalla nostra vita, e soprattutto quello che ci aspettiamo da noi stesi in quanto madri e padri. Siamo i primi, includendo anche quelli che sono diventati genitori negli ultimi quindici o vent’anni, ad essere cresciuti con la consapevolezza che la vita adulta non fosse fatta solo di famiglia e lavoro, ma anche di interessi, di viaggi, di realizzazione personale, di amicizie, di studi e tempo libero. E siamo gli unici, di conseguenza, per i quali sarebbe inconcepibile doverne fare del tutto a meno solo perché c’è una famiglia a cui badare. Giustamente inconcepibile, aggiungerei.
Siamo i primi, soprattutto, per i quali “crescere un figlio” significa forse qualcosa di diverso rispetto a quello che ha rappresentato per decine di generazioni che ci hanno preceduto. Non ci sentiamo “soltanto” chiamati a garantire ai nostri figli la salute fisica, una sana alimentazione, l’istruzione, l’educazione e il benessere complessivo (lo sport, il mare d’estate, qualche giocattolo), ma anche profondamente coinvolti nella formazione della loro personalità, della loro autostima e della consapevolezza di sé. Della loro capacità di stare insieme agli altri, e di starci bene. Implicati a piene mani nella costruzione del loro benessere psicologico ed emotivo, del loro equilibrio e della loro capacità di perseguire la felicità. Non che ai nostri genitori non stesse a cuore la nostra “serenità”, certo. Ma forse noi siamo più consapevoli del ruolo che abbiamo, del peso dei nostri sbagli, delle insidie con cui fare i conti. E questo, almeno per me, è un fardello pesante da sostenere ogni giorno, molto più delle implicazioni pratiche dell’essere madre.
E non è solo questo, devo dire. Mi pare anche che noi genitori delle ultime decadi siamo i primi per i quali il processo educativo non si riduce solo a un trasferimento unilaterale di regole, divieti ed esempi, ma rappresenta piuttosto un processo fluido, biunivoco, dei quali i figli sono parte attiva, e non solo dei soggetti passivi. Non solo dei vasi da riempire o delle tabulae rasae su cui tracciare la nostra visione del mondo e della vita. In effetti veniamo anche criticati di continuo, per questo. Giudicati come incapaci, privi “di polso”, esseri smidollati e svogliati inadatti a educare un bambino. Magari è solo che abbiamo capito che ogni figlio è un universo, e per crescere insieme a lui bisogna tenerne conto.
La verità è che siamo dei pionieri. I primi a farci carico dell’educazione dei figli in un mondo che, per la prima volta dopo migliaia e migliaia di anni, non somiglia poi molto a quello in cui siamo cresciuti noi. I primi a farci carico dei nostri figli senza essere disposti a smettere di farci carico di noi stessi. I primi a farci carico dei nostri figli sapendo che avremmo potuto scegliere di non metterli al mondo, di dedicare ad altro la nostra esistenza. I primi, soprattutto, a farci carico dei nostri figli con la piena, se non addirittura esagerata, coscienza delle nostre responsabilità e del peso immenso del nostro ruolo. E questo, non me ne vogliano nonni e bisnonni, chi ci ha preceduto non lo potrà mai capire.
Tirare su dei figli è faticoso oggi tanto quanto in passato, ed è “una cosa naturale” oggi come allora. È il modo in cui stiamo cercando di farlo adesso, che per molti di noi è in parte diverso da quanto è accaduto alle generazioni precedenti. Per quello, forse, a volte ci sembra più difficile. Lasciateci tentare con tutti noi stessi. Lasciateci sbagliare. Pagheremo il prezzo dei nostri errori ai nostri figli, sulla bilancia della nostra buona fede, perché è solo a loro che dovremo rispondere. E questo, almeno questo, non è mai cambiato e mai cambierà, nemmeno tra un milione di anni.