In un’altra vita devo essere stata un’orsa. Una grassa, placida orsa piena di figli e di pelliccia. Dev’essere per questo che ora, con l’autunno alle porte, con le ombre pomeridiane che si allungano e l’aria fresca che entra al mattino dalle finestre socchiuse, avrei solo voglia di ingrassare e languire in un cumulo di coperte. Prepararmi al letargo. Abbassare il ritmo del respiro e la frequenza cardiaca, ingozzarmi piano di calorie, sbadigliare senza ritegno. Sprofondare senza fretta in un sonno senza sogni. Dimenticarmi chi sono, dimenticare ogni cosa.
Forse è solo che ho quattro anni di sonno arretrato da recuperare, e che non basterebbe un intero inverno di letargo per rimettermi in pari, per restituire al mio corpo esausto quello che gli è stato tolto (e che ancora gli verrà sottratto, chissà fino a quando). Forse è che l’intensità dell’ultimo lustro gli ha dato il peso di un paio di decenni, che ora avrei bisogno di metabolizzare con una pausa lunga una stagione.
Fatto sta che non ho voglia di fare niente. Ogni giorno, dopo il turbinio mattutino del risveglio, della colazione, dei vestiti da infilare al volo e dei saluti, mi ritrovo sola nel silenzio. Nella mia piccola casa tiepida, che mi sono cucita addosso negli anni come un guanto su misura. Insieme a un gatto più pigro di me. E tutto quello che avrei voglia di fare è ciondolare in giro con indolenza. Raggomitolarmi a pensare, leggere, progettare viaggi che non farò mai. E mangiare, cose buone e cattive. Cose grasse, cose che riscaldano. Fantasticare vite che non ho mai vissuto, immaginarmi in luoghi che non esistono, innamorarmi di persone che non conosco.
Non ho voglia di scrivere le cose per cui mi pagano e quelle che affiorano spontaneamente nella mia testa. Non ho voglia di rispettare le scadenze e di fissarne di nuove. Non ho voglia di essere assennata e diligente. Forse ho esaurito la mia quota vitalizia di assennatezza negli anni dell’infanzia, che il cielo ci scampi dai bambini troppo giudiziosi come lo sono stata io. Non ho voglia di occuparmi delle cose di cui sono abituata ad occuparmi tutti i giorni da sempre. Non ho più voglia, questa è la verità.
Vorrei solo essere irresponsabile e lenta. Inefficiente, inaffidabile. Magari anche un po’ egoista. Fregarmene. Smettere di fare la raccolta differenziata, dimenticare di versare i contributi, arrivare in ritardo dappertutto. Restare tutto il giorno in pigiama. Sentirmi autorizzata a disinteressarmi di quello che accade nel mondo, di come si sentono gli altri, di cosa potrei fare per loro.
Concedermi il lusso di non fare nulla, come avrei dovuto fare, da manuale, una ventina di anni fa. Non per sempre, soltanto per un po’, certo. Soltanto fino a una qualche primavera che, tanto lo so, prima o poi irromperà a scuotere il mio letargo.