Sono passati cinque anni esatti dal giorno in cui, divisa tra il terrore e l’euforia, ti ho visto uscire dal mio corpo. Cinque anni.
Cinque anni in cui è stato come guardarsi costantemente allo specchio. Nello specchio più lustro in cui mi sia mai riflessa. Cinque anni in cui è stato come ricominciare a vivere da capo, a conoscersi dal nulla, a respirare e camminare e parlare e piangere e ridere come se prima non avessi fatto nessuna di queste cose. Cinque anni in cui siamo stati lattanti insieme, e poi bambini minuscoli barcollanti su gambe arcuate e piedi piatti, e adesso ragazzini ancora vergini alla scoperta dell’umanità e del posto che chiamiamo casa.
Cinque anni passati a cercare di conoscerti e comprenderti, fino a scoprire ogni giorno di più quanto c’è di me in fondo al tuo spirito. Tu che sei allegria e luce, punteggiate qua e là da pozze di una oscurità che sembra impenetrabile. Sei la risata argentina e il pianto che assorda, sei la curiosità di chi non conosce il mondo e la paura di chi del mondo teme le insidie, e le miserie, e le follie. Sei la consapevolezza di te. E l’insicurezza che in fondo non passa mai. Il bisogno di sentire ogni giorno dagli altri quanto di buono c’è dentro di te. La necessità disperata di sapere che sei amato, che sei giusto, che vai bene come sei.
Sei l’accondiscendenza e la mitezza, interrotte da momenti furiosi di rabbia, di stanchezza, di frustrazione. Sei la logica che a tratti si perde nella irragionevolezza insanabile. Sei la voglia di esplorare la vita e il timore quotidiano di non farcela. Di non essere abbastanza forte, grande, bravo. Di non essere abbastanza, e basta.
Sei l’amore che dilaga senza contegno e l’insofferenza incontenibile e apparentemente immotivata. Sei l’energia inesauribile che invece svanisce all’improvviso, senza rimedio, senza riserva. L’osservazione arguta e la domanda ingenua. Il candore e la ferocia.
Sei il figlio che implora ogni momento di non essere lasciato solo, esattamente come la voce che mi si agita dentro da quando sono al mondo.
Scoprirti e amarti ogni giorno di più è un po’ come provare ad amare finalmente me stessa. Come guardare la luna che splende e lasciarsi abbagliare, ricordando però che alle sue spalle c’è un lato perennemente immerso nell’oscurità.
Non so che persona diventerai, nei lustri che verranno. Ma sono quasi certa che arriverà un momento in cui penserai che io non ti conosco, che non ti capisco, che non so nulla di quello che senti. E invece saprò che noi due siamo molto simili, e lo siamo sempre stati. Purtroppo e per fortuna.
Buon compleanno, mio piccolo compagno di strada. Che il tuo cammino sia dolce, lunghissimo e sempre emozionante.
2 Commenti
che emozione…i nostri figli sono nati lo stesso giorno, solo che la mia di anni ne ha compiuti 8 ed é davvero ogni giorno una meravigliosa scoperta.
Auguri in ritardo, allora! 🙂