(Ovvero la monnezza che i bambini si portano in casa, attribuendole proprietà apotropaiche e poteri magici).
Ditemi che non sono sola. Ditemi che non è un sintomo allarmante, che non finiremo come quelle famiglie di americani della TV, sommersi dalla spazzatura e dagli escrementi di ratto.
Ditemi che anche i vostri figli sono accumulatori seriali di:
Vetrini da spiaggia
Potremmo realizzare la nostra personale versione del parco Guell e rivestirla completamente di vetri colorati smerigliati dalla risacca. Ne abbiamo di ogni sfumatura, forma e dimensione, credo che la collezione annoveri anche i resti di una bottiglia di acquavite che Noè ha stappato per dimenticare la scomparsa dei Liocorni. Oramai sono espertissima nel riconoscere le marche di birra dalla nuance del vetrino da spiaggia residuo (poi dici che una si dà all’alcol).
Bacche e semi
Vi ricordate quando alle elementari ci insegnavano che l’uomo primitivo era cacciatore e cercatore? Sono sempre stata scettica sul fatto che intere tribù di ominidi riuscissero a procacciarsi da mangiare semplicemente raccattando in giro noci e bacche, ma è solo che allora non conoscevo ancora i miei figli. Ghiande, castagne (con e senza riccio), castagne matte, nocciole, noci, semi, samare, soffioni, bacche, coccole e chi più ne ha più ne metta. Ne trovo dappertutto: una volta mi ero quasi convinta che Totoro avesse visitato nottetempo la provincia nord di Napoli, disseminando ghiande anche in casa nostra. Quasi quasi metto su un business di “aperitivi preistorici”. Innaffiati con l’acquavite di Noè.
Manuali d’istruzione e foglietti illustrativi
Qui mi sa che c’entra il DNA. Mia nonna aveva una passione malsana e incontenibile per i bugiardini dei farmaci. Io sono cresciuta leggendo le informazioni sulle confezioni di dentifricio e di assorbenti mentre espletavo le mie funzioni corporali. E ora che sono adulta conservo meticolosamente (e consulto con una inquietante periodicità) i manuali d’uso di ogni elettrodomestico presente dentro casa. Non dovrei stupirmi, dunque, se i miei figli – in particolare la secondogenita – custodiscono con rigore ogni foglietto allegato a giocattoli, sorpresine e stronzatine che le vengono regalate. Credo che abbia passato più tempo a giocare con il foglietto allegato alla LOL che con la suddetta bambolina ipertiroidea.
Sassi, per l’appunto
Calcare, granito, marmo, arenaria, pomice, tufo, ossidiana. Ma anche gres, porcellana, terracotta e Pozzi e Ginori, Tutte, ce le abbiamo. “Mamma, guarda che bel sasso!” è la tipica frase che i miei figli scambiano, durante una passeggiata o una gita, dalle 14 alle 93 volte in tre ore. L’unica consolazione è che finora non hanno ancora raccattato delle feci essiccate (tratto da una storia vera che prima o poi vi racconterò. Forse).
Nastri, nastrini e fiocchetti
E dire che da piccola nemmeno mi piaceva il cartone di Hilary. Per contrappasso, a quanto pare, mi sono toccate in sorte due creature fissate coi nastri. E con gli spaghi, le corde, i fili di lana, cotone, seta e qualsiasi fibra naturale e artificiale esistente al mondo. Con l’assortimento che abbiamo accumulato negli anni, quel tizio francese di Art Attack (che ho sempre sospettato essere un serial killer) potrebbe realizzare una copia a grandezza naturale del Giudizio Universale di Michelangelo (e poi ucciderci tutti, dopo averci torturato col bondage estremo). Anche in questo, sospetto, i geni non ingannano: la scatola dei bottoni di mia nonna non era una scatola, ma una specie di container, che in precedenza aveva contenuto un carico di biscotti danesi al burro. Ma devo ammettere che ancora ricordo l’aura di magia e di scoperta che esercitava su di me ogni volta che la trafugavo più o meno di nascoso e mi mettevo a frugare nel suo contenuto.
Tutti i grandi sono stati bambini, una volta. E per fortuna io sono una di quelli che ancora se ne ricorda.