Il posto in cui stanno crescendo i miei figli è lo stesso paesone della provincia del sud in cui, trent’anni fa, sono cresciuta io. Anche se non sono mai stata legata al mio paese in modo viscerale, questo posto rimane comunque “casa mia”, il posto in cui dopo un certo girovagare durato circa un decennio, sono alla fine tornata per mettere su famiglia. Riconosco gli innegabili lati positivi del vivere qui – fattori ambientali, economici, ma anche artistici, storici, oltre che ovviamente la presenza degli affetti familiari – ma resto in fondo convinta che, da molti punti di vista, per me la maternità sarebbe stata un’esperienza più facile altrove. E le ragioni, messe per la prima volta nero su bianco, non sono poche.
Essere madre nella provincia del sud, per me, è stato ed è difficile. Difficile perché si fanno tantissimi cesarei, ancora troppi, spesso evitabili. Perché è ancora scontato che se tuo figlio “è grande” ti debbano tagliare, magari con tre settimane abbondanti di anticipo sul termine della gravidanza, o che debbano farlo perché hai rotto le acque da qualche ora, o ancora perché la dilatazione procede lentamente. Ed è ancora difficile ottenere un parto naturale dopo uno o più cesarei.
È più difficile perché non c’è ancora adeguato supporto in materia di allattamento al seno. Perché la libertà di scelta è ancora troppo spesso negata. Perché ancora senti che danno il latte artificiale ai neonati nel nido, senza informare la madre e senza spiegarle il motivo, oppure prescrivono l’aggiunta alle dimissioni dall’ospedale, prima ancora della montata lattea. Senza una spiegazione scientifica o una ragione medica per farlo. Perché ancora senti parlare di doppia pesata, di tabelle di crescita universali e stereotipate da rispettare alla lettera, di svezzamento precoce e rigido. Perché ancora si usano aerosol e antibiotici a sproposito, magari pure con l’avallo del pediatra (ma di contro mi pare che il delirio antivaccinista non sia ancora dilagato: almeno questo…).
È più difficile perché la provincia del sud, perlomeno quella in cui vivo io, non sa cosa sia la multiculturalità. Tutti dichiarano di professare la stessa religione (con quanto fervore e quanta coerenza, poi, è un altro discorso), tutti aderiscono a determinate tradizioni, tutti, o quasi, considerano inevitabili e “naturali” determinate tappe. Chi fa scelte diverse, per esempio in fatto di sacramenti, rappresenta una sparuta minoranza, per usare un eufemismo. E deve inevitabilmente farsi carico di tutto quello che questo comporta, per sé e per i propri figli: essere diversi, essere strambi, essere “disallineati”.
È più difficile perché qui fare esperienza della diversità in senso lato – non solo religiosa, ma culturale, etnica, linguistica, finanche gastronomica – è molto difficile, perché le opportunità concrete sono poche. Devi andartele a cercare nella grande città, che comunque resta una grande città del profondo sud, con le sue peculiarità positive ma anche dei limiti evidenti. Da qui l’Europa è lontanissima, fisicamente e metaforicamente. E la provincia, per certi versi, è “più provincia” che altrove.
Essere madre nella provincia del sud è più difficile, per me, perché ancora in tanti ti dicono che sculacciare i figli è normale. Che è normale minacciarli, “ricattarli”, punirli, che è così che si educa un figlio. E se non lo fai, dovresti forse considerarti un genitore arrendevole, inetto, inadeguato. (Però poi è altrettanto normale che i bambini facciano casino dentro un cinema o una pizzeria, perché “sono bambini”. Ma questo è un altro discorso, e temo che non riguardi soltanto la provincia meridionale).
È più difficile perché mentre altrove si dibatte con sarcasmo sull’opportunità di rentrodurre i grembiulini, qui è del tutto normale andare a scuola col grembiule. Rosa o bianco per le femmine e blu per i maschi. E se altrove è pacifico che anticipare l’ingresso alla primaria sia in linea generale una cosa da evitare, qui invece l’anticipo scolastico è ancora largamente diffuso, raramente scoraggiato dalle maestre, caldeggiato dai nonni, considerato quasi un atto di “fiducia” nei confronti del proprio figlio, delle sue capacità e della sua intelligenza (tanto che io stessa, con miliardi di remore, ho fatto questa scelta, di cui vi parlerò a tempo debito).
È difficile perché il tempo pieno alla scuola primaria è ancora un miraggio (dove vivo io, per esempio, esiste una singola sezione di una singola scuola che lo mette a disposizione) e il fatto che io, probabilmente, non ne avrei comunque usufruito non fa la differenza. È difficile perché nel mio comune, che non è esattamente un paesino di 5mila abitanti, esiste una biblioteca che però non effettua il servizio di prestito libri (e allora, forse, farebbe meglio a chiamarsi in un altro modo).
È difficile perché molti considerano ancora normale esistano giochi “da femmine” e giochi “da maschio”. Sport, colori, maschere, cartoni animati, passatempi e film da femmine e da maschio. Perché le donne adulte che non lavorano sono ancora una quantità imbarazzante, perché è vero che la vita costa meno ma gli stipendi, nel settore privato, sono spesso da fame, specie per le donne.
È difficile – è questa forse è la cosa più dolorosa da scrivere – perché il senso civico scarseggia, e forse si assottiglia preoccupantemente di anno in anno. Perché le strade sono imbrattate di merda di cane, perché i cavalcavia sono ingombri di spazzatura, perché le strisce pedonali sono bloccate dalle auto parcheggiate, perché quasi nessuno usa il seggiolino per i bimbi con più di tre anni. E non è facile vivere ogni giorno in un posto così.
Perché non te ne vai? Potrebbe dirmi qualcuno, e a ragione. Perché è complicato, per tante ragioni che vanno ben oltre il lavoro, la casa e i soldi. Perché questo post, allora? Per capire se il mio è solo un preconcetto, o se altrove, in questo nostro paese sgangherato, le cose vanno davvero diversamente…
20 Commenti
Cara Silvana, non credo che il tuo sia un preconcetto. Da napoletana residente all’estero e di passaggio a Napoli più volte l’anno, non posso non essere d’accordo con quello che descrivi nel tuo post, anzi forse potrei aggiungere qualche dettaglio in più come per esempio l’estrema difficoltà nell’uscire a fare un giro in passeggino dovendo fare slalom tra auto parcheggiate dove non si dovrebbe, buche o assenza di pedane ad hoc… Potrei anche citare la scarsa collaborazione degli utenti dei mezzi pubblici che raramente propongono un posto a sedere ad una mamma con dei pargoli al seguito…
E pensa come stiamo messi in provincia. 🙁
Cara Mamma, io non conosco la tua zona ma posso raccontarti la mia esperienza. Sono della provincia di Torino ma ho vissuto per lavoro vicino a Novara per sette anni. È lì che è nato mio figlio. Io e mio marito lavoravano tutto il giorno e il bimbo stava al nido. Non avevamo nonni o aiuti. Ma era la normalità di molte famiglie. Ho avuto una gravidanza difficile ma un parto naturale nonostante avessi rotto le acque due giorni prima. Ho avuto la gestosi e mi hanno ricoverata col bimbo per 15 gg. Ho avuto la depressione post partum ma mi sono curata e sono guarita. Ho allattato per 22 mesi, finché mio figlio non si è stufato da solo. Da pochi mesi mi sono licenziata e sono tornata a Torino. Ho rinunciato a un lavoro ben pagato che svolgevo da 20 anni per inseguire il sogno di fare la guida turistica (sono abilitata da otto anni). Adesso studio e lavoro, il bimbo fa il primo anno di materna, non abbiamo aiuti su cui contare ma stiamo bene. La vita qui è piuttosto cara ma posso dire che, nonostante essere genitori qui sia difficile come in tutta Italia, sicuramente non è difficile come da te,almeno moralmente. Qui non importa a nessuno delle nostre scelte, la sanità è buona e il grado di civiltà non è scandinavo ma non posso lamentarmi. Certo, si può migliorare parecchio. Tieni duro cara mamma e vai per la tua strada. Segui solo le tue idee e così tuo figlio avrà la forza di seguire le sue e cambiare le cose per le generazioni future. Un abbraccio. Emanuela.
Grazie di cuore! Non è facile, ma ci provo!
Credo che ogni posto abbia i suoi problemi. Leggendo il tuo post.sono felice di stare dove sto, dove c’è la.scuola a tempo pieno, dove non ci sono i grembiuli dove una scelta diversa magari non viene condivisa ma nemmeno ostacolata. Ma se non è giusto passare al biberon senza motivo non è nemmeno giusto sfinire una mamma con l’allattamento a richiesta e anche qui i “problemi” di.distinzione cose da maschio e cose da femmina non mancano, ma a forza di insistere le cose cambiano, possono cambiare, basta non mollare. Comunque purtroppo, lo slalom tra le cacche di cane tocca farlo anche qua
Che palle ‘ste cacche di cane!
Allora, sui cesarei la Valle d’Aosta è ancora come il “profondo sud”, infatti io sono andata a partorire a Torino i gemelli, altrimenti mi avrebbero costretto ad un taglio (e sarei morta, ma anche con il parto naturale, a detta di tutti i medici, perchè lì non avrebbero saputo gestire l’emergenza come hanno fatto a Torino, ma questo è un altrio discorso). Sull’allattamento, qui direi che è l’opposto, nel senso che orami se non allatti sei brutta e cattiva e teoricamente hai a disposizione (a qualche chilometro, certo, ma questo è un problema di conformazione del territorio), consulenti della lega del latte, consultori, ostetriche ecc. Solo che a volte non basta, anzi, crea solo inutili sensi di colpa. Diciamo che un pò di sano equilibrio ci vorrebbe ovunque, Nord e Sud. Tempo pieno alla primaria ovunque: si lamentano perchè non c’è la scelta con il parziale. Anche qui, forse ci vorrebbe più libertà di scelta. Sul grembiule, su tre paesi in due c’è, in uno no, però è “grembiule libero” come fattura e colore. Insomme, una via di mezzo accettabile. Sui giochi da maschi e da femmina, non c’è alcuna possibilità: non capiranno mai, sempre a guardare straniti un maschietto con una bambola in mano o una femminuccia con la macchinina. Però è un problema di nonni e genitori, perchè le insegnanti di nido e materna, per la mia seppur limitata esperienza, non fanno una piega e insistono a lasciare piena libertà di gioco, come è giusto che sia. Senso civico, questo sconosciuto! Certo, va meglio di come lo descrivi tu e di quello che ho visto io dalla Toscana in giù, assolutamente. Però non basta, proprio no! Sull’educaziione c’è di tutto ma in genere ciascuno si fa i fatti suoi e se invece si vedono genitori o nonni alzare le mani in mdoo deciso sui figli (per intenderci, non la sculacciata sul pannolino dopo una marachella che ha messo in pericolo il bimbo, ampiamente tollerata, forse a torto ma su questo non mi pronuncio), tutti insorgono, sparlano e criticano. E fanno bene. Invece la multiculturalità c’è , non sempre è facile ma già solo rispetto a dieci anni fa si fanno molti passi avanti. Religione? Tutto cattolici sulla carta, tutti a catechismo, dagli scout ed in Chiesa, perchè “fanno tutti così”. Però almeno chi non lo fa (sempre di più) non viene apertamente additato come strano nè nessuno si è mai permesso a scuola di dire nulla a mio figlio perchè non fa religione e a me questo basta. Infine, la provincia: è sicuramente diversa dalla città ma, ti diro’, secondo me è meglio, insegna a cavarsela molto di più, se accompagnata da piccole esperienze di città, magari per gli studi superiori o universitari. Da mamma, molto meglio la provincia che la città, per me, pur con tutti i limiti dei paesini. Questa, però, è pura opionione personale. Infine: ma ricevi i miei commenti? Perchè spesso sui post non compaiono e dunque non so mai se ho commentato a vuoto…grazie!
Eccomi, grazie del tuo commento! Su questo post ne sono arrivati due identici, non so se altri in passato si sono persi. Ho messo l’approvazione perché se no mi riempiono di spam, purtroppo. Di altri tuoi commenti in coda non ne ho, al momento. 🙂 Entrando nel merito, a me piacerebbe forse una dimensione di “sobborgo verde” nei pressi di una grande città con mentalità europa. Chiedo troppo? Forse sì!
Non credere che sia scontato essere madre qui, nel freddo nord. Certo, abbiamo biblioteche funzionanti, tempi pieni a scuola, asili nidi (a parte che questione dei nidi gratis, dove mamme casalinghe – e non sai quante ce ne sono anche qui!- con Isee bassi iscrivono i bambini e poi non li mandano, portando via posto a chi lavora e magari non ha nonni a disposizione – vedi me), le auto che si fermano solo avvicinandoti alle strisce pedonali, netturbini che puliscono spesso strade che nemmeno si sporcano.
Però un cesareo non lo fanno nemmeno sotto tortura, nemmeno dopo ore e ore senza dilatazione, solo in caso di seria sofferenza fetale, perchè sembra il male assoluto. Oppure non provare a dire che non hai allattato, sei considerata considerata una pessima madre e tuo figlio non povero bimbo abbandonato. Usare il passeggino, per le madri “illuminate”, è peggio che portare i bambini al guinzaglio e uno svezzamento tradizionale, sebbene equilibrato e concordato con una pediatra preparata, visto come un retaggio del medioevo. E se non hai letto tutti i libri della montessori? Quasi ti portano via la patria podestà.
Io ci combatto, con queste cose, non perché voglio essere una tradizionalista, o peggio “non sono informata” ma perché semplicemente vorrei pensare con la mia testa cosa è meglio per i mie figli, aldilà delle tradizioni o delle innovazioni ma qui, se non sei all’avanguardia, sei vista come una povera ignorante.
Ci vorrebbero solo delle mezze misure, queste sconosciute.
Ps: aspetto con ansia il tuo racconto sull’oman
Praticamente si passa da un paradosso all’altro! Come dici tu, le mezze misure sarebbero davvero utili, ma a quanto pare la “mediocritas” latina non è più di moda!
PS. Oman appena pubblicato! 🙂
Io sono di Udine, ho vissuto in Emilia-Romagna, in Liguria, in Puglia, ora in Lazio, sono sposata con un salernitano e abbiamo vissuto insieme anche in Francia e Spagna. Non sono preconcetti, c’è una cultura diversa. Perché l’Italia è diversa in ogni sua latitudine.
Cosa sia meglio credo dipenda da persona a persona, io se potessi tornerei volentieri all’estero o a casa mia, dove non mi sono spostata perché stavo male, anzi anelavo di tornarci presto…poi mi sono imbattuta nel Navigante e tutto è cambiato.
Comunque sono con te su tutto, ma non sul versante scuola: grembiule tutta la vita che salva tantissimo i vestiti (il riutilizzo è d’obbligo tra un figlio e l’altro!) e per quanto riguarda l’anticipare…io sono molto francese, avanti se il bambino è avanti e non solo perché è nato a gennaio.
Ma il grembiule io lo approvo, è il doppio colore che mi scoccia un po’! Sull’anticipo non so, io sono anticipataria di maggio e non ho mai avuto problemi, ma ero una gran “secchiona”, studiare per me era divertimento puro (e lo è ancora!). Per molti bambini significa rinunciare a un anno di infanzia, e lo trovo triste…
Aaaaahhh!! No vabbè, il colore…io sono l’unica con i colori più assurdi, tipo grigio (l’ho colorato per far andare via delle macchie!!) o verdolino!
Per l’anticipatario ripeto dovrebbe essere una questione di maturità, non di età.
Cara ai ragione, è molto difficile tutto io sto a campi Bisenzio che è zona periferica di Firenze e nonostante noi ci si lamenta la situazione è molto diversa e lo stavo proprio notando in questi giorni che ho problemi familiari grossi e come la sanità funzioni a mille questa cosa è stupenda la cosa meno bella è che invece i dottori di base non.sono piu attenti e preparati ma giusto il mezzo per ricette e certificati , non tutti ovviamente .
Come maternità per Fortuna siamo avanti molto ma cmq anche qui alcune volte zoppicano… l allattamento è sostenuto molto ma SOLO se una madre a la voglia e la forza xché sennò biberon.e ciucci partono alla prima, uguale x i parti….io ho partorito in un ala di Careggi che si chiama la Margherita dove si puo partorire come a casa e rimanere con.il compagno a dormire nella stanza tutta per te una specie di sweet ospedaliera con lettone vasca e bagno il babbo ed eventualmenti fratelli posso rimanere quanto vogliono .anche a dormire!!!…stupendo ma non.per tutti, cmq le stanze di Careggi sono belle tutte da 2 donne con.cullina attacca al letto con.una specie di braccio pronta x l allattamento sempre SE la ma mamma lo vuole xché alla prima avvisaglia c’è chi aiuta ….e c è chi non si vuol far aiutare e diciamolo è fatica pura dopo un parto naturale o cesareo e quindi il biberon parte immediatamente…..poi abbiamo piste ciclabili bei giardini x poter passegiare con ii nostri cuccioli….ma le persone ovviamente dipende dai singoli ma tutto questo macello non c è assolutamente…..bisogna fare dle scelte ma alcune volte non.sono facili anzi spesso ci si ritrova ed è piu facile lasciar andare le cose che cambiarle….eppure vengo da un paese di 2000 anime dove adoro andarci alle feste paesane ma poi viverci non esiste e prima o poi porterò qua anche chi ci è rimasto xché piu si invecchia e piu semplicità ci vuol!!!##
La Toscana è un posto fantastico, spero che venga amministrata sempre al meglio! Un abbraccio!
Ciao Silvana, a Roma e dintorni (io abito in un paesino poco fuori, ma lavoro a Roma) le cose non vanno molto diversamente. Mi sono ritrovata praticamente in tutte le cose che hai detto, aggiungo che da quando sono mamma mi sembra che lavorare a Roma ed essere genitori presenti non sia un “mestiere” fatto per i lavoratori dipendenti…orari incompatibili con qualsiasi scuola pubblica di ordine e grado, io ho difficoltà pur avendo un part time.
Complimenti per il blog
Ciao Elena, grazie mille per le tue parole.
Mi dispiace tanto, posso solo immaginare le tue difficoltà (avendoci vissuto, a Roma!). Forza e coraggio, speriamo in un avvenire diverso per le nostre figlie e i nostri figli.
Anche a Roma c’è tutto questo che dici tu! E è la capitale!!!
Ho vissuto a Roma tre anni, facevo due lavori, abitavo lontanissimo dal lavoro e giravo coi mezzi. Che fatica!
Roma si differenzia solo per la muticulturalita. Il resto succede anche qui, purtroppo! È una metropoli con un profilo provincialistico!