Se la famiglia si allarga, e tu vivi in una casa piccola piccola, l’insieme delle operazioni che fai per prepararti al nuovo arrivo comincia invariabilmente con il “fare posto” a chi verrà. Sono anni che per me funziona così. All’inizio ci vivevo da sola, in questi 62 metri quadri. Che per me erano anche troppi. C’era una stanza del tutto inutilizzata, la porta del bagno perennemente aperta e un letto matrimoniale in cui dormivo soltanto io. Spesso regnava il silenzio.
Poi siamo diventati due, e suddividersi lo spazio (le ante dell’armadio, i comodini, le mensole in bagno), trovare una collocazione alle cose di lui (la sua tazza nel mobile sopra l’acquaio, il suo spazzolino da denti accanto al mio) è stata la misura concreta del “diventare famiglia”, del rinunciare a qualcosa di sé, nel senso migliore del termine, per accogliere l’altro.
Ti faccio spazio nel mio nido, in due si starà meglio. Mi sposto un po’ più in là, mi accomodo diversamente sul divano, getto via quegli oggetti inutili per far posto alla tua vita. Staremo vicini – che bello – e saremo comodissimi.
Il terzo inquilino era minuscolo, quando è arrivato. Un cosetto peloso con delle orecchie troppo grandi e una coda lunghissima. Ma aveva le sue necessità pratiche, richiedeva uno spazio vitale indispensabile che noi umani abbiamo dovuto ricavare per lui. L’angolo delle ciotole, il tiragraffi, la toilette, la cuccia alta e così via. La casa è piccola? Nessun problema: ci stringiamo un pochino, rinunciamo a un altro po’ di superfluo e staremo tutti comodi. Magari acciambellati gli uni sugli altri come ghiri in una tana.
Tutto vero. Anche quando è arrivato un figlio Homo sapiens, ancora più “ingombrante”, da tutti i punti di vista. Un bambino ha bisogno di spazio? Nessun problema. Noi riusciremo a trovarlo. Ti ho ospitato nel mio piccolo corpo per nove lunghi mesi, sono riuscita non senza dolore a regalarti il grosso del mio cuore, vuoi che non riesca a organizzare la nostra casa in modo da accogliere anche te? E via di soluzioni salvaspazio, vasca pieghevole, fasciatoio su misura commissionato ad un artigiano di paese.
Non occorre altro, basta ridurre lo spazio vuoto che ancora sopravviveva tra di noi. Tanto, a che ci serve? E così questo è diventato il nido di mio figlio, il suo santuario. Il luogo da riconoscere come casa, il posto in cui sentirsi più sicuro al mondo, a parte le braccia di sua madre.
Adesso il silenzio è una condizione quanto mai rara. La porta del bagno è comunque perennemente aperta, perché è sempre, ma proprio sempre, il momento giusto per stare insieme, per stare vicini. La camera da letto è grande abbastanza per un talamo a tre piazze, in cui ognuno, tutto sommato, ha lo spazio sufficiente per dormire comodamente. A tavola stiamo insieme e la stanza che una volta era praticamente in disuso è diventata la più colorata e trafficata della casa.
Ora ci risiamo. Ancora una volta, probabilmente per l’ultima. Ho fatto spazio nel mio ventre a una piccola persona via via più grande, ritirando il mio respiro, rimpicciolendo i miei organi vitali. Dentro il mio stesso corpo non c’è più posto per me. Ogni centimetro cubo, ormai, appartiene a mio figlio. È faticoso, ma funziona. Lui (o lei) cresce come deve e io sono sempre io.
E anche la nostra piccola casa si adatta, si modifica, si accomoda per accogliere il nuovo inquilino. Lo spazio, se vuoi, viene fuori. Basta rinunciare a qualcos’altro di inutile, basta concentrarsi sull’essenziale.
È sufficiente, in fondo, stringersi appena un po’. Ridurre ancora le distanze, il vuoto, il nulla. Stare più vicini, condividere quello che abbiamo. E non significa proprio questo, amarsi, in ultima analisi?
Ti faccio un po’ di posto sulla zattera in cui sto andando alla deriva per il mondo. Se mi salvo io, ci salveremo tutti, stretti gli uni agli altri come foglie su un ramo. Vicini. Insieme. Perché siamo una famiglia, perché se mi sposto un pochino più in là, come diceva quel vecchio musical, anche tu stai comodo. Anche tu sei a casa.
11 Commenti
Ma che bello questo post. Che bello e che emozione leggere le tue parole. Stretti forse ma senza dubbio uniti e felici.
Grazie! Stretti stretti, sì. Ma tanto vicini.
Bellissimo, tenero e fa sorridere 🙂
Grazie! :*
Che emozione far posto ad un nuovo membro della famiglia! Noi siamo di animo vagabondo ed essendo in affitto abbiamo cercato di assecondare le esigenze di famiglia: coppietta di neosposi in un monolocale, bilocale per la famiglia a 3 (dopo aver sfruttato ogni singolo anfratto del mono con 2G neonata) ed infine trilocale per noi 4. Ogni passaggio è stata una conquista ed ogni volta non riesco mai ad affittare una casa più grande del minimo necessario, perché anche a noi piace stare vicini vicini! Al salotto con cucina a vista non potrei proprio mai rinunciare, ma il corridoio che separa zona giorno da zona notte è stato il regalo più bello! Ovviamente ora siamo di nuovo stretti…chissà cosa ci riserverà il futuro! Un forte abbraccio alla tua panciona ed al piccolo futuro fratello maggiore 😉
Ma che bello! La vostra famiglia è come un paguro che man mano che cresce si cerca una casetta più grande. O almeno, questo è quello che è venuto subito in mente a me 😉
Il mitico Paguro Bernardo, mi piace! 😉
Bellissimo! Mi piace l’idea di crescere insieme mentre paradossalmente lo spazio diventa sempre più piccolo, quanto amore e quanta tenerezza nelle tue parole!
Grazie *-*
Mi hai commossa e sei nella mia top della settimana. Grazie mammagreen.
Ketty
http://www.kevitafarelamamma.it/2014/10/top-of-post-21-settimana-6-12-ottobre.html
Grazie di cuore, sei tu che commuovi me!