Tratto dalla mia rubrica “Diario di ECOmamma” su La Nuova Ecologia (numero di febbraio 2013)
Partorirai con dolore. Ovvero come tre semplici parole possano condizionare una donna al punto da indurla a pensare con orrore a quello che in realtà è un evento fisiologico, per quanto impegnativo e – ammettiamolo subito senza ipocrisia – di norma doloroso. Dopo il test di gravidanza, le ho ripetute a me stessa in loop, come un mantra “al contrario” che non faceva altro che incrementare la paura e fiaccare la mia autostima. Colpa degli ormoni, probabilmente. Ma anche di un retaggio culturale che ormai considera il parto come un’esperienza medica qualsiasi, alla stregua di un intervento chirurgico terapeutico, nonché della tendenza, macabra e per me inspiegabile, che molte madri hanno nel raccontare il proprio con particolari degni di un film di Tarantino.
Confesso, dunque, di aver dovuto compiere uno sforzo non indifferente per riprogrammare la mia percezione del travaglio. Il corso di preparazione al parto, in questo senso, è stata un’esperienza utile (per quanto molto carente su altri aspetti). Un’occasione per confrontarmi con altre primipare spaventate, ma soprattutto per imparare cose che ignoravo o che conoscevo poco e male. A cominciare dalla corretta respirazione da effettuare durante le contrazioni, fondamentale per mantenere una buona ossigenazione e per “distrarsi” dalle doglie. Inspirare profondamente dal naso ed espirare dalla bocca per tutta la durata della contrazione: sembra un dettaglio insignificante, ma non lo è, a prescindere che si scelga di partorire a casa o in ospedale. Come non lo sono le tecniche di rilassamento che permettono di affrontare meglio il travaglio. Per prima cosa, aiuta concentrarsi su un pensiero felice, del tutto slegato dall’esperienza che si sta vivendo: un viaggio fatto o previsto, un libro amato, una borsetta desiderata.
Anche la musica può servire: preparate una playlist e chiedete all’ostetrica di farvela ascoltare nei momenti clou. Sconsigliato, al contrario, fissarsi sul pensiero delle contrazioni: non serve a niente se non a stancarsi nel corpo e nello spirito. E a proposito di corpo e di stanchezza, fondamentale anche imparare come e quando “spingere”. Dimenticate i film americani con donne trafelate che iperventilano sul sedile posteriore di un taxi giallo: la famosa spinta in apnea, da compiere con i muscoli addominali durante la contrazione, va riservata per le ultime fasi del parto, quando la dilatazione della cervice è completa. Al di là degli aspetti psicologici, poi, nelle ultime settimane di gestazione è utile massaggiare tutti i giorni l’area del perineo con un olio naturale (evitate gli oli essenziali, però): delicati massaggi circolari, infatti, permettono di aumentarne l’elasticità e ridurre il rischio di episiotomia.
È stato grazie a questi accorgimenti che sono riuscita ad entrare in sala travaglio con maggiore consapevolezza e fiducia in me stessa (anche se poi la presentazione occipitale di Davide ha reso necessario un parto cesareo, nonostante il travaglio fosse praticamente giunto al termine). Ricordando che una traduzione più corretta dell’ammonimento biblico recita in realtà “partorirai con fatica”. Detta così fa molta meno paura, vero?
3 Commenti
aggiungo una cosa al tuo articolo….consiglio vivamente di praticare lo yoga almeno 1 mese prima del parto, proprio per imparare a respirare nel modo giusto, nonchè a distrarsi su altri pensieri (sembra semplice, invece è difficilissimo) con le visualizzazioni. Condivido le cose che hai scritto, è faticoso partorire, ma è anche un'esperienza bellissima che ricordo con molta tenerezza, sia per la vicinanza del marito, della famiglia e delle ostetriche.
Ottimo consiglio, Rita. Grazie.
[…] ecco. Ma il meno “ospedalizzata” possibile. Per questo mi ero impegnata così tanto, al corso preparto. Mi offrivo sempre volontaria per fare le prove della “spinta in apnea” (un modo […]