Quel tempo perso per sempre: intervista sulla depressione post partum

Valentina Colmi è una giornalista e blogger, ed è la mamma di Paola e di Vittoria. Il nome della sua secondogenita non è stato scelto a caso, ma per celebrare la liberazione di sua madre dalla depressione post partum, che l’aveva quasi spezzata dopo la nascita della prima figlia. Valentina scrive di depressione perinatale nel suo sito Post-partum.it, e a questo tema così importante e ancora così sottovalutato, ha dedicato il suo libro Out of the Blue – Rinascere Mamma, edito da Lazy Book in formato digitale (lo trovate su Amazon e nei principali store della rete). L’ho intervistata perché la sua vicenda, per tanti versi, è la vicenda di molte. E poi perché mi piacciono tanto le storie a lieto fine.

Cosa avresti voluto che facessero i tuoi cari quando avevi la depressione post partum, e cosa invece non è accaduto?

In realtà quando stavo male ho avuto l’appoggio dell’unica persona che in quel momento stava vivendo con me tutto il dramma, ovvero mio marito. Su questo posso dire di essere stata molto fortunata, visto che non ha mai reagito negativamente quando stavo male, anzi mi consolava e soprattutto c’era. La mia famiglia – intendo i miei genitori – probabilmente non ha capito subito che si trattava di qualcosa di più che una semplice tristezza e mi dicevano in continuazione di tornare alla normalità. Avrei forse voluto essere presa più sul serio.

Come hai fatto a capire che avevi bisogno di aiuto, e cosa hai fatto per chiederlo?

A tre mesi dalla nascita di Paola, il senso di angoscia che provavo non si attenuava. Mi attanagliava, mi sentivo sempre arrabbiata, ansiosa, in prigione. Per questo ho deciso di chiedere aiuto. In rete ho trovato l’indirizzo dell’Ospedale Niguarda: ho telefonato e da lì ho preso un appuntamento per iniziare le sedute. Una delle decisioni migliori che potessi prendere.

Ci sono stati commenti, silenzi o comportamenti che hanno ulteriormente aggravato la tua sofferenza per la depressione post partum?

No, perché in realtà non lo sapeva nessuno tranne mio marito. Avevo bisogno di vivere questo percorso da sola, senza avere addosso sguardi preoccupati. Ai miei genitori l’ho detto solo a terapia avanzata.

Nel tuo libro mi è sembrato di percepire una certa rabbia per la scarsa attenzione che si rivolge alla depressione post partum. Cosa, in particolare, andrebbe fatto sul piano sociale e sanitario per prevenirla e curarla?

Hai detto bene. Io ho ancora una grande rabbia per quello che mi è successo, perché per me Paola non è esistita per cinque mesi e quel tempo non me lo ridarà più nessuno. Eppure non mi avevano avvisato che sarebbe potuto accadere; al corso pre parto hanno dipinto la maternità come il momento più bello della vita. Pensa che l’incontro con lo psicologo era facoltativo! Io non l’ho frequentato perché credevo con molta superficialità che a me non sarebbe capitato nulla, che la depressione post partum non mi avrebbe sfiorato. Da una parte quindi dovrebbe esserci più informazione e prevenzione – ci sono ottimi progetti che però vengono chiusi per mancanza di fondi – e dall’altra le future madri non dovrebbero trincerarsi dietro a frasi tipo “è un periodo felice, non voglio sentire notizie negative”, perché poi è molto peggio. D’altronde chi l’ha detto che le donne incinte non debbano essere toccate da nulla del mondo esterno?

Quando aspettavo il mio primo figlio ho vissuto un periodo di profonda angoscia e insicurezza, che ha lasciato strascichi coi quali ancora combatto. La depressione può colpire anche prima del parto? Perché non se ne parla mai?

Certo, la depressione può colpire anche prima del parto e si chiama appunto depressione pre partum. Ha più o meno gli stessi sintomi di quella post: ansia, sensazione di non farcela e soprattutto ambivalenza nei confronti del nascituro. Molto spesso le future mamme tendono a reprimere queste sensazioni, magari dandosi delle colpe. È importante invece che sappiano che l’ambivalenza – quando è sana – permette di costruire un rapporto sincero e profondo con il proprio bambino. Non se ne parla per quello che ti dicevo prima: la gravidanza viene definita “stato di grazia”, come si fa a turbare questo cliché?

Cosa diresti a una mamma che non si sente felice come tutti le dicono che dovrebbe essere?

Innanzitutto che è molto coraggiosa e che fa bene a dirlo. E poi di non avere timori a parlarne prima con le persone che le vogliono bene e poi con un terapeuta.

E a una ragazza che sta per diventare madre?

Ad una ragazza che sta per diventare madre direi solo una cosa: “Prima di essere madre sei una persona, anche se dopo che avrai partorito comincerai ad essere conosciuta come “la mamma di” non più con il tuo nome. Tuo figlio avrà bisogno di te e delle tue cure, ma lui non è te e per questo non sentirti indispensabile”.

Come si fa a capire che si ha la depressione post partum?

Purtroppo i sintomi sono tanti e variabili, per questo si fa fatica ad avere una diagnosi adeguata. Possono andare da cause organiche (per esempio un brutto parto o un cesareo difficile) a psicologiche (ad esempio il rapporto con la propria madre), alla condizione economica, al compagno o marito inesistente. In genere si manifestano ansia, pianto improvviso e immotivato, stanchezza, si dorme troppo o troppo poco (ci si sveglia perché si teme che il bambino possa stare male), scarso appetito o eccessivo consumo di cibo a tavola, si perde l’interesse per la vita di tutti i giorni, fino ad arrivare a pensieri di morte verso sé stesse. Questi sintomi si presentano generalmente tra la sesta e la dodicesima settimana dopo la nascita e devono essere continuativi per più di due settimane.

Come stai oggi?

Ho finito la psicoterapia e devo dire che sto bene. Sono piuttosto stanca perché le mie figlie sono molto impegnative, ma rifarei tutto ciò che mi ha portato fino a qui, depressione post partum compresa.

You may also like

3 Commenti

Rita De Cosmis 31 Luglio 2016 - 15:59

Leggere questo articolo mi ha fatto sentire meno sola. Purtroppo mio marito non mi è stato di aiuto, e io sinceramente ho odiato i primi quattro mesi del mio bimbo, mi stavano tutti addosso senza capire che avevo solo bisogno di una mano e non di essere giudicata. Ho cancellato tutte le foto dei primi mesi per la rabbia, e nessuno mai potra riddarmi quei momenti….. . È brutto sentirsi soli, impotenti, sbagliate, e con una rabbia addosso da non saperla descrivere. Ora il mio bimbo ha quasi un anno, me lo sto godendo ogni minuto per recuperare il tempo perso.

Reply
Silvana - Una mamma green 2 Agosto 2016 - 13:47

Mi dispiace tanto, Rita. Nessuno potrà restituirti quello che hai perduto, ma il tempo e l’aiuto giusto potranno forse aiutarti a convivere con questa esperienza. Ti abbraccio forte, non sei sola!!

Reply
Maternidade no Divã | Psicologia, Maternidade e Desenvolvimento infantil 3 Agosto 2016 - 12:00

[…] traduzido por mim. Post original, em italiano, aqui no blog Una Mamma Green, de Silvana […]

Reply

Lascia un commento