Bambini che non giocano

by Silvana Santo - Una mamma green
bambini che non giocano

Vanno a scuola, spesso a tempo pieno. Fanno sport fin da molto piccoli, almeno due volte a settimana (e no, lo sport non conta come “gioco”, perché non è un “gioco libero”, ma un’attività strutturata, mediata da adulti e disciplinata da regolamenti, ruoli e obiettivi imposti dall’esterno). Prendono lezioni di lingue straniere o di musica. Nel fine settimana sono sommersi di laboratori, letture, visite guidate, attività creative di ogni genere. Passano ogni giorno più o meno tempo davanti alla TV o guardando video su Youtube. E poi naturalmente ci sono le feste di compleanno – rigorosamente in ludoteca, con i gonfiabili e la babydance – le serate in pizzeria, magari anche le vacanze con animazione, gonfiabili e balli di gruppo.

Mi chiedo se non stiamo tirando su una generazione di bambini che non giocano più. Perché non ne hanno il tempo materiale, da una parte, e perché non sono neanche del tutto capaci di farlo, in un certo senso. Perché noi non diamo loro la possibilità di acquisire gli strumenti necessari, l’attitudine, la forma mentis. I nostri figli sono pieni di giocattoli, elettronici e analogici, ma di fatto quanto giocano “davvero”? Riescono a trovare ogni giorno parentesi di tempo e tranquillità e anche la quota indispensabile di noia che serve per pascere l’immaginazione e attivare la creatività? Riusciamo, noi adulti con l’orologio ai polsi e la smania di “stimolarli”, a garantire loro un sacrosanto spazio quotidiano in cui possano effettivamente decidere cosa fare e come farlo, senza istruzioni, suggerimenti o direttive da parte degli adulti?

Un bambino non è un bambino se non gioca. Se non può giocare e se non è capace di farlo. Se non trova il tempo e lo spazio per imparare a farlo, da solo e in compagnia. Un bambino non è un bambino se non gioca tutti i giorni, per tanto tempo. Perché è giocando che si impara la vita, che si esorcizzano i mostri, che si fa esperienza della mediazione, del conflitto, del compromesso e della sconfitta. È giocando che un bambino si misura coi propri limiti, che si obbliga a superarli o si rassegna a conviverci. Che si cimenta con la condivisione, ma si abitua anche a godere della compagnia di se stesso.

Una generazione di bambini che non giocano è una generazione di bambini a metà, destinata ad avere, una volta raggiunta la condizione adulta, necessariamente qualche vuoto da riempire.

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1 Commenti

L'angolo di me stessa 13 Novembre 2018 - 15:51

I miei figli si lamentano spesso che vogliono stare a casa a giocare o leggere e li capisco, sebbene cerchi di limitare attività strutturate (ma purtroppo da ex agonista non ho saputo né voluto rinunciare a quello) e non utilizzi mai video e tv, siamo comunque sempre in giro, tra scuola, sport e viaggi/gite.
Poi quando sono a casa si annoiano o litigano tra di loro…ma questo è un altro paio di maniche e forse è anche giusto che lo facciano!

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