Quando ero piccola io, non esistevano i family hotel. C’erano invece gli alberghi per famiglie, ma noi non ci andavamo quasi mai. Quella era l’epoca delle “seconde case”, o degli affitti trimestrali rinnovati di anno in anno. I più avventurosi andavano in campeggio. L’estero, anche il più vicino, era un’esperienza per pochi, e in generale non per le famiglie con bambini. Troppo caro, troppo lontano, troppo difficile. I miei genitori non erano mai stati grandi viaggiatori, e non lo sono diventati dopo la mia nascita. Passavamo le vacanze in un angolo di paradiso, nella grande casa degli zii, ed erano vacanze felici. Rimaste per sempre incastonate come gemme preziose tra le fibre più resistenti della mia memoria.
Però io sognavo di viaggiare.
Non so da dove mi venisse questa spinta fortissima, che sarebbe rimasta nel mio cuore per sempre e che somigliava più a un bisogno, che a un desiderio. Non avevo genitori trasfertisti da visitare nel weekend, alloggiando in hotel con tutta la famiglia. E neanche zii viaggiatori che mi portassero cimeli su cui fantasticare, né racconti di famiglia particolarmente esotici con cui addormentarmi la sera. Ero io, solo io. Era nata con me, quell’attrazione magnetica verso l’altrove, vicino o lontano che fosse. E suppongo che morirà con me, il più tardi possibile.
Leggevo storie di avventura e di pirati, mi incantavo di fronte a un accento straniero o a una inflessione che raccontava di una regione lontana dell’Italia. A un certo punto mi misi a collezionare cartoline. Ne chiedevo a chiunque, le aspettavo come il più prezioso dei regali, come la promessa dei viaggi che avrei fatto “un giorno”. Ho passato ore a catalogarle e ammirarle. A metterle in fila in ordine di preferenza. Sognavo Venezia e San Remo. Tokyo e Parigi. La savana africana e la tundra artica. I Caraibi e il Sahara.
Stare in albergo capitava assai di rado, quando ero piccola. Erano sempre pensioni a conduzione familiare, antesignane dei perfetti hotel per famiglie che mi capita di frequentare adesso insieme ai miei figli. Ogni volta per me era una specie di magia. L’illusione di vivere, per qualche giorno, una vita sconosciuta. La novità, il cambiamento, i viaggiatori stranieri. Ogni cosa mi sembrava interessante, emozionante, meravigliosa. Collezionavo ricordi e cimeli, annotavo i dettagli più insignificanti nel mio diario. Inventavo identità straordinarie per gli altri ospiti dell’albergo.
Negli anni, viaggiare è diventato un sogno realizzato. E stare in hotel, per famiglie e non, un’esperienza decisamente più usuale. Ma ogni volta resiste quel brivido. L’adrenalina della scoperta, il fuoco della curiosità. Il piccolo miracolo dell’immaginazione che si accende al cospetto del “microcosmo albergo”. Chi avrà dormito in quella stanza prima di noi? Che storie avranno gli ospiti al tavolo accanto al nostro?
Un privilegio che condivido con i miei figli. Ai quali spero di regalare ogni volta la stessa magia.
Post in collaborazione con Hotel Orizzonte, hotel per famiglie (e non solo) di Jesolo che offre, a prezzi competitivi, tantissimi servizi per i bambini e per i loro genitori (spiaggia privata con ombrelloni e lettini, animazione, miniclub). Incluse le biciclette a disposizione dei clienti, che oltre a pedalare in autonomia per la città, attraverso ben 150 km di piste ciclabili possono esplorare il paradiso naturale della Laguna Veneta in totale libertà e in modo assolutamente green.
Foto ©Hotel Orizzonte Jesolo