Quando avevo 10 anni, mio cugino più grande andò in viaggio a Praga con la scuola e mi portò in regalo un coniglio azzurro di peluche con l’aspetto un po’ creepy e un’etichetta “made in Cecoslovacchia” che di lì a pochi mesi sarebbe diventata preistoria geopolitica. L’ho amato molto, quel pupazzone post-sovietico della mia tarda infanzia, al punto da non riuscire a separarmene, una volta conclamata definitivamente la mia adultezza. Con lui, ad aspettare pazienti per 25 anni, sono rimasti le bambole Luigi, Ciuffolotto e Sbrodolina, le mie 4 Barbie vintage, il pagliaccio Cipolla e il cane a batterie Fox, regalo del mio amato zio che da 20 anni manca ogni giorno, come il giorno in cui ci ha lasciati.
Da alcuni mesi, il pupazzo praghese è diventato il compagno della nanna di Flavia. Lo ha chiamato Giulio Coniglio, come l’adorabile personaggio di Nicoletta Costa, e lo tiene stretto a sé per mandare via la paura del buio e dei brutti sogni. Le mie adorate bambole sono state ripulite e coperte con nuovi vestiti, per Luigi abbiamo costruito un ciucciotto nuovo utilizzando il retro di una di quelle caramelle a forma di succhietto che si comprano dalle bancarelle.
Adoro poter passare di nuovo del tempo in compagnia dei miei vecchi giocattoli. Cullare le mie bambole, spalancare la mano destra lasciando che gli shangai colorati si sparpaglino sul tavolo, affondare le mani tra le mie biglie di vetro, mescolare il vecchio mazzo di carte napoletane per iniziare l’ennesima partita a scopa con Davide, spazzolare la chioma iridata del mio unicorno Minipony. Tutto mi riporta all’istante indietro nel tempo, come se i decenni non fossero mai passati e se io fossi ancora la bambina chiacchierona, decisa e spensierata che sono stata fino all’adolescenza. Non vedo l’ora di tirare fuori il Monopoli e le scatole di Hotel e Crack.
Ed è ancora più bello quando mi capita di ritrovarmi tra le mani un giocattolo che avrei desiderato da piccola e ora ho finalmente comprato ai miei figli. Mi sembra di realizzare un desiderio che non sapevo di provare ancora, di fare una coccola alla bimba che sono stata e a quella che, in fin dei conti, resterò per tutta la vita.
Sarò forse un’immatura. Ma avere avuto dei bambini mi ha regalato, inaspettatamente, una specie di tempo supplementare. Una seconda possibilità, una coda insperata di infanzia e di (relativa) spensieratezza che, soprattutto in questi ultimi anni che si stanno rivelando per me tutt’altro che spensierati, spesso è una boccata d’aria. Una vera salvezza.
Non è mai troppo tardi, in fondo, per avere un’infanzia (ancora più) felice (Semicit.).
4 Commenti
Commento per la prima volta per farti i complimenti per le tue riflessioni, sempre profonde, ragionate ed espresse in modo brillante e garbato. Dai voce a sensazioni e pensieri che sono sotto la superficie e non sempre troviamo il tempo o il modo di far uscire.
Il tuo è un complimento prezioso, che dà senso a quello che (spesso faticosamente) cerco di fare in questo blog. Grazie di cuore, e benvenuta. 🙂
Grazie a te!! Peraltro è la prima volta che riesco a vedere il mio commento, ho provato varie volte ma pensavo non venissero pubblicati! Potrei aver lasciato commenti di questo tenore più volte, scusa!!!
Non ti preoccupare, i commenti necessitano di approvazione, ma non riesco a controllare tutti i giorni. Anzi, grazie infinite per il tuo contributo e soprattutto per le tue parole così generose (ho le lacrime agli occhi!).