Non la dimenticherò mai, la faccia di mio figlio nei suoi primi giorni di nido. La scrutavo colpevole quando tornavo a riprenderlo, seduta in mezzo a tante altre piccole facce sgomente, prima che lui mi riconoscesse sulla soglia. Era l’incarnazione perfetta dell’incredulità. Circondato da sconosciuti, sembrava chiedersi con disperazione perché mai sua madre lo avesse abbandonato in quel posto estraneo. Cosa fosse accaduto per condurlo in quell’incubo di solitudine e paura. Dietro a un ciuccio che si era fatto baluardo e casa, la faccia di mio figlio era nient’altro che una maschera di angoscia sorda, a cui, con i suoi piccoli 18 mesi, lui non sapeva dare voce né peso. Un’angoscia che tracimava dalla bocca e dagli occhi quando, finalmente, mi scorgeva nella cornice della porta, correndo verso di me con un misto di riconoscenza e di astio, di infinito sollievo e offesa insanabile.
Siamo andati avanti così per settimane, un’altalena estenuante di separazioni e ricongiungimenti. Una lacerazione quotidiana che causava insonnia, crisi di rabbia, panico e inediti digiuni. È stato il tempo dei dubbi, dei rimorsi. Dei confronti serrati alla ricerca di risposte – rassicuranti o infauste, poco importava. Il tempo della fatica e della pazienza. Ma anche del coraggio e della fiducia, della voglia di stare al suo fianco mentre affrontava un cambiamento di portata colossale.
Dio solo sa quante volte, mentre me lo strappavano a forza dalle braccia, sono stata sul punto di riprendermelo e correre via. Quante volte ho indugiato con la porta chiusa alle spalle, incerta sul da farsi. Quante lacrime ho ricacciato indietro per mostrargli, mentre lo affidavo a delle sconosciute, il più credibile dei sorrisi. Non saprei dire cosa mi abbia spinto ad aspettare, cosa mi abbia permesso di resistere e pazientare. Forse la calma apparente di suo padre, relativamente al sicuro dai tormenti dell’inserimento. Forse l’imminente arrivo di sua sorella, annuncio di impegno e di altre fatiche. Forse un indefinibile sesto senso, chi lo sa.
Ma il tempo mi ha restituito un figlio sorridente. Padrone di un territorio in cui io e suo padre siamo solo degli ospiti momentanei, proprietario entusiasta di una vita sociale che prescinde dalla sua casa e dalla sua famiglia. Protagonista di relazioni, riti e gesti che appartengono a lui e non a noi. Scorgere nei suoi giochi di ogni giorno frammenti sempre più riconoscibili delle attività quotidiane del nido è stata un’emozione crecente. Riuscire a riconoscere la melodia della sua canzone preferita, una sorpresa per tutti. Vederlo salutare le educatrici, riconoscere gli amici per strada, varcare sereno quella soglia ormai familiare, una liberazione e un orgoglio. Osservarlo mentre mi corre incontro ogni giorno col sorriso negli occhi, una gioia inestimabile.
Qualche settimana fa, suo padre mi ha chiamato per dirmi che nostro figlio era entrato al nido senza neanche voltarsi per salutarlo. Mentre parlava, percepivo nella sua voce un misto di fierezza e di malinconia che solo io potevo comprendere, e condividere. Una piccola gelosia felice, consapevolezza dolce e amara del tempo che è stato e di quello che è. La stessa che sento io ogni mattina, quando mio figlio, sventolandomi davanti il dorso della mano invece del palmo, mi dice “Ciao mamma” e si avvia con suo padre oltre la soglia di casa. Il nostro minuscolo bambino, così tormentato e così sensibile, ce l’ha fatta. E noi, forse, insieme a lui.
19 Commenti
che bello! io sono alle soglie del nostro inserimento e non vedo l’ora. So che starà benissimo, ma la malinconia di vederlo crescere ci sarà!
Sarà una bella avventura da vivere insieme. In bocca al lupo!
Io non ringrazierò mai abbastanza mia madre per aver insistito con l’asilo, per il primo anno non ho giocato, ho cercato di ammalarmi in tutti i modi, odiavo tutti, avevo paura di tutti eppure il secondo anno ho iniziato a muovermi tra i bambini e la scuola elementare è iniziata come un naturale proseguimento dell’asilo. Quanti bimbi disperati a scuola, quanti pianti, io no avevo imparato a stare con gli altri, a non nascondermi dietro le gambe di mia madre, a scendere dalle panchine dell’asilo. Davvero non so come ha fatto mia madre a lasciarmi ogni giorno disperata e piangente ma so una cosa: ha fatto bene, benissimo.
Pensa che io, con mamma casalinga e nonna materna che viveva con noi, ho preteso di andare all’asilo intorno ai due anni. Sempre strana, la sottoscritta! Ne conservo tanti ricordi. A cinque anni ero a scuola e a 23 avevo una laurea in tasca (inutile, per carità, ma questa è un’altra storia 😅)
Anche io a casa avevo mamma casalinga e nonna però mia madre ha sempre considerato l’asilo come un momento necessario per l’indipendenza di un bambino, lei in realtà combatte da decenni per figli e nipoti una lotta per la loro indipendenza! è sempre stata la prima a dire che bisogna studiare nella grande città e non in provincia, che bisogna imparare subito a usare i mezzi pubblici, che i pericoli è meglio conoscerli da piccoli che scoprirli da grandi e che un po’ di rischi vanno corsi visto che non è possibile vivere sotto la campana di vetro. Lei è sempre quella che intercede per mia nipote per farla uscire, andare lontano, tornare più tardi. 🙂
Quindi devo dire grazie a lei se sono diventata indipendente molto presto e sono andata a vivere da sola altrettanto presto e soprattutto se so tenere a bada la mia timidezza!
come mi ritrovo nelle tue parole…
hai espresso alla perfezione quello che provo in questi giorni che la nostra avventura del nido sta finendo e a settembre inizieremo un nuovo inserimento sicuramente con uno spirito del tutto diverso…
Che bello! In bocca al lupo per la scuola “dei grandi”!
E’ più dura per noi, credimi 🙂
Probabile. Ma per un mese e mezzo ti assicuro che ha fatto tanta fatica pure lui! Era completamente irriconoscibile… Speriamo di non dover replicare a settembre 😉
Che bella soddisfazione! Che riposo momentaneo dell’anima che riconosce col senno di poi che stavi facendo tutto giusto. Il mio bambino, al contrario, ha pianto fino all’ultimo giorno in cui è entrato nel nido che avevi scelto per lui (e per la sorella). Un nido di stampo montessoriano in cui i bambini sedevano in terra (tranne che durante i pasti) e in cui il ciuccio non era visto esattamente visto di buon occhio.
L’ho perfino tenuto un anno in più in quel nido su consiglio della direttrice (una psicoterapeuta dell’età infantile). E poi quest’anno alla materna pubblica un bambino che la maestra mi descrive in maniera completamente diversa dalle educatrici del nido.
Ho un grande rimorso perché penso che malgrado la mia scelta sia stata determinata dalle migliori intenzioni, quel posto non era quello giusto per lui.
Mi dispiace tanto, posso solo immaginare la difficoltà. Ma sono certa che anche quella esperienza gli ha lasciato qualcosa di positivo! Forse quel bambino che ora frequenta la scuola materna è anche frutto del nido “faticoso”. Non sentirti in colpa! Ps. Anche Davide da mesi va al nido senza ciuccio, ma ci è stato di grande aiuto nelle settimane buie dell’inserimento.
Proprio così, ce l’ha fatta e voi pure!
Crescere e lasciarli crescere a volte è molto doloroso ma necessario, come ogni mamma sa.
Cresciamo con loro, piano piano!
Ho inserito al nido mio figlio a soli 13 mesi, ancora gattonava. Sembrava un passerotto fuori dal nido. Non è stato facile per niente, scoprire che si sarebbe ammalato continuamente ha reso tutto più difficile. Ogni volta che rientrava dovevamo fare un altro reinserimento. Quando lo lasciavo restavo nel cortile dell’asilo a guardare e ogni volta mi straziavo perché non si muoveva da dove lo avevo lasciato, non piangeva, guardava attento intorno a sé…dopo 5/6 mesi sembrava già meglio inserito, camminava così non veniva più calpestato, usava i giochi, soprattutto amava stare all’aria aperta. Capito il modus operandi però la mattina non voleva più andare, pianti prima e capricci al rientro a casa. Rimasta incinta della seconda e andata in maternità anticipata, ho deciso di tenerlo a casa con me, è stata dura col pancione ma ho avuto la fortuna di tenerlo ancora un po’ solo per me…a settembre andrà alla scuola materna, e a me già viene il mal di pancia al pensiero…
Coraggio! Non è detto che debba andare ancora male, a quest’età un anno o due di differenza sono tantissimi. Mi hai commosso, capisco perfettamente quello che hai provato. In bocca al lupo, e se ne hai voglia fammi sapere come va!
Ho scoperto da pochissimo il tuo blog e devo dirti “Complimenti!!!”.
Questo articolo sul nido è, che dire, proprio veritiero. Ho mandato entrambi i miei bimbi al nido (il piccolo ha appena finito il primo anno) e non sono mai stata più felice di una mia decisione. I primi giorni sono terribili (sia per noi mamme che per i bimbi). Noi siamo sommerse dai sensi di colpa e loro si trovano catapultati in una realtà sconosciuta. Ma è bastato aspettare la fine dell’inserimento per vedere entrambi i miei bimbi “maturare”, imparare a relazionarsi con gli altri bambini e, soprattutto, a fare le cose da soli (con una soddisfazione immensa!!!!). Sono stata fortunata, le educatrici sono spettacolari e i bimbi le adorano. Consiglierei a tutti di far frequentare l’asilo nido ai bambini (potendo, anche solo la mattina), lo trovo fondamentale per la loro crescita. Spero che tutti abbiano esperienze positive come la mia!
Ciao Federica, benvenuta e complimenti! 🙂 Concordo su tutto, viva il nido e un bacio ai tuoi piccolini!
In tempi non sospetti avevo letto questo articolo… e ora bisognosa di rassicurazioni sono venuta a ricercarlo… La mia cucciola ha 13 mesi e da due settimane piange al nido, gli altri ci dormono e lei ci sta un paio di ore… Io son alterno momenti di speranza ad altri in cui mi sento una madre degenere. Le tue parole e quelle di chi ha commentato mi rassicurano un pò, e non vedo l’ora di “restarci male” perchè andrà via senza salutarmi e vederla col sorriso anche in quel luogo, come è normalmente con noi. Grazie
Ascolta solo il tuo istinto. Fidati di tua figlia e dalle (datti!) tempo, senza pensare a cosa fanno gli altri. In bocca al lupo e fammi sapere, se ti va.