Pub a tema Harry Potter, locali ispirati a Hogwarts, cene spettacolo e altri eventi che rimandano ai romanzi di JK Rowling: nonostante la saga del brillante mago britannico abbia ormai un quarto di secolo, la passione di grandi e piccoli per Harry e per il mondo magico non accenna a diminuire. Negli ultimi anni, anzi, si sono moltiplicati gli eventi e le iniziative dedicate ai libri, ai film e ai personaggi del celeberrimo franchise. E, ovviamente, i locali a tema. Con grande fortuna dei miei figli e della sottoscritta – potterhed inguaribile e navigata – dei pub a tema Harry Potter aperti in Italia ben tre si trovano in Campania, la mia regione. In questo post vi racconterò qualcosa di ciascuno di essi, con l’aggiunta di un quarto locale a mio parere davvero speciale!
viaggiare con i bambini
Visitare il Vesuvio con bambini è uno dei tradizionali obiettivi di un viaggio a Napoli con famiglia al seguito. L’iconico vulcano, così archetipico nel suo aspetto e così minaccioso nei suoi trascorsi, esercita un fascino irresistibile sui visitatori piccoli e grandi che approdano nel capoluogo campano ed è meta ideale di escursioni e tour organizzati o fai da te. Visitare il Vesuvio con i bambini, inoltre, è un’esperienza molto istruttiva sia (ovviamente!) in tema di geologia che di storia. Anche il panorama che si può apprezzare dai circa 1200 del cratere vale l’ascesa di per sé: dalla cima, infatti, in una giornata tersa avrete un colpo d’occhio su tutta la città di Napoli, sul Golfo con le sue isole, sulla Penisola Sorrentina e sulla Costiera Amalfitana, nonché sul Golfo di Pozzuoli. La visita può essere abbinata facilmente, anche nello stesso giorno, a quella degli scavi di Pompei o Ercolano, oppure a una degustazione di vini e altri prodotti tipici del fertile territorio vesuviano.
Visitare il cratere del Vesuvio con i bambini è un’esperienza senz’altro possibile e molto soddisfacente, a patto di organizzarsi al meglio e disporre delle giuste informazioni. Che troverete continuando la lettura di questo post.
Perché organizzare una vacanza in Friuli con i bambini? Spoiler: perché il Friuli Venezia Giulia è una regione estremamente varia, che offre una miriade di opportunità diverse in una manciata di chilometri.
Perché andare in Friuli con i bambini
In Friuli Venezia Giulia puoi fare snorkeling immerso nella fauna ittica mediterranea il lunedì e, per esempio, costruire un pupazzo di neve su un ghiacciaio (in piena estate) il martedì. In Friuli Venezia Giulia ci sono castelli, palazzi, musei, chiese e monumenti di rara bellezza. Ci sono borghi – sul mare, tra i monti o nel mezzo della pianura – che sono piccoli gioielli (sopravvissuti mirabilmente a terremoti, guerre e altre sciagure). Ci sono testimonianze preziose e ricchissime del passato, incluso quello dell’antica Roma, della Serenissima e, ovviamente, dell’impero Austroungarico.
In Friuli Venezia Giulia ho trascorso due settimane di vacanza con la mia famiglia, vivendo un sacco di esperienze memorabili assieme ai miei figli. Ed è proprio da qui che parto per raccontarvi quelle che secondo me sono le migliori attività da organizzare in Friuli con i bambini!
Agosto incombe, e con lui le ferie di tanti di noi, che sono, quest’anno più che mai, in cerca di un po’ di relax e di una pausa di serenità dopo un anno così faticoso. Andare alle terme di Chianciano con i bambini è davvero un’ottima idea per trascorrere una giornata (o più!) all’insegna del benessere, del divertimento e del riposo, ma anche per stare a contatto con la natura e godersi i piaceri della cucina toscana. Provare per credere!
La Sicilia con i bambini, per quanto mi riguarda, è (quasi) sempre una buona idea! Fatta eccezione per l’altissima stagione turistica, la Trinacria rappresenta il mio ideale di vacanza: città d’arte, natura e paesaggi, mare cristallino e un cibo spaziale. E così, complici alcuni giorni di ferie extra e ancora titubanti sui viaggi oltre confine, abbiamo deciso di tornare in Sicilia con i figli (di 8 e 6 anni e mezzo) per una settimana di vacanza all’insegna del mare, del cibo e delle “avventure”, per chiamarle come Davide e Flavia sono abituati a fare! Per il nostro itinerario, questa volta abbiamo deciso di visitare finalmente Palermo (per me era la prima volta in quarant’anni, incredibile ma vero!) e i suoi dintorni, per poi spostarci in direzione Trapani. Qualche anno fa avevamo già fatto una vacanza in Sicilia Occidentale con bambini piccoli (Erice, San Vito Lo Capo, Mazara del Vallo etc), per cui stavolta ci siamo concentrati in particolare sulle Egadi e su Marsala, che nel viaggio precedente avevamo dovuto tralasciare. Al di là delle spiagge, dei centri storici e del monumenti più famosi (in primis le chiese bizantine di Palermo e Monreale!), mi fa piacere raccontarvi 5 esperienze da non perdere che abbiamo vissuto nella nostra recente vacanza estiva in Sicilia con i bambini.
Credo con fermezza che il mio ruolo di genitore includa anche il compito non semplice di distogliere i miei figli da certi pregiudizi e falsi miti radicati, anche quando, come nel recente weekend in Abruzzo con i bambini, li portiamo in vacanza. E questo, a maggior ragione oggi, Giornata Internazionale degli Squali, vale anche per tutti quegli animali che spesso sono fraintesi, misconosciuti, ingiustamente evitati o temuti, per non dire di peggio. Dai pipistrelli ai bruchi, dagli squali alle api ai ragni, a casa nostra cerchiamo come possiamo di aprire le menti e i cuori dei nostri bambini alla meravigliosa varietà del mondo animale (uno sforzo che in effetti mi viene abbastanza facile, vista la mia attitudine spontanea nei confronti di bestie e bestioline di ogni tipo).
Nelle ultime settimane, complici le tanto sospirate – e chissà quanto stabili, sigh – riaperture, abbiamo approfittato di un sensazionale weekend in Abruzzo con i bambini per fare amicizia con una serie di creature meravigliose eppure ancora oggetto di sospetti infondati, paure e reticenze immotivate.
Il parco di Pinocchio a Collodi è stata una delle attività della nostra vacanza in Garfagnana dello scorso anno (che vi avevo già raccontato in questo lungo post). Una di quelle che ricordiamo con maggior soddisfazione, in effetti, nonostante avessi letto in rete recensioni e testimonianze non sempre incoraggianti (e frutto, a mio parere, di una certa disinformazione a monte e di aspettative sbagliate sull’esperienza nel suo complesso).
Il parco di Pinocchio è un luogo in cui trascorrere una giornata in famiglia all’aria aperta, a contatto con la natura e immersi in un’atmosfera onirica e fiabesca, d’altri tempi. Ne vale la pena? Per noi la risposta è stata senza dubbio affermativa, anche se Pinocchio non è mai rientrato – non me ne vogliate – tra le mie storie del cuore.
Visti anche i costi del biglietto, è però importante, secondo me, capire bene cosa aspettarsi, in modo da decidere in piena consapevolezza se è un’esperienza che possa fare al caso proprio, e meritare l’investimento.
Comincio dunque col dirvi chiaramente cosa non troverete al parco di Pinocchio, e cosa, nel dettaglio, è invece possibile vedere e fare al suo interno.
Mi manca viaggiare. E non me ne vergogno, anche se qualcuno penserà che proprio dovrei.
Mi mancano Firenze e Venezia. Mi manca Capri. Mi manca Milano. Mi manca la possibilità teorica di prendere un treno e di andarci, anche se magari, “prima”, lasciavo ogni volta passare anni prima di farlo davvero. Mi mancano, disperatamente, Roma e le sue piazze. Le chiese barocche, i ponti sul Tevere, i sampietrini divelti, i nasoni sgocciolanti. Mi manca Roma anche se non ci andavo da un secolo, anche se quando ci ho ho vissuto mi ha regalato la solitudine più bruciante, e non sono mai riuscita a farla diventare casa mia.
Mi manca il grande nord, ché da quando l’ho conosciuto esercita su di me un magnetismo a cui non posso sottrarmi. Come se fosse la mia casa ancestrale, tanto quanto il profondo sud al quale appartengo da generazioni.
Mi manca il Mediterraneo, che sempre sarà la mia famiglia. Mi mancano l’energia delle metropoli e la lentezza dei villaggi di pescatori. Il fascino dei ruderi millenari e lo squallore dei casermoni sovietici. La poesia dell’architettura classica e le vibrazioni di quella contemporanea. La familiarità dei campanili e l’esotismo dei minareti. I cimiteri ebraici e i templi indù. Le luci fredde degli aeroporti e il calore di un tramonto incorniciato dalle palme.
Mi manca viaggiare, e anche sognare di farlo. Studiare la prossima destinazione, immaginare me stessa in un luogo nuovo e sconosciuto. Pregustare le farfalle nello stomaco, l’emozione che mi serra la gola e spinge dentro i miei occhi un fiotto di lacrime buone. L’eccitazione fisica della conoscenza, della scoperta e dell’incontro.
Mi manca viaggiare perché è la cosa che da sempre mi rende più felice. Perché mi rende una persona migliore. Perché è amore, è vita, è libertà. Perché è senso.
Mi manca viaggiare, e non mi sento in colpa. Anche se qualcuno, sedotto dalla tentazione irresistibile del benaltrismo, penserà che sarebbe conveniente e appropriato. “Perché sono in salute e al sicuro, perché ho una casa, un lavoro e l’abbonamento a Netflix. Perché i miei avi hanno fatto la guerra e hanno patito la fame e sofferto la Spagnola. Perché dopo il terremoto dell’Irpinia e del Friuli e del Belice e dell’Armenia le famiglie hanno dormito in auto per mesi senza lamentarsi. Perché in Africa si muore di fame e di sete e perché piccole anime innocenti affogano ogni giorno tra le onde del Mediterraneo dove io ho il privilegio di fare snorkeling d’estate”.
Mi manca viaggiare, anche se questo non vuol dire che io non sia consapevole di quanto sono fortunata. Di quanto la mia vita è comoda, facile, privilegiata e sicura anche in questo momento che per molti vuol dire lutto e miseria e incertezza. Anche se questo non vuol dire che io non sia grata ogni momento per ciò che ho, senza averlo meritato più di tanti che invece non ce l’hanno. Che io non sia costernata e sgomenta per il dolore che mi circonda, e che ogni giorno mi si avvicina più minaccioso. Mi manca viaggiare perché all’amore non si comanda, e non c’è colpa nell’amore, quando non nuoce agli altri o a se stessi. Mi manca viaggiare, e tacerlo sarebbe solo ipocrisia.
Se un anno fa mi avessero detto che per l’estate successiva avrei organizzato un viaggio in Garfagnana con i bambini, mi sarei messa probabilmente a sghignazzare. Amo l’Italia e mi piace girarla il più possibile. Ma le vacanze estive, quelle relativamente “lunghe” e che assorbono il grosso del nostro budget annuo destinato ai viaggi, mi piace farle all’estero. Sentirmi “altrove”, fare esperienza della diversità, allargare i miei orizzonti mentali e quelli dei miei figli: questo, per me, è ossigeno puro. Questo, per me, è vacanza. Ma il 2020 sembra esserci stato donato per mettere in discussione le nostre certezze e sradicare le nostre abitudini, e così, come tanti, ci siamo decisi a pianificare le nostre ferie d’agosto in Italia. Cercavamo una zona che non avessimo ancora visitato, che non fosse troppo lontana da casa nostra e che ci offrisse tanta natura ma anche luoghi d’arte e attività interessanti per i bambini. Alla fine, abbiamo optato per l’alta Toscana (con una tappa di avvicinamento in Umbria e un breve excursus in Liguria).
In questo post vi racconto la prima parte delle nostre vacanze agostane in Toscana, e precisamente la tappa in Garfagnana con bambini che avevano, al momento del viaggio, 7,5 e quasi sei anni. Bambini che, ovviamente, si chiamano Davide e Flavia.
Viaggiare con i bambini al tempo del Coronavirus: una sfida nuova per tutti noi, che ha aggiunto un ulteriore peso alla nostra responsabilità di genitori viaggiatori. Se già normalmente dobbiamo fare i conti con l’esigenza di tutelare il benessere dei nostri figli anche durante i viaggi – assicurarci che di mantengano in salute, che mangino in modo almeno decente, che dormano abbastanza, che non si scottino in spiaggia, che nuotino/facciano escursioni/si arrampichino in sicurezza, che non si smarriscano nella folla, che restino in sicurezza durante gli spostamenti e chi più ne ha più ne metta – per quest’anno (o forse dovrei dire “da quest’anno”, sigh?) ci tocca anche tenere a mente il rischio del contagio da Covid-19. Per i nostri figli stessi, per noi, ma anche e soprattutto per i parenti più anziani o fragili che ci aspettano a casa.
Viaggiare con bambini al tempo del Coronavirus
Come comportarsi, dunque, quando ci si ritrova a viaggiare con i bambini al tempo del Coronavirus? Per me bisogna aver chiaro che, per quanti accorgimenti si possano prendere, a cominciare dalla scelta della destinazione e del mezzo di trasporto, rimane comunque un rischio non ponderabile, di cui bisogna sempre essere consapevoli. Personalmente, mi sono ritrovata spesso ad augurarmi che le precauzioni da noi seguite fossero effettivamente sufficienti. E, in tutta franchezza, dal giorno del nostro rientro stiamo evitando temporaneamente contatti ravvicinati o al chiuso con nonni e altre persone più anziane o vulnerabili. Giusto per essere un po’ più prudenti.
Bimbi in viaggio: le nostre scelte
Dovendo viaggiare con bambini al tempo del Coronavirus, ho fatto prima di tutto una scelta di fondo: avremmo viaggiato con la nostra auto e alloggiato solo in appartamenti, in modo da ridurre il ricorso al ristorante. Ma questa, a ben vedere, non è una grande novità per noi, che di solito preferiamo la casa all’hotel sia per risparmiare doppiamente (e dirottare il budget disponibile su esperienze, uscite e visite varie), sia per avere più spazio a disposizione. Quest’anno, in particolare, ho puntato su strutture piccole, che avessero di preferenza una gestione simil-alberghiera (residence e simili), perché mi pareva che potesse offrire una maggiore “garanzia”, anche se in effetti non ho elementi concreti per pensarlo davvero. Solo uno dei quattro alloggi che ho prenotato, alla fine, aveva una gestione tipicamente “privata”, diciamo in stile AirBnb.
Accorgimenti anti-Covid in viaggio
La necessità di sentirmi più serena dal punto di vista dell’igiene, ma anche l’esigenza vitale di riposare il più possibile dopo un anno eccezionalmente stancante mi hanno poi indotta a concedermi alcuni compromessi sul fronte della sostenibilità e della greenitudine. Ho infatti portato con me delle salviette igienizzanti che ho utilizzato al nostro arrivo in ciascuno degli alloggi per pulire quelli che mi sembravano i punti più “critici”: maniglie, rubinetti, telecomandi, interruttori etc, ma anche sanitari e piano cottura. Inizialmente avevo valutato di portare da casa anche la biancheria da letto e gli asciugamani, ma alla fine ho desistito da questo proposito (trovando comunque, in tutti i casi, lenzuola ed asciugamani freschi di bucato e profumati, anche se ovviamente non ho garanzie sulle tecniche di lavaggio e sui detergenti impiegati).
Compromessi poco green
Il secondo compromesso ha riguardato le stoviglie: avendo un po’ di piatti e bicchieri compostabili avanzati dall’ultimo compleanno di Flavia, li ho portati con me per garantirmi un duplice vantaggio. Da un lato, abbiamo sempre mangiato e bevuto in stoviglie “garantite”, dall’altro ci siamo risparmiati il lavaggio di decine di piatti e bicchieri. E, considerando che a casa non abbiamo la lavastoviglie e che i miei figli non pranzano a scuola neanche in epoche non pandemiche, per me e mio marito è stato francamente un bel sollievo.
Viaggiatori mascherati
Ovviamente, trovandoci a viaggiare con bambini al tempo del Coronavirus, abbiamo osservato scrupolosamente le norme in fatto di mascherina (sempre indossata al chiuso e spesso anche all’aperto, quando non era possibile distanziarsi adeguatamente dagli altri). Flavia, per questioni anagrafiche, sarebbe stata esentata, ma io ho preteso che la utilizzasse tutte le volte in cui la situazione mi sembrava troppo “affollata”. La nostra dotazione includeva mascherine lavabili multistrato (che ho ovviamente provveduto a lavare diverse volte nel corso della vacanza) e una confezione di mascherine chirurgiche. Se avessi preso aerei o treni, avrei certamente utilizzato mascherine più performanti, tipo ffp2.
Il nostro migliore amico
Avevamo ovviamente sempre a disposizione del gel igienizzante, di cui ho imposto l’uso ai bambini in maniera quasi compulsiva: prima e dopo l’uso di qualsiasi giostra, prima e dopo il contatto con porte o portoni (per quanto cercassimo di evitare che fossero Davide e Flavia a metterci le mani), prima di ogni portata al ristorante, dopo ogni attività. Quando ci è capitato di dover usare bagni pubblici, ho provveduto a fare una “disinfezione” sommaria prima dell’uso, e ho sempre fatto in modo che i bambini non venissero a contatto con maniglie, interruttori e simili. Nelle località toccate dal nostro viaggio (diverse zone della Toscana, con piccole puntate in Umbria e in Liguria) abbiamo sempre trovato dappertutto soluzioni disinfettanti a disposizione degli utenti: nel supermercati e negozi, nei ristoranti e nei bar, nei musei, nei castelli, negli stabilimenti termali e nelle strutture ricettive. Anche durante le attività in natura – arrampicata, grotte, miniere etc – abbiamo sempre trovato gel igienizzanti e siamo sempre stati incoraggiati a utilizzarli. Viaggiare con bambini al tempo del Coronavirus significa anche, in qualche caso, andare a cena fuori nonostante il virus. Noi, come del resto capita in tutti i nostri viaggi, non lo abbiamo di certo fatto in modo sistematico (anche e soprattutto per una questione economica!), ma quando è capitato abbiamo sempre mangiato all’aperto, e abbiamo indossato la mascherina al momento di fare le nostre ordinazioni.
Distanziamento e compromessi
Il distanziamento, in un viaggio con bambini al tempo del Coronavirus, è probabilmente la questione più delicata, perché non dipende solo dalla propria volontà! Gli accorgimenti che ho adottato io vanno dall’esclusione a priori delle zone di potenziale calca o “movida” (tipo la Versilia, visto che abbiamo viaggiato in Toscana) e nella scelta di attività per lo più all’aperto e con prenotazione obbligatoria. In spiaggia – la situazione probabilmente più “calda” che abbiamo vissuto – abbiamo sfruttato quasi sempre lo spazio vicino al corridoio di sicurezza del salvataggio, in modo da avere come minimo un lato completamente libero. Ci sono state comunque situazioni in cui non era possibile evitare determinati contatti “ravvicinati”, per esempio durante l’esperienza di canyoning o la lezione di tiro con l’arco, quando gli istruttori hanno necessariamente dovuto prendere per mano i bambini o guidarne i gesti: in casi come questo ci siamo affidati alle mascherine e alla reiterata disinfezione delle mani.
In conclusione, abbiamo davvero cercato di prestare la nostra massima attenzione, nella nostra prima esperienza di viaggio con bambini al tempo del Coronavirus, ma questo, purtroppo, non esclude un residuo rischio di contagio (e la relativa preoccupazione). D’altra parte, credo che lo stesso discorso valga per tutte le attività “sociali” che abbiamo ripreso dopo il lockdown, dal campo estivo alle mostre museali, dalle escursioni in natura agli incontri con amici. Se vogliamo continuare a vivere, invece che arrenderci a una mera sopravvivenza, non possiamo probabilmente fare altro che prendere atto di una quota ineludibile di rischio, e rassegnarci ad accettarla.
Voi cosa ne pensate? Avete viaggiato con i vostri figli dopo lo scoppio della pandemia? Che tipo di accorgimenti avete adottato?