Fine ottobre, interno giorno illuminato dalla luce elettrica. Fuori piove uno stillicidio intermittente in almeno 50 sfumature di grigio, è così da giorni e non mi piace molto. Io ci sono nata, in un giorno piovoso, nonostante fosse maggio, ma la pioggia mi è sembrata sempre un mezzo inconveniente. Una specie di anomalia, fastidiosa e per dirla tutta un po’ deprimente. Congestiona il traffico, sporca le strade. Rende tutto viscido e poi terroso, mi schizza gli occhiali in modo insopportabile. Annacqua la luce e i pensieri.
Anche quando è nato mio figlio pioveva forte. Ricordo gli scrosci nel buio, mentre la macchina filava verso l’ospedale e io contavo le doglie sull’orologio del cruscotto con le cifre illuminate dai led. Ma forse non è per questo che lui considera la pioggia una specie di sorpresa del cielo. Uno strappo alla routine, un imprevisto meteorologico per cui meravigliarsi e sorridere.
Devono essere i suoi tre anni, che gli permettono di sgranare gli occhi con stupore dietro a un vetro rigato dalle gocce. Di saltellare ridendo in una pozza di fanghiglia, per sporcarsi bene le suole e lasciare impronte imprecise dietro i suoi passi veloci. Di alzare lo sguardo verso le nuvole, solo per controllare quanto sono grandi e vicine. Di tendere la mano verso il fragore del tuono, bisbigliando estasiato: “Mamma, hai sentito?”.
Aprire l’ombrello, il suo piccolo ombrello trasparente, è una festa. Tanto che a volte ci è toccato tenerlo così, tutto spiegato e magari gocciolante, anche oltre la soglia di casa, o addirittura dentro la macchina.
Forse Davide non ha visto abbastanza temporali per esserne già stufo. Forse il traffico e i marciapiedi sdrucciolevoli diventeranno un suo problema solo quando avrà un orologio al polso e nella testa, ad ammanettargli la vita e la fantasia. Forse siamo noi adulti, in una specie di catena generazionale ineluttabile, a convincere i bambini che la pioggia sia nient’altro che un’antipatica sventura stagionale. O forse è solo che lui non porta gli occhiali, e quindi gli schizzi impertinenti sul viso non gli danno fastidio.
Io non ne ho idea. Ma so che quando sono insieme a lui e fuori piove forte, quel cielo grigio mi sembra in un certo senso più leggero. E il bagliore dei fulmini, all’improvviso, somiglia vagamente alla danza delle lucciole. Fuori piove, ma dentro sono al caldo.