[A poco più di due settimane dal mio secondo cesareo, un post che racconta un’esperienza della nascita agli antipodi da quella che ho vissuto io]
Karen è una giovane mamma canadese che, appena pochi mesi fa, ha messo al mondo la sua bellissima secondogenita Gemma. La bimba è nata nella sua casa, con accanto suo padre Fabio e il fratellino Angelo, che all’epoca aveva due anni e mezzo. Karen, ringrazio tantissimo, ha accettato di rispondere ad alcune mie domande che puntano a capire meglio il senso della sua scelta, oltre che a chiarire gli aspetti più strettamente “tecnici” di un parto in casa.
Il risultato mi sembra davvero interessante, ma lascio giudicare a voi.
Come mai hai deciso di partorire tua figlia in casa?
Per me, il fattore più importante è stato il fatto che ci tengo moltissimo al parto naturale, e credo che partorire sia una cosa normale, sana, e sacra. Il mio corpo ed il mio bebè sanno cosa fare, e questo processo istintivo, intimo, delicato, funziona meglio quando ci sentiamo in sicurezza. A parte dei casi particolari dove la gravidanza è ad alto rischio, un parto non è una procedura medica. Non ci vogliono dottori né ospedali. Per dare a me ed alla mia famiglia una probabilità più alta di avere un parto naturale, senza interventi (una gran parte di quelli che si fanno adesso in ospedale sono inutili ed anche dannosi), ho deciso di non andare all’ospedale. Volevo mettere al mondo il mio bebè nel calore del nido, circondato da famiglia ed amore.
Il tuo primo figlio è nato in ospedale?
Si, il mio primo figlio è nato in ospedale. Non è andata troppo male, ma non è stata nemmeno un’esperienza bellissima. Ci sono state tante cose che avrei voluto cambiare nel modo in cui mio figlio è venuto al mondo. Questo, insieme al fatto che le nascite sono diventate troppo “medicalizzate”, mi ha portato dalle ostetriche per la seconda gravidanza. Ero convinta che ci fosse un modo migliore, più naturale e più dolce di partorire. Il piano iniziale era di partorire al centro nascita, ma verso il settimo mese di gravidanza io e Fabio, mio marito, abbiamo iniziato a pensare di farlo a casa. Uno dei motivi principali era nostro figlio (che aveva 2 anni e mezzo). Volevamo che lui fosse presente al parto. Abbiamo pensato che a casa sarebbe stato tutto più facile, che lui sarebbe stato a suo agio, che si sarebbe sentito più sicuro, che se fosse successo durante la notte non avremmo avuto bisogno di svegliarlo, ecc. C’era poi anche il lato pratico; cioè, perché prendere bagagli, uscire fuori al freddo e con la neve, fare 20 minuti di strada durante il travaglio, tutto per arrivare in un posto che assomiglia a casa? Non sarebbe stato molto più comodo e rilassante stare là?
Partorire in casa è una scelta usuale, in Canada?
In Canada le opzioni per la cura prenatale ed il parto cambiano a seconda della provincia in cui vivi. Qui in Québec, la professione di ostetricia è regolata e coperta dall’assicurazione sanitaria pubblica. Questo significa che ogni donna in teoria ha la possibilità di scegliere un medico (ginecologo, medico di famiglia, ecc) che segua la sua gravidanza, e poi partorire in ospedale, oppure di richiedere i servizi di un’ostetrica, e quindi scegliere tra partorire a casa o in un centro nascita (una struttura attrezzata con stanze in stile albergo, provviste di vasca da bagno per il parto in acqua). Purtroppo, per vari motivi, non ci sono abbastanza ostetriche per tutte le donne che vorrebbero questo servizio, e quindi, stando alle statistiche, mi risulta che in Canada i parti che avvengono fuori dagli ospedali sono meno del 10 %, e quelli in casa, ancora di meno.
Hai dovuto seguire un corso o una preparazione particolare durante la gravidanza? Chi ti ha assistito durante l’attesa e durante il parto in casa?
No, però va detto che con le ostetriche riceviamo una preparazione 10 volte migliore rispetto a quella data dai dottori. Ogni appuntamento prenatale dura un’ora, a volte anche di più, mentre nel nostro sistema sanitario l’appuntamento con un dottore dura appena 15 minuti. Dopo 9 mesi spesi a costruire una relazione di fiducia con le ostetriche, avevo la conoscenza e la sicurezza necessarie per avere il controllo del mio parto, fidarmi di me stessa e riuscire a mettere il mio bambino al mondo naturalmente.
Che ruolo ha avuto la tua famiglia, a cominciare dal tuo compagno, durante il travaglio e il parto?
Fabio è stato con me dall’inizio alla fine, fisicamente ed emotivamente, a parte quando doveva stare con nostro figlio prima che mia madre arrivasse ad occuparsi di lui, o trovare cose che servivano alle ostetriche. Uno dei principi di base delle ostetriche è di lasciare la madre in travaglio il più “tranquilla” possibile, senza parlarle, senza sottoporla ad esami, ecc. Loro ti aiutano al massimo a creare la tua “bolla” ed a rimanerci dentro, nel modo più naturale possibile. Quindi, una volta creata questa bolla, c’eravamo io e Fabio, ed a volte anche nostro figlio che veniva a vedere cosa succedeva, per poi tornare a giocare con la nonna. In realtà non mi ricordo molto della presenza di mio figlio, ma abbiamo foto dove vedo che mi stava facendo ridere… incredibile! Mio marito è stato un bravissimo accompagnatore, era molto tranquillo e mi dava forza e coraggio solo essendo là con me. Il supporto della mia famiglia è stato fondamentale. Eravamo insieme a fare qualcosa di molto bello, e difficile, ma estremamente gratificante.
Ci racconti le sensazioni che hai provato? E la differenza con la nascita del tuo primo figlio?
Sono stati 2 parti molto diversi e quindi difficili da paragonare. Il mio primo, come per molte donne, è stato lungo e lento (più di 24 ore di travaglio a casa, poi altre 5-6 ore all’ospedale, la maggior parte per la spinta che non è andata bene.) Il secondo parto, dall’inizio alla fine è durato 6 ore, con solo 4 ore di travaglio attivo, quindi è stato molto più intenso!! In questo senso, il secondo parto è stato più difficile, proprio per l’intensità e la velocità dei contrazioni, che non si fermavano mai! Ero molto stanca e non riuscivo mai a riposarmi. Al primo parto invece, avevo tempo entro ogni contrazione di riposarmi e rilassare il mio corpo. La differenza principale tra le due nascite, però, è stata che a casa stavo nelle posizioni in cui volevo io, seguivo il mio corpo, e stavo quasi sempre in posizioni verticali, o chinata. All’ospedale sono stata in piedi durante il travaglio, ma ad un certo punto durante la spinta mi hanno fatto stendere sul letto, la posizione più dolorosa e anche la meno utile per partorire, una posizione che quasi nessuna donne sceglie istintivamente per il travaglio, ma si usa all’ospedale perché è più comoda per il personale medico (specie se la mamma si sottopone all’epidurale). Quando mi dicono che sono stata coraggiosa nel partorire a casa, senza la possibilità di ricorrere all’epidurale o ad altre medicine per il dolore, quello che non capiscono è che in realtà partorire a casa fa meno male! Inoltre, le ore dopo il parto sono state bellissime: le abbiamo trascorse mangiando, bevendo, rilassandoci, parlando su Skype con i nonni a Napoli…È stato fantastico. In ospedale hanno fretta di fare tutti i controlli al bimbo, di lavarlo, e via dicendo. Inoltre c’è sempre gente che non conosci che entra nella stanza, ti dice cosa fare, quando allattare. È tutto diverso.
Come eravate attrezzati per eventuali emergenze?
Le ostetriche sono addestrate per qualsiasi emergenza, e se non possono fare il necessario, trasferiscono la madre in ospedale. Inoltre, lavorano sempre in squadra, di solito composta da due persone, e quindi se succede qualcosa dopo il parto ce n’è una per occuparsi della mamma e una per seguire il neonato. Tra l’altro, le ostetriche sono capaci di riconoscere un problema quando ancora si sta presentando, prima che diventi una vera emergenza, capendo al volo se è il caso di chiamare un’ambulanza. In questo la procedura è la stessa, sia a casa che al centro nascita. In realtà, a noi è capitata un’emergenza ostetrica molto rara che si presenta senza preavviso, la cosiddetta “distocia” della spalla (una condizione che si verifica quando la testa del bambino esce, ma le spalle restano incastrate dietro all’osso pelvico materno). Qualcuno potrebbe dire “Wow, sarebbe potuto essere un disastro!”, ma io invece penso che siamo stati fortunatissimi a stare a casa: quando succede questa cosa in ospedale, scoppia il caos, un sacco di gente entra nella stanza, i medici sono disposti, nel caso peggiore, anche a rompere la clavicola del bimbo, oppure spingere la testa indietro e fare un cesareo. Invece le ostetriche, con molta calma, mi hanno fatto cambiare 2 volte di posizione, e quando hanno realizzato che non era sufficiente, hanno tirato la bimba dalle ascelle per aiutarla ad uscire. In totale quest’emergenza è durata meno di tre minuti, e tutto è finito benissimo, senza panico e senza danni né a me né a mia figlia.
Lo rifaresti? Lo consiglieresti a una mamma in attesa?
Assolutamente, senza esitazione. Lo consiglio a qualsiasi mamma che abbia il supporto adatto, che stia avendo una gravidanza a basso rischio, e che sente la sicurezza che il suo corpo è fatto per far nascere il proprio bimbo, anche senza intervento medico. In ogni caso, la cosa più importante per la donna che partorisce è di sentirsi sicura e a proprio agio. Nel mio caso, questa condizione l’ho trovato a casa mia, e la mia speranza è che tante altre mamme provino la stessa sensazione.