I bambini piccoli producono tonnellate di schifezze. Più sono piccoli e più ne producono (ne ho parlato diffusamente anche in questo post sui rimedi naturali per le macchie). E la cosa più grottesca è che il dramma non si esaurisce con quello che finisce nel pannolino. Fatto salvo, forse, qualche centimetro quadrato di pelle tra le scapole, non c’è praticamente parte del corpo di un neonato che non sia in grado, nelle opportune condizioni, di generare secrezioni appiccicose. Tipo la crosta lattea.
Avrebbero potuta chiamarla in qualsiasi altro modo – calotta, pellicola, velo – e invece no: crosta. Ripugnante ma efficace. Il fatto che si chiami così, in effetti, rende perfettamente l’idea della sua natura: tante minuscole squame di sebo di colore giallastro (ma direi più beige), grasse e coriacee, attaccate saldamente al cuoio capelluto del lattante. Si tratta di una manifestazione del tutto benigna: una dermatite seborroica passeggera di cui non si conosce con precisione la causa. Visto che compare nei primi mesi di vita, quando il bambino si nutre esclusivamente di latte, è stato ipotizzato un collegamento con l’alimentazione, ma non esistono prove al riguardo.
Quel che è certo è che, se non trattata, la crosta lattea può persistere anche per qualche mese, e non è dato sapere se il malcapitato poppante di “scorza” munito sia infastidito da questa specie di aureola di sebo. Ma visto che agli adulti questo genere di dermatiti provoca spesso prurito e altre sensazioni sgradevoli (e visto anche che se il bambino è quasi calvo come lo era mio figlio, quella roba sul capo fa pure un pochino ribrezzo), decidere di rimuoverla con delicatezza può essere cosa buona e giusta (per quanto non sia assolutamente indispensabile in termini strettamente “sanitari”).