Devo ammetterlo. La prima volta che ne ho scritto, io stessa non sono riuscita a nascondere un certo scetticismo. Abituare un neonato al vasino, attraverso la cosiddetta EC (Elimination Communication), mi è sempre parsa un’impresa davvero troppo ardua, riservata a poche coppie di genitori volenterosi e, in un certo senso, privilegiati. Adesso mi è capitata l’occasione per saperne di più, attraverso l’incontro virtuale con Cecilia, una madre che ci ha provato con successo, tanto da mettersi a studiare per insegnare questo “sistema” anche ad altri genitori.
Penso che la sua testimonianza possa essere interessante per tutti, a prescindere dalle scelte che poi ciascun genitore fa per la propria famiglia.
In cosa consiste la “tecnica” dell’EC? Quali sono i suoi vantaggi?
La EC (Elimination Communication, o comunicazione dell’evacuazione in italiano) è una modalità di interazione con i bambini piccoli che, volendo fin dalla nascita, supporta la loro consapevolezza innata rispetto ai propri bisogni fisiologici e alla pulizia propria e di chi li cura, e che evita quindi la dipendenza dal pannolino. Ci sono delle tecniche che favoriscono questa comunicazione, basate sull’osservazione del bambino, sul buon senso e a volte anche sull’istinto dei genitori. I vantaggi maggiori, dal punto di vista personale, sono una interazione col bambino più profonda e consapevole, il rispetto per le capacità innate del bambino e il supporto che ricevono, il rinforzo delle intuizioni dei genitori, tutte aree che nella nostra cultura sono un po’ svalutate.
E sul piano “materiale?
Dal punto di vista pratico, si conquista una facilità incredibile nel pulire i bambini anche dopo la cacca più impensabile (basta un po’ d’acqua o una salvietta); una minore incidenza dell’eritema da pannolino, se non la sua totale assenza; una ridotta dipendenza dal pannolino stesso, che porta quindi a poter effettuare lo spannolinamento prima e con modalità diverse rispetto a quelle predominanti; e per chi usa i pannolini lavabili certamente un carico ridotto di pannolini da pulire. Dal punto di vista della salvaguardia ambientale, poi, c’è una enorme riduzione della quantità di pannolini gettati nella spazzatura. Questo ha ovviamente anche un impatto notevolmente positivo sulle finanze familiari. Infine, quando si è trattato di portare campioni al dottore, raccoglierli è stato relativamente facile: un dettaglio che non avrei apprezzato se non mi fosse servito di farlo, ma che si è rivelato utilissimo.
Messa così, sembra la panacea di tutti i mali… Ci saranno anche delle difficoltà?
Le difficoltà maggiori per noi sono stati la stanchezza che vince su tutto, anche su idee e ideali, sfidare i pregiudizi nostri e di chi ci circonda nell’imparare a fidarci davvero di nostro figlio, nel credere che un essere così piccolo possa davvero essere in grado di avere una comunicazione tanto precisa dei suoi bisogni, e infine i periodi in cui l’EC non sembrava funzionare, per cui la tentazione di ricorrere al pannolino e dimenticarsi tutto era fortissima.
Tu quando hai iniziato? Ci racconti la tua esperienza?
Io ho cominciato quando mio figlio aveva circa 6 settimane. Non conoscevo l’EC prima, ma durante l’allattamento avevo cominciato a ricercare la marca e tipologia migliore di pannolini lavabili e, dopo aver trovato vari riferimenti all’EC, mi sono documentata meglio e mi sono entusiasmata (tanto che ora sto seguendo un corso per diventarne insegnante sia per gruppi che per singole famiglie). Pur non avendo esclusivamente usato l’EC e in particolare avendo scelto di non usarla di notte, sia io che mio marito l’abbiamo incorporata nella nostra consapevolezza e nella nostra routine di accudimento del bambino, con percentuali di successo e di costanza variabili (a volte, appunto, la stanchezza vince su tutto!), ma comunque con buoni risultati almeno per le cacche (le pipì sono state molto più difficili). Io sono potuta restare a casa fino agli otto mesi del pargolo, quindi sono riuscita a creare una buona base. Poi, fra andare dai nonni e dover tornare al lavoro, sicuramente l’EC ha sofferto, ma non abbiamo smesso di usarla quando potevamo, la sera, al weekend, in vacanza. Devo dire che siamo cosi’ riusciti a creare una consapevolezza condivisa dei bisogni fisiologici del bambino e che per lui e’ stato molto facile, una volta cominciato a “parlare”, chiedere di usare il vasino. Ci sono stati anche periodi in cui l’EC sembrava andare a rotoli, con pipì un po’ ovunque, ma sono stati brevi (una settimana il più lungo) e sempre seguiti da una maggiore abilità di gestirsi e comunicare. Adesso, a 19 mesi, non usiamo più il pannolino di giorno da circa 8 settimane, la sua consapevolezza rispetto alla cacca è totale e sta diventando pressoché completa anche rispetto alla pipì, per cui ha avuto bisogno di più tempo (anche per motivi fisiologici, è uno stimolo più difficile da riconoscere in anticipo e trattenere). E noi, anche quando sospettiamo che voglia semplicemente giocare sul wc, se ci chiede di andare abbiamo imparato ad ascoltarlo!
Ma non è un approccio un po’ troppo drastico, non si opera una forzatura eccessiva dei tempi naturali di sviluppo del bambino?
Non è un atteggiamento radicale da ambientalisti convinti, anzi fino agli anni ‘30 e ‘40 era assolutamente normale anche nel mondo occidentale (molto più a lungo in Europa orientale e ovviamente si usa senza drammi anche oggi in culture e paesi diversi dai nostri), poiché non esistevano i pannolini usa e getta. E non è un’educazione precoce, nel senso di troppo anticipata, al vasino, poiché lo scopo primario è rispondere alle necessità di base del bambino, non forzarne lo sviluppo.
Pensi che sia una strada percorribile anche per le mamme che lavorano o che hanno più di un figlio?
Assolutamente sì! Penso che sia grande la tentazione del “tutto o niente” quando si parla di EC (come anche di altre aree quando si tratta di crescere figli!), ma in realtà, e la mia esperienza lo prova, un atteggiamento più rilassato e una pratica part-time, cioè fare quel che si può quando si può, darà comunque dei risultati per noi stupefacenti. L’importante, come in molte altre aree dell’essere genitori, è mantenere accesa la consapevolezza e la fiducia che le necessità primarie sono innate nei bambini e cosi’ la loro capacita’ di riconoscerle e comunicarle. E poi prenderla con filosofia, accettare che ci siamo momenti in cui genitori o bambino non riusciranno a mantenere o usare la consapevolezza, o che magari ci siano fasi in cui il bambino non vuole usare il vasino. Dopotutto, non è una gara a chi prende più pipì o spannolina prima, ma un modo di creare comunicazione con i nostri bambini: nessuno si stupisce che una madre e un padre sappiano quando i figli hanno fame e diano loro da mangiare, e allo stesso tempo è importante non farsi prendere dal “mio figlio mangia più e meglio del tuo”, o anche “mio figlio a 10 mesi non usa ancora il cucchiaio e il tuo sì: sara’ anormale?”. Per chi ha altri figli, a volte addirittura i figli più grandi, se gia’ spannolinati, riescono a cogliere i segnali dei fratellini e sorelline, oppure beneficiano dall’atteggiamento dei genitori rispetto alla comunicazione e imparano velocemente a conoscere le proprie sensazioni fisiche.