Generazione di smidollati, genitori incapaci di educare i propri figli, schiavi di “bambini dispotici e viziati”. Si leggono spesso disamine impietose sull’operato dei miei coetanei (diciamo dei genitori nati a cavallo tra gli anni ’70 e ’80) in veste di madri e padri, e sui danni permanenti che staremmo arrecando ai nostri bambini. Non c’è dubbio che in qualche caso si tratti di analisi veritiere e condivisibili, che si assiste da qualche tempo a una deriva che confonde la liberalità con il lassismo, l’autodeterminazione con l’anarchia, la tolleranza con la totale e cronica strafottenza. Ma è pur vero, forse, che a volte pretendiamo, dai nostri figli, che si comportino né più né meno come degli adulti. O, addirittura, con più equilibrio e saggezza di quanto non sappiamo fare noi, che adulti lo siamo davvero.
E così ci aspettiamo che un bambino piccolo assista magari al nostro shopping senza osare chiedere qualcosa per sé. Che mangi carote e cetrioli per merenda, mentre noi ci concediamo aperitivi a suon di spritz e noccioline americane. Che legga e studi (anche se forse noi siamo i primi a impiegare diversamente il nostro tempo libero), o che sappia dosare con buon senso le ore passate davanti a uno schermo, quando poi, noi per primi, lasciamo che la tecnologia ci rubi la maggior parte delle giornate. Pretendiamo dai bambini che siano “educati” e rispettosi, che siano empatici, che sappiano ascoltare e condividere. Eppure siamo i primi a derogare senza troppi scrupoli a questi stessi principi. Diamo per scontato che nel giro di pochi anni debbano imparare a gestire la stanchezza, la rabbia, la paura, la frustrazione, quando a noi, magari, non è bastata una vita per giungere allo stesso risultato.
Abbiamo dimenticato, probabilmente, come eravamo noi stessi da bambini. Io a volte dimentico, per esempio, di essere stata una bambina sì studiosa, “obbediente” e tranquilla. Ma anche molto insicura, pigra, incline al lamento, disordinata. Viziata con il cibo. E, più tardi, una ragazzina intransigente e rigida, egocentrica, a tratti anche un pochino stronza. Questo, però, non mi ha impedito di cambiare, almeno da alcuni punti di vista. Non mi ha impedito di diventare un’adulta che mangia (quasi) qualsiasi cosa, che tiene molto all’ordine, che non si stancherebbe mai di “fare”, di vivere, di andare e di imparare. Un’adulta con tanti difetti, ma che cerca ogni giorno di comportarsi bene con tutti, e che quando fallisce lo fa di norma in buona fede.
Ma non è che io sia stata folgorata a metà degli anni Novanta sulla via di Damasco. Sono cresciuta, semplicemente. Come cresceranno i nostri figli, quei bambini che a volte ci sembrano così inguaribilmente maleducati, capricciosi, insofferenti. Così “ingestibili”. E che invece, magari, sono soltanto piccoli. Che questo post sia una specie di promemoria per la sottoscritta: i bambini sono, per definizione, individui che si stanno ancora formando, e che hanno bisogno, per diventare adulti, di tempo, di esperienze, di pazienza. E di esempio, soprattutto (e su quello è vero che forse non siamo una generazione di campioni).