Alcuni lividi sono incancellabili. Per tutto il resto c’è l’arnica
La prima cosa che dovrebbero dire alle neomamme nei reparti maternità è questa: “Un giorno o l’altro tuo figlio ti cadrà dalle braccia, non si farà niente di grave ma tu ti sentirai un mostro”.
Anche se dinanzi alla nefasta occasione la gente dirà frasi come:
Capita a tutte, prima o poi.
Tanto i neonati sono di gomma.
Sgusciano come anguille, non è colpa tua.
Per tenerli sotto controllo non basterebbero 10 occhi.
L’importante è che non si sia addormentato subito dopo la caduta.
Tutte cose vere, tra l’altro. Ma che difficilmente riusciranno a convincere la malcapitata di non essere diventata a un tratto una specie di clone di Annamaria Franzoni, solo senza il plastico di Bruno Vespa.
Comunque. Se il lancio del pupo fosse sport olimpico, io potrei finalmente realizzare il mio infantile sogno a cinque cerchi, puntando peraltro al gradino più alto del podio (o almeno alla piazza d’onore, dietro Annamaria Franzoni). Fortuna che BigD è circondato da uno spesso – ed elastico – strato di adipe e che, a quanto pare, oltre alle guance da criceto, ha ereditato da sua madre anche la capoccia dura.
La prima volta mi è ruzzolato a tradimento dal lettino del mare. Sono passati mesi, ma ancora non ho capito cosa sia successo realmente. Ad ogni modo la sabbia era soffice, e ce la siamo cavata con un paio di minuti di urla e un centinaio di occhi iniettati di salsedine puntati dritti sulla sottoscritta. Nessuno dei vicini di ombrellone, in quell’occasione, mi ha detto “Sgusciano come le anguille”. E dire che la metafora sarebbe stata quanto mai appropriata. Ma la volta peggiore è stata la successiva, a casa. Volo d’angelo giù dal divano, mentre aspettavamo suo padre che tornasse a casa con una frittura di pesce da asporto (che ovviamente poi abbiamo mangiato fredda e dura come il cartone).