Ho smesso di allattare la mia seconda figlia un anno fa, proprio in questi giorni. All’epoca, Flavia aveva due anni e due mesi, e io allattavo senza quasi interruzione da circa quattro anni, prima suo fratello e poi lei. È stato un momento molto delicato, un passaggio importante e a tratti difficile, a cui sono arrivata dopo tanti ripensamenti e con dubbi pesanti. Alla fine, il cambiamento in sé è stato molto più veloce e relativamente indolore rispetto a quanto temessi, come ho raccontato più volte da allora. Ma al di là dei primi giorni, come è stato il dopo?
L’esperienza di allattare, in sé, non mi è mai mancata davvero, per quanto mi causi un po’ di nostalgia pensare che non avrò mai più un bambino al seno in vita mia, e per quanto sia stato disarmante sentirsi dire, durante un’ecografia, che appena un mese fa avevo ancora un seno pieno di latte. Spesso mi sono sentita sollevata, perché libera da quelle situazioni che mi pesavano e che mi avevano spinto a interrompere l’allattamento (sguardi perplessi della gente, commenti, domande inopportune, discussioni in famiglia…).
Però devo riconoscere che ci sono stati tanti momenti in cui ho pensato di aver fatto uno sbaglio.
Mia figlia non ha più chiesto il seno da allora, per quanto se ne ricordi e ne parli ancora con grande tenerezza. E il suo rapporto con me non è cambiato di una virgola, in termini di fisicità, attaccamento e intensità. Anzi. Ma mentirei se negassi che il conforto della suzione, in quest’anno a cavallo tra i due e i tre anni, le è mancato molto spesso e profondamente. E che talvolta le manca ancora adesso. Che sono diminuiti drasticamente i risvegli notturni (non scomparsi, comunque), ma il momento di andare a dormire, prima così dolce e spesso invocato direttamente da lei, è diventato più difficoltoso. Che abbiamo dovuto imparare ad affrontare la stanchezza di Flavia, la frustrazione, il malessere e la paura senza lo strumento più naturale e potente che i bambini piccoli hanno da sempre dalla loro: la suzione.
Che sia di un seno, di un ciuccio o di un dito importa fino a un certo punto.
So bene che ci sono tanti bimbi non allattati che a due anni, se non prima, fanno a meno del ciuccio senza apparente difficoltà. Conteranno molto anche le abitudini, non lo metto in dubbio. Ma la mia esperienza, e solo questo sto riportando, dice questo: esistono bambini – e mia figlia è una di questi, come lo era stato suo fratello prima di lei – che almeno fino a tre anni trovano nella suzione un conforto insostituibile per affrontare lo stress e la stanchezza. Sopravvivono anche senza, ci mancherebbe, come ha fatto Flavia (e io con lei) tutto quest’anno. Ma può essere tutt’altro che facile. Mia figlia ha cercato spontaneamente tanti surrogati: i suoi stessi polpastrelli per sfiorarsi il labbro inferiore, le dita ficcate in bocca, pur senza succhiarle, quando va in crisi per qualche motivo, il comfort food richiesto a volte compulsivamente, anche in piena notte, per tentare di soddisfare un bisogno di oralità evidentemente rimasto disatteso. Noi facciamo ogni giorno del nostro meglio per seguirla e supportarla con ogni mezzo. E forse certi momenti difficili ci sarebbero stati anche con l’allattamento ancora in corso, chi può dirlo. Ma osservandola, e conoscendola, mi sento di riconoscere in serenità che lei aveva ancora bisogno di quel tipo di esperienza.
Io non mi sento in colpa per aver deciso anche per lei. So che la decisione di interrompere l’allattamento è stata ponderata a lungo e presa tutt’altro che a cuor leggero, e che in quel momento era per me la sola possibile, per quanto dettata non da una mia reale stanchezza (sono stata molto più esaurita nell’ultimo anno che quando allattavo ed ero anche incinta, per dire) ma dalla difficoltà di continuare a sostenere la mia scelta nel contesto familiare e sociale.
La donna che sono ora, la madre che sono diventata nel frattempo, continuerebbe ad allattare sua figlia senza esitazione. Ma un anno fa ero un’altra persona, e non posso odiarmi per le scelte che ho fatto, in coscienza e umanità, in circostanze diverse da quelle attuali.
Pero dico questo, a chi si trova a dover decidere se e quando porre fine a un allattamento “prolungato” e sa di non poter contare su un surrogato efficace (un ciuccio, un biberon, un pupazzino, una coperta di Linus o quel che è): non sottovalutate l’importanza della suzione per un bambino piccolo, perché potreste trovarvi di fronte a situazioni che non avevate preventivato. Anche se vostro figlio recepisce con serenità la vostra decisione di smettere di allattare.