Ovvero come sconvolgere la tranquilla esistenza di una colf di mezza età
Da quando mio figlio occupa la maggior parte del mio tempo, un paio di volte al mese una vulcanica signora di nome Teresa viene a darci una mano per le pulizie di casa più impegnative (sì, lavo le finestre a intervalli almeno quindicinali: tanto ho la scusa dell’ecologia, no?). Teresa ha conquistato subito le mie simpatie: si sposta esclusivamente in bicicletta, ha un debole per Artù («Ma comm’ e’ bello! E comm’ è chiatto!») e ignora con grande tatto le nuvole di polvere mista a peli di micio che si rincorrono da un lato all’altro dell’appartamento, cosa di cui non le sarò mai abbastanza grata.
L’unico problema, con Teresa, è la sua assoluta fedeltà alla chimica del piubiancononsipuò, e il conseguente scetticismo nei confronti del mondo dell’ecobio. La prima volta che le ho messo davanti il mio arsenale per le pulizie domestiche – detergenti Ecolabel, aceto, anticalcare fatto in casa a base di acido citrico – ha dato un’occhiata scettica a flaconi e bottiglie, poi ha alzato lo sguardo e mi ha chiesto: «Ok. E i detersivi dove sono?». La volta successiva mi ha chiesto se comprassi in farmacia i prodotti per la pulizia di casa, e dopo aver pulito i lampadari col mio spray a basso impatto ambientale si è giustificata per lunghi minuti del risultato a suo dire mediocre: «Non avevo lo Chantecler!». A me pareva che splendessero, ma tant’è.