Io di solito non mi ammalo facilmente. Mai presa una malattia esantematica, mai avuto bisogno di una iniezione di penicillina (nonostante l’asilo frequentato precocemente e la casa sempre piena di amichetti e cugini). E dire che quando ero piccola avrei desiderato eccome saltare qualche giorno di scuola e chiedere in regalo il fumetto extra che ricordo di aver sempre ricevuto in occasione delle rarissime influenze della mia infanzia. In anni più recenti, ricordo una mononucleosi blanda e tardiva che ebbe il solo effetto di scandalizzare mia nonna, sconvolta, comprensibilmente, dal fatto che la sua nipotina sedicenne fosse affetta da quella che chiamavano “malattia del bacio”.
Dopo quella, fu la volta di una grave infezione intestinale contratta a Praga tracannando birra non pastorizzata (e fermentata in botti di rovere dai trascorsi secolari) in una fabbrica artigianale del centro storico. Era il 2007, avevo 26 anni e per 48 ore ho temuto di aver preso il colera, ma una parte di me considera quell’abbraccio batterico troppo affettuoso come uno speciale ricordo di viaggio. Una sorta di medaglia al valore per viandanti semi-alcolizzati (e fortuna che l’assenzio con zucchero alla fiamma deve avermi parzialmente protetto le budella dalla birra al vibrione…).
Da allora, niente di peggio di qualche starnuto o di un po’ di raucedine.
Ma questo, miei cari, era prima. Prima di affrontare due gravidanze e due cesarei in 21 mesi. Prima di allattare senza sosta per anni. Prima, soprattutto, di entrare in contatto con quel posto chiamato asilo (dove nelle botti del ‘700 ci allevano direttamente i germi). Prima di dividere la casa, e il letto, con un paio di micidiali selettori di agenti patogeni potenziati e mutanti.
Ma se mamma si ammala – anche di due o tre accidenti contemporaneamente – nessuno le regala numeri speciali di Topolino, né le sprimaccia il cuscino o le serve minestre succulente. Se mamma sta male, stringe i denti – o le narici, o gli occhi, o le natiche a seconda del malanno che l’ha investita – e continua a dispensare cure, latte e coccole a destra e a manca. Giorno e notte, dentro casa e, se occorre, sotto la pioggia gelata. Anche quando vorrebbe solo imbottirsi di tè e cointreau e dormire 11 ore di fila.
Poi passa. Per fortuna. Almeno fino alla prossima epidemia.
12 Commenti
come ti capisco….oh come ti capisco…io voglio andare in letargo e risvegliarmi in primavera…
Eh già.. sono nella stessa situazione. Non mi ammalavo quasi mai ma ora i due piccoli untori vanno all’asilo e portano a casa di tutto. E gestire l’influenza intestinale in contemporanea con tuo marito, con 2 nani piccoli e la mamma a 600 km di distanza… è stato un delirio. è proprio vero: le mamme non hanno il diritto di ammalarsi. O_o
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Guarisci presto!!!
….pensa che mia madre non sapeva neanche quale malattie esantematiche avevo avuto tanto erano state lievi…niente hanno potuto 6 anni di medicina in giro x reparti…niente i 4 anni di specializzazione in malattie infettive (e ho detto tutto)…niente gli anni di lavoro prematernità in ambulatori di medicina generale e di pediatria….quanto quello che sono in grado di trasmettermi i miei figli!!!!!!!x loro daremmo la vita…di sicuro la salute 😉
Ho passato i primi 2 anni di nido di mia figlia seduta sul water o imbottita di paracetamolo a momenti alterni… quando non insieme!!! 🙂 E anche io ero una che non si ammalava mai! Ma poi passa e se ti può consolare con il secondo non ci si ammala più! 🙂
Stavo pensando giusto oggi alla stessa cosa, sarà che sono reduce da tre giorni di influenza intestinale (mia) con marito fuori casa per lavoro e famiglia lontana. Il solo fatto di riuscire a portare (e andare a riprendere) il figlio all’asilo, sotto la pioggia se no non c’è divertimento, mi ha fatta sentire WonderWoman. Ora pero’ mi servirebbe un mese sotto le coperte e tanto assenzio, tantissimo assenzio (cosa mi hai fatto ricordare!)
Io invece prima di diventare mamma ero piuttosto cagionevole.
Da quando è nato mio figlio non posso più permettermi di ammalarmi. Mi ammalò, sto male ma devo comunque essere operativa perché non ho aiuti, e sul marito non posso fare affidamento.
Perfino quando un paio di anni fa sono stata malissimo, con 39 e rotti di febbre, ho potuto stare a letto solo un giorno, poi basta.
Non è che non mi ammalò più. È che non ascolto il mio corpo e trovo forze dove non ci sono perché non posso permettermi di fermarmi e curarmi
Eccomi! Io uguale… prima niente poi: il delirio! Quest’anno sono molto preoccupata perchè ancora la botta non è arrivata e se arriva a gennaio febbraio per me sono un po’ dolori…
Idem come sopra: ultima influenza nel lontano 1989, nonostante a partire da 15 gradi inizi a indossare t-shirt di cotone e non porti mai né sciarpe né cappello, solo un paio di micidiali virus gastro-intestinali contratti a Damasco e in pieno deserto libico… questo prima che il piccolo mostriciattolo ci passasse tutte le malattie che lui colleziona all’asilo (senza contrarle quasi mai). Mio marito si è persino beccato la mani-bocca-piedi, mentre mio figlio neanche una bollicina!
Uh mamma. Ma gli adulti non erano immuni a quella roba lì???
A quanto pare gli adulti non sono affatto immuni… Mio marito ha avuto ulcere in bocca ma soprattutto vescichette alquanto dolorose sulle mani, sono stata io la prima a sospettare il Coxsackie virus e infatti la diagnosi ci è stata confermata dalla pediatra (che si è anche fatta un sacco di risate perché non aveva mai visitato un adulto!!! 🙂 ).
La bella notizia è che, pur trattandosi di un virus, la mani-bocca-piedi si può contrarre più volte nella vita dal momento che si sviluppa un’immunità permanente nei confronti di quel determinato ceppo ma non dei molteplici altri Enterovirus che causano la medesima malattia! 😮
Io, mio marito, i miei abbiamo fatto la mani bocca piedi in forma pesante, io particolarmente con bolle in bocca fin in gola!