Per osservare da lontano i suoi occhi che ti cercano nella folla e all’improvviso ti riconoscono.
Per sentire il suo corpo farsi sempre più pesante tra le tue braccia mentre lentamente si abbandona al sonno. E pensare che chi ha inventato la parola fiducia, probabilmente, aveva appena avuto un bambino.
Perché ti farà capire quanto siano sopravvalutate cose come il pudore, la coordinazione nel ballo e i pavimenti puliti.
Perché verrà il giorno in cui, uscendo in strada al mattino presto nell’aria fresca di una stagione di mezzo, lui o lei alzerà lo sguardo e punterà il dito verso il cielo con lo sguardo pieno di meraviglia. E tu ricorderai che certe volte la luna indugia un po’ più del solito prima di tramontare.
Per fare una selezione definitiva tra quelli che chiami amici.
Perché ti insegnerà da capo un sacco di cose che sapevi quando eri piccolo, ma che negli anni hai dimenticato senza accorgertene. Come farsi rincorrere dalla propria ombra, cucinare torte col fango, erigere torri tremolanti coi ciottoli di fiume e far volare aquiloni di carta igienica (oltre a una vastissima gamma di onomatopee).
Per scoprire che il tuo esempio non potrà cambiare il mondo, ma di certo può decidere il destino di una persona.
Perché niente ti ricorda che sei un animale come osservare quotidianamente un bambino nel suo primo anno di vita.
Perché sarà bello convincersi per un po’ di essere in grado di compiere miracoli (far passare il dolore col tocco di un bacio, riportare in vita bambole moribonde o ricostruire in pochi minuti castelli di mattoncini distrutti da un trenino deragliato in una curva azzardata).
Perché ti insegnerà senza saperlo la differenza tra orgoglio e protervia.
Per chiarire definitivamente che se parte un mambo, tu devi ondeggiare il bacino.
Per capire come valga davvero la pena passare il tempo. E cioè, ad esempio, seguendo il riflesso del sole su un muro, osservando la corsa delle nuvole in cielo, allestendo spettacoli di ombre cinesi, contando i fili d’erba in un prato.
Per ridere insieme fino a farsi venire il mal di pancia, oppure trattenere a stento una risata davanti a un’espressione tanto seria quanto buffa, o a una parola storpiata in modo adorabile.
Perché se gli adulti, a volte, perdonano il male ricevuto, i bambini spesso se ne dimenticano.
Per scoprire che puoi davvero temere la sofferenza di un’altra persona più del tuo stesso dolore e godere della sua felicità come se fosse la tua. E se questo non si chiama amore, io non saprei proprio come definirlo.
*Me lo ha chiesto qualche tempo fa una lettrice. Genitori di figli più grandi darebbero probabilmente risposte molto diverse, ma queste sono quelle che sono venute in mente a me.
15 Commenti
Appena la smetto di piagnucolare commossa vado a cercare il significato di protervia sul dizionario.
Chiedilo a tuo figlio, lui lo sa! 😉
Che dire….tutto vero, verissimo!!! Ho tre figli e ho avuto mille motivi per amarli ogni giorno di più…..
Parole stupende, quanto mi ci sono ritrovata! Complimenti è sempre un piacere leggere i tuoi pensieri. Barbara PS: noto che il tema “amici” è ricorrente…
Il tema “amici” è stata una spina nel mio cuore per lunghi mesi. Ma ora forse sto lentamente arrivando a una specie di “rassegnazione”. Chiamiamola accettazione, va…
sul tema amici ho avuto un brivido di malinconia. Quanto è vero. E tutto il resto che hai scritto, quanto è bello!
Grazie! Stesso brivido, mi sa…
Tutto vero e commovente!
Eh si’ !
tema “amici”…tasto dolente!all’inizio ci sono rimasta non male, peggio…soprattutto perché oltre all’indifferenza sono arrivate le “accuse” velate sul fatto che io non mi facessi più sentire o che davo degli orari per vedere mio figlio…sacrilegio!
a posteriori, ora che francamente non me ne frega più niente di queste persone ti dico che certe scremature andrebbero fatte a priori, ma sicuramente un figlio aiuta a vedere la situazione per quella che è veramente.
detto questo, condivido tutto quello che hai scritto, io ero una che “un figlio manco morta” invece è arrivato e niente può essere comparabile all’esperienza di essere genitore, te lo dicono che la vita si stravolge, ma non lo sai finché non lo vivi! un figlio è AMORE allo stato puro e vale le notti in bianco o i periodi di crisi…è VITA!
Figurati se di figli ne fai due in meno di due anni! 😉 Un abbraccio.
bello, concordo, i primi quattro poi, sono speciali!
Vorrei tanto provare tutte qst emozioni
Noi siamo fortunati, io aspetto un bimbo, Leone, che nascerà a inizio febbraio – e tutti i nostri amici più cari e cugini o sono “incinti” come noi o hanno avuto un bebè da pochissimo. Sarà bello condividere le stesse gioie per un bel po’ di tempo 🙂 bellissimo post!
Non capisco, ma i figli con chi si fanno se l’amore vero lo si scopre solo con i figli stessi?
Non si dovrebbe sapere già cosa è l’amore quando si decide vediamo per esempio…di stare con qualcuno per la vita? No?
Scremare gli amici prima? Mah, potrebbero avere pensato lo stesso gli amici stessi mi sembra un po’ capriccioso pretendere che perché abbiamo figli chi ci ha amato e dedicato il suo tempo prima del loro arrivo si dimentichi all’improvviso che esistiamo o non voglia più stare con noi.
Ma la cosa più assurda è che proprio perché gli amici ci tengono a noi notano se non ci siamo più dopo l’arrivo di un nostro figlio. Io non mi sentirei mai di giudicarli male, in fondo se si arrabbiano non sarà forse perché non ci vedono più e per questo sono dispiaciuti?
Inoltre la domanda più nascosta , più difficile più terribile a cui nessun genitore vuole mai dare risposta:
e’ davvero nostro diritto dare la vita ad un’altra persona senza pensare a come questa vita sarà ?solo perché lo vogliamo o perché a nessuno è stata data la scelta,
non vuol dire che prendere la decisione più importante della vita , e cioè decidere che qualcuno ‘viva’ , sia nostro diritto.
Mi chiedo sempre di più se tutto non si riduca al ‘ A me fa stare bene avere un figlio, poi se a lui o lei non stava bene vivere o vivere la vita che egli/ella avrà non ha poi così importanza’.
Insomma non peccheremo forse un po’ di egoismo?
In fondo si dice ‘IO voglio un figlio’,
dove sta in ciò il pensiero di ciò che un figlio può volere ma non può esprimere?