Quando un bambino impara a camminare, c’è sempre un momento preciso in cui smette di tenerti per mano perché ne ha bisogno per riuscire a stare in equilibrio, e comincia a farlo, invece, per condurti dove lui desidera. Apparentemente cambia poco, e invece il mutamento di prospettiva è di portata rivoluzionaria. Lui continua ad afferrarti con le dita, ma all’improvviso ti trascina dove vuole, invece che aggrapparsi a te. È lui che traccia la direzione, lui che decide dove andare e a che velocità. E tu, da un giorno all’altro, non sei più un pilota in seconda, ma un vero e proprio compagno di viaggio. Il tuo supporto, non più necessario per una questione meramente meccanica, acquista un altro significato, un diverso valore.
“Mamma, papà: se volessi, ormai, potrei camminare da solo. Ma il punto è che io voglio che voi veniate insieme a me”.
È un momento struggente. Vertiginoso. Tuo figlio che cresce dinanzi ai tuoi occhi. Che diventa meno dipendente da te, più autonomo e più libero. E ti conferma, allo stesso tempo, che ha ancora bisogno di te, forse anche più di prima. Che per puntellare i suoi passi incerti possono bastare anche una sedia o un tavolino, ma per accompagnarlo nel suo cammino volontario per il mondo servi proprio tu. Qui e ora. Perché la strada che sta cominciando a tracciare per sé comprenderà molti tratti in solitaria, ma anche tante miglia macinate in tua compagnia. Allegramente o in silenzio. Con energia o trascinandosi avanti nonostante la fatica.
E tu, stretto a quelle piccole dita, sai che il grosso del lavoro deve ancora essere compiuto. Che dovrai imparare ad accompagnare tuo figlio su strade che non ti piacciono, che non conosci, che non avresti mai scelto per lui. Ma ti dovrai fidare, e sporcarti le scarpe sui sentieri che soltanto lui avrà scelto di battere, pregandoti in silenzio di procedere al suo fianco. Che qualche volta, però, ti toccherà convincerlo a cambiare direzione, oppure, dolorosamente, negargli la tua compagnia, perché la stanchezza, la paura, le tue umane debolezze o semplicemente le tue idee ti impediranno di proseguire accanto a lui. Che il suo passo diventerà ben presto più veloce del tuo, e tu annasperai aggrappato alla sua mano, chiedendoti all’improvviso se non si siano invertiti i ruoli, se non sia lui, oramai, a guidare con sicurezza i tuoi primi passi barcollanti.
Sai, soprattutto, che si avvicina il giorno in cui tuo figlio staccherà definitivamente la sua mano dalla tua. E tu dovrai restare a guardargli le spalle, fronte alta e sguardo fermo. Con il tuo cuore a volo di gabbiano nella sua lunga scia.
6 Commenti
Ti seguo già da un po’ ma è la prima volta che ti scrivo. Io ti adoro!!!
Riesci a esternare ciò che provo anche io (e tante altre mamme) in un modo così semplice ma efficace. Io non ne son capace, non ho questo dono della scrittura…
Leggerti mi fa star bene, continua così Ti ringrazio <3
Ma grazie, Simona! Che bel commento! Mi hai detto la cosa più bella che si possa sentir dire una persona che scrive (sicura di non avercelo, quel dono? ;)). Benvenuta e a presto.
quanto e’ vero…mi sono commossa!
🙂
ti ho scoperta per caso e mi ritrovo a leggere ogni tuo post tutto d’un fiato. riesci sempre a farmi emozionare…. e commuovere. sarà perché ho una figlia anche io, ma riesci a rendere veri i pensieri che restano sottesi ed inconsci in me, mamma. stavolta mi sono vista a tenere per mano la mia bambina che ancora tentenna. grazie. è davvero bello leggerti
Grazie a te, Lilli. Con tutto il cuore.