La primavera, per me, è più di una stagione.
È il vociare confuso che arriva dalle finestre finalmente spalancate. È la luce color ottone che bagna la mia casa nel pomeriggio. Sono le viole e i mughetti che oggi i miei figli raccolgono nello stesso giardino dove trent’anni fa li cercavo io.
È il ricordo del profumo delle fresie, che mia nonna coltivava con orgoglio. Delle visite che la mia prozia romana ci faceva proprio in questa stagione, delle giornate a scuola che diventavano più lente, più indolenti. La primavera è il fumo dei carciofi arrostiti che sale dai giardini sotto le mie finestre, la linea del sole che indugia sempre un po’ di più sull’edificio di fronte (quanta gioia, da piccola, nel constatare che le giornate si allungavano ancora, e ancora, e ancora).
Da quando sono mamma, la primavera è una specie di spartiacque. Un Gran premio della montagna, un sospiro di sollievo dopo il lungo inverno. È la prospettiva di lunghi pomeriggi all’aperto, di giornate luminose e “avventure” della domenica, come le chiama Davide. È la promessa dell’estate, dei viaggi, del mare e dei tramonti senza fretta. E di un intero semestre senza vedere il nostro caro pediatra.
La primavera, da quando sono mamma, è anche un momento di grande stanchezza. Da superare coccolandosi, perdonandosi, rallentando e imparando ad aspettare.
Perché dopo ogni primavera c’è il caldo dell’estate. L’azzurro e l’oro, il vento fresco. E un po’ di libertà.
1 Commenti
Semplicemente meraviglioso <3