Se metteste piede in casa mia in uno qualsiasi di questi pomeriggi d’inverno, trovereste la cucina in ordine e le candele accese. L’acquaio già sgombro delle stoviglie della colazione e del pranzo condiviso poche ore prima col mio figlio maggiore. Il bollitore sul fuoco e la mia tazza in terracotta, ricordo di un lontano viaggio in Bretagna, già pronta con tè al gelsomino, zucchero di canna e un goccio di latte. I cuscini di velluto nero sul microscopico divano grigio di Ikea, le scarpe allineate nel mobiletto all’ingresso, il gatto addormentato placidamente su una superficie a caso. Notereste, dopo qualche passo, una fila di piccole luci a forma di stella appese su foto in bianco e nero che raccontano di quando i figli erano neonati, di quando i loro genitori erano più giovani, di certi posti speciali scoperti viaggiando. Una copia del mio libro discretamente in mostra su una delle librerie, rari souvenir artigianali acquistati durante le vacanze e, poco lontano, il mio computer ancora acceso sul lavoro del giorno, qualche file ancora da chiudere, finestre aperte su siti e messaggi elettronici.
Se entraste in casa mia in uno qualsiasi di questi pomeriggi d’inverno, probabilmente pensereste a me come a qualcuno da invidiare. Una donna realizzata, appagata, con una vita piena e in equilibrio tra la famiglia, il lavoro, le esigenze personali. Pensereste forse che sono stata brava, e di certo che ho avuto fortuna. Magari, addirittura, riconoscereste in me una specie di modello da imitare, qualcuno a cui ispirarsi come spesso mi scrivete di fare dopo la lettura del mio blog.
E in effetti, non avrei molti elementi per smentire il visitatore casuale e sconosciuto che si trovasse ad avere questa sensazione entrando in casa mia. Quella che conduco è realmente una vita piena, privilegiata e serena. Una vita benestante e semplice, una vita “da invidiare” o, vista da chi ci sta dentro, una vita per cui ringraziare.
Eppure.
Il lavoro che faccio è sottopagato e intrinsecamente, irreparabilmente, precario, e la serenità economica su cui posso contare non si deve certo miei meriti. La frustrazione, il rimpianto, la vergogna sono minacce che incombono di continuo, soprattutto nei casuali risvegli notturni, quando gli spettri si radunano nel buio a ulularti le loro oscenità.
La coppia quasi ventennale di cui faccio parte deve fronteggiare di continuo le sfide della stanchezza, dello stress, della routine asfissiante del quotidiano, della distanza che il tempo sembra a volte aver tracciato tra gli individui che la compongono. Deve, soprattutto, imparare ogni giorno ad essere una coppia decente di genitori, inventando compromessi, ricomponendo divisioni, facendo fronte comune laddove la tentazione fortissima sarebbe quella di scagliarsi l’uno contro l’altra. Divisi e lontani invece che complici e compagni.
I figli per i quali cerco di fare ogni giorno del mio meglio sono spesso preda della rabbia, della paura, dell’insicurezza e di una gelosia reciproca dilaniante che li fa litigare ogni giorno per le ragioni più improbabili.
La città in cui vivo non mi piace. La casa in cui abito è disperatamente piccola. Il mio gatto è obeso e mordace, viziato all’inverosimile per quanto riguarda il cibo e molto aggressivo quando ha fame. La famiglia in cui sono cresciuta, come tutte, paga un dazio pesante alla vecchiaia, alla malattia, alla fatica e alle incomprensioni. I miei veri amici si contano sulle dita di una mano sola, le persone con cui riesco ancora a parlare delle cose che mi interessano sono forse ancora meno. Spesso mi sento sola, non nel senso di “poco amata” ma di intimamente incompresa, e non certo per colpa degli altri. So cucinare poche cose, e non sempre ho voglia di farlo, dovrei lavarmi più spesso i capelli e tenere la mia casa decisamente più pulita.
Le vite degli altri sembrano sempre lustre. Patinate, lineari, ciambelle col buco perfetto, torte lievitate a meraviglia e sfornate al punto di doratura ideale. Le vite degli altri, specie se le conosciamo appena, o le osserviamo ignari dai social, ci sembrano sempre più felici, più fortunate, più appaganti della nostra. Ci sembrano il risultato di azioni più sagge, di scelte più coraggiose, di strategie più lungimiranti di quelle che hanno guidato la nostra esistenza. E di una dose di fortuna che a noi, al contrario, non è stata riservata. Ma la verità è diversa. Nessuna vita è facile, nessuna famiglia è perfetta, nessuna persona – a meno che non sia del tutto inconsapevole o capace di mentire a se stessa – può dirsi completamente priva di rimpianti e di sogni spezzati.
Ricordatevelo, se vi dovesse capitare di affacciarvi all’improvviso, in un pomeriggio d’inverno, in una casa sconosciuta.
2 Commenti
Come ti comprendo, forse si forse no ma comunque ognuno deve cercare di vivere al meglio la sua di vita ! Lo dico io che sono in.un periodo tremendo ma voglio lottare e farmi aiutare se puo alleggerire qualcosa e che diamine eppure anche stamani con.una di quelle poche persone dicevamo…..ma che diavolo abbiamo fatto di male che non ricordiamo!!!!😉
Il mio ultimo post è quasi sullo stesso tema. Pat pat d’incoraggiamento