[A poco più di due settimane dal mio secondo cesareo, un post che racconta un’esperienza della nascita agli antipodi da quella che ho vissuto io]
Karen è una giovane mamma canadese che, appena pochi mesi fa, ha messo al mondo la sua bellissima secondogenita Gemma. La bimba è nata nella sua casa, con accanto suo padre Fabio e il fratellino Angelo, che all’epoca aveva due anni e mezzo. Karen, ringrazio tantissimo, ha accettato di rispondere ad alcune mie domande che puntano a capire meglio il senso della sua scelta, oltre che a chiarire gli aspetti più strettamente “tecnici” di un parto in casa.
Il risultato mi sembra davvero interessante, ma lascio giudicare a voi.
Come mai hai deciso di partorire tua figlia in casa?
Per me, il fattore più importante è stato il fatto che ci tengo moltissimo al parto naturale, e credo che partorire sia una cosa normale, sana, e sacra. Il mio corpo ed il mio bebè sanno cosa fare, e questo processo istintivo, intimo, delicato, funziona meglio quando ci sentiamo in sicurezza. A parte dei casi particolari dove la gravidanza è ad alto rischio, un parto non è una procedura medica. Non ci vogliono dottori né ospedali. Per dare a me ed alla mia famiglia una probabilità più alta di avere un parto naturale, senza interventi (una gran parte di quelli che si fanno adesso in ospedale sono inutili ed anche dannosi), ho deciso di non andare all’ospedale. Volevo mettere al mondo il mio bebè nel calore del nido, circondato da famiglia ed amore.
Il tuo primo figlio è nato in ospedale?
Si, il mio primo figlio è nato in ospedale. Non è andata troppo male, ma non è stata nemmeno un’esperienza bellissima. Ci sono state tante cose che avrei voluto cambiare nel modo in cui mio figlio è venuto al mondo. Questo, insieme al fatto che le nascite sono diventate troppo “medicalizzate”, mi ha portato dalle ostetriche per la seconda gravidanza. Ero convinta che ci fosse un modo migliore, più naturale e più dolce di partorire. Il piano iniziale era di partorire al centro nascita, ma verso il settimo mese di gravidanza io e Fabio, mio marito, abbiamo iniziato a pensare di farlo a casa. Uno dei motivi principali era nostro figlio (che aveva 2 anni e mezzo). Volevamo che lui fosse presente al parto. Abbiamo pensato che a casa sarebbe stato tutto più facile, che lui sarebbe stato a suo agio, che si sarebbe sentito più sicuro, che se fosse successo durante la notte non avremmo avuto bisogno di svegliarlo, ecc. C’era poi anche il lato pratico; cioè, perché prendere bagagli, uscire fuori al freddo e con la neve, fare 20 minuti di strada durante il travaglio, tutto per arrivare in un posto che assomiglia a casa? Non sarebbe stato molto più comodo e rilassante stare là?
Partorire in casa è una scelta usuale, in Canada?
In Canada le opzioni per la cura prenatale ed il parto cambiano a seconda della provincia in cui vivi. Qui in Québec, la professione di ostetricia è regolata e coperta dall’assicurazione sanitaria pubblica. Questo significa che ogni donna in teoria ha la possibilità di scegliere un medico (ginecologo, medico di famiglia, ecc) che segua la sua gravidanza, e poi partorire in ospedale, oppure di richiedere i servizi di un’ostetrica, e quindi scegliere tra partorire a casa o in un centro nascita (una struttura attrezzata con stanze in stile albergo, provviste di vasca da bagno per il parto in acqua). Purtroppo, per vari motivi, non ci sono abbastanza ostetriche per tutte le donne che vorrebbero questo servizio, e quindi, stando alle statistiche, mi risulta che in Canada i parti che avvengono fuori dagli ospedali sono meno del 10 %, e quelli in casa, ancora di meno.
Hai dovuto seguire un corso o una preparazione particolare durante la gravidanza? Chi ti ha assistito durante l’attesa e durante il parto in casa?
No, però va detto che con le ostetriche riceviamo una preparazione 10 volte migliore rispetto a quella data dai dottori. Ogni appuntamento prenatale dura un’ora, a volte anche di più, mentre nel nostro sistema sanitario l’appuntamento con un dottore dura appena 15 minuti. Dopo 9 mesi spesi a costruire una relazione di fiducia con le ostetriche, avevo la conoscenza e la sicurezza necessarie per avere il controllo del mio parto, fidarmi di me stessa e riuscire a mettere il mio bambino al mondo naturalmente.
Che ruolo ha avuto la tua famiglia, a cominciare dal tuo compagno, durante il travaglio e il parto?
Fabio è stato con me dall’inizio alla fine, fisicamente ed emotivamente, a parte quando doveva stare con nostro figlio prima che mia madre arrivasse ad occuparsi di lui, o trovare cose che servivano alle ostetriche. Uno dei principi di base delle ostetriche è di lasciare la madre in travaglio il più “tranquilla” possibile, senza parlarle, senza sottoporla ad esami, ecc. Loro ti aiutano al massimo a creare la tua “bolla” ed a rimanerci dentro, nel modo più naturale possibile. Quindi, una volta creata questa bolla, c’eravamo io e Fabio, ed a volte anche nostro figlio che veniva a vedere cosa succedeva, per poi tornare a giocare con la nonna. In realtà non mi ricordo molto della presenza di mio figlio, ma abbiamo foto dove vedo che mi stava facendo ridere… incredibile! Mio marito è stato un bravissimo accompagnatore, era molto tranquillo e mi dava forza e coraggio solo essendo là con me. Il supporto della mia famiglia è stato fondamentale. Eravamo insieme a fare qualcosa di molto bello, e difficile, ma estremamente gratificante.
Ci racconti le sensazioni che hai provato? E la differenza con la nascita del tuo primo figlio?
Sono stati 2 parti molto diversi e quindi difficili da paragonare. Il mio primo, come per molte donne, è stato lungo e lento (più di 24 ore di travaglio a casa, poi altre 5-6 ore all’ospedale, la maggior parte per la spinta che non è andata bene.) Il secondo parto, dall’inizio alla fine è durato 6 ore, con solo 4 ore di travaglio attivo, quindi è stato molto più intenso!! In questo senso, il secondo parto è stato più difficile, proprio per l’intensità e la velocità dei contrazioni, che non si fermavano mai! Ero molto stanca e non riuscivo mai a riposarmi. Al primo parto invece, avevo tempo entro ogni contrazione di riposarmi e rilassare il mio corpo. La differenza principale tra le due nascite, però, è stata che a casa stavo nelle posizioni in cui volevo io, seguivo il mio corpo, e stavo quasi sempre in posizioni verticali, o chinata. All’ospedale sono stata in piedi durante il travaglio, ma ad un certo punto durante la spinta mi hanno fatto stendere sul letto, la posizione più dolorosa e anche la meno utile per partorire, una posizione che quasi nessuna donne sceglie istintivamente per il travaglio, ma si usa all’ospedale perché è più comoda per il personale medico (specie se la mamma si sottopone all’epidurale). Quando mi dicono che sono stata coraggiosa nel partorire a casa, senza la possibilità di ricorrere all’epidurale o ad altre medicine per il dolore, quello che non capiscono è che in realtà partorire a casa fa meno male! Inoltre, le ore dopo il parto sono state bellissime: le abbiamo trascorse mangiando, bevendo, rilassandoci, parlando su Skype con i nonni a Napoli…È stato fantastico. In ospedale hanno fretta di fare tutti i controlli al bimbo, di lavarlo, e via dicendo. Inoltre c’è sempre gente che non conosci che entra nella stanza, ti dice cosa fare, quando allattare. È tutto diverso.
Come eravate attrezzati per eventuali emergenze?
Le ostetriche sono addestrate per qualsiasi emergenza, e se non possono fare il necessario, trasferiscono la madre in ospedale. Inoltre, lavorano sempre in squadra, di solito composta da due persone, e quindi se succede qualcosa dopo il parto ce n’è una per occuparsi della mamma e una per seguire il neonato. Tra l’altro, le ostetriche sono capaci di riconoscere un problema quando ancora si sta presentando, prima che diventi una vera emergenza, capendo al volo se è il caso di chiamare un’ambulanza. In questo la procedura è la stessa, sia a casa che al centro nascita. In realtà, a noi è capitata un’emergenza ostetrica molto rara che si presenta senza preavviso, la cosiddetta “distocia” della spalla (una condizione che si verifica quando la testa del bambino esce, ma le spalle restano incastrate dietro all’osso pelvico materno). Qualcuno potrebbe dire “Wow, sarebbe potuto essere un disastro!”, ma io invece penso che siamo stati fortunatissimi a stare a casa: quando succede questa cosa in ospedale, scoppia il caos, un sacco di gente entra nella stanza, i medici sono disposti, nel caso peggiore, anche a rompere la clavicola del bimbo, oppure spingere la testa indietro e fare un cesareo. Invece le ostetriche, con molta calma, mi hanno fatto cambiare 2 volte di posizione, e quando hanno realizzato che non era sufficiente, hanno tirato la bimba dalle ascelle per aiutarla ad uscire. In totale quest’emergenza è durata meno di tre minuti, e tutto è finito benissimo, senza panico e senza danni né a me né a mia figlia.
Lo rifaresti? Lo consiglieresti a una mamma in attesa?
Assolutamente, senza esitazione. Lo consiglio a qualsiasi mamma che abbia il supporto adatto, che stia avendo una gravidanza a basso rischio, e che sente la sicurezza che il suo corpo è fatto per far nascere il proprio bimbo, anche senza intervento medico. In ogni caso, la cosa più importante per la donna che partorisce è di sentirsi sicura e a proprio agio. Nel mio caso, questa condizione l’ho trovato a casa mia, e la mia speranza è che tante altre mamme provino la stessa sensazione.
38 Commenti
Viene quasi voglia di fare un altro figlio per provare questa pace…
Una mia amica ha fatto questa scelta, anche lei dopo un primo parto in ospedale. Lei raccontava di “naturalità” del parto, della possibilità di seguire il suo corpo e di minor sensazione di “violenza” quando il bimbo è venuto al mondo.
Sono cose che non posso capire a fondo perché non ho ancora mai provato, però, purtroppo per me, continuo a credere che queste donne abbiamo coraggio da vendere e, in tutta onestà, un pochino le invidio! 🙂
mmm…sono per la libertà di scelta in tutto ma sul parto in casa no, non sono per niente d’accordo!
sono contenta che a Karen sia andato tutto bene e che conservi un ricordo splendido di questa esperienza ma purtroppo le gravidanze “a basso rischio” secondo il mio modestissimo parere non esistono…purtroppo può accadere che anche se la nostra gravidanza sia stata semplicemente perfetta possano insorgere complicazioni impreviste.
Ok, tutti dicono che a quel punto anche se si è deciso di partorire in casa si può andare in ospedale…ma a volte l’ospedale è lontano, ci può essere un contrattempo durante il tragitto, un incidente (non voglio essere catastrofista, ma bisogna metterlo in conto), insomma troppi troppi rischi per un “desiderio” della mamma che francamente lascia il tempo che trova…
io ovviamente ho partorito in ospedale, le ostetriche sono state MERAVIGLIOSE e non finirò mai di ringraziarle, ma non esageriamo con questo veto assoluto nei confronti dell’ospedale, del medico come figura professionale e di tutto quello che ne fa parte.
La medicina non è sempre il male, partorire in una struttura dove se c’è un problema può essere risolto SUBITO (perché a volte pochi minuti possono fare la differenza) secondo me e ripeto secondo me è la scelta giusta da fare!
Magari si può ricreare in ospedale un ambiente più confortevole e meno sterile per la mamma, quello si, ma mi dispiace ma leggendo a me sono venuti i brividi…nessuno può prevedere il futuro, io la trovo una scelta enormemente irresponsabile mi dispiace…
Io sono dello stesso pensiero di Alessandra. Si può avere una gravidanza perfetta ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo, e non solo a causa delle procedure ospedaliere, e per quanto possano essere evenienze rare non me la sentirei mai di escluderle.
Il mio ospedale di residenza ormai da qualche anno cura molto l’aspetto, come dire, umano del travaglio e del parto, ma perlomeno se succede qualcosa i tempi di intervento sono più brevi che non partendo dal proprio domicilio.
Ma poi, come si stabilisce se una gravidanza è a basso rischio? Essere seguite da ostetriche anziché da medici contempla l’eseguire analisi come la curva da carico di glucosio o indagini prenatali come villo e amnio, o sono viste anch’esse come “eccessiva medicalizzazione” e quindi escluse? Un esempio su tutti (anche perché mi tocca in primche (a persona): ci sono genitori che scelgono di non eseguire indagini prenatali, la gravidanza va benissimo ma alla nascita si scopre che il bambino ha la sindrome di Down. Molte volte questi bambini hanno problemi di adattamento alla nascita e può essere necessario tenerli per qualche ora o addirittura qualche giorno.in culla termica (la mia Silvia ci è rimasta 4 giorni di cui 2 con l’ossigenazione). Se questa sorpresina arriva durante un parto in casa come la si mette?
No no, ognuno fa le proprie scelte, ma questa mi pare troppo rischiosa. E mi fa specie come ci sia chi cerca di fare proselitismo su una faccenda così delicata.
Ops… volevo scrivere che l’esempio portato mi tocca in prima persona 😉
Solo per chiarezza. Io, da giornalista prima che blogger, ho raccontato una storia attraverso una testimonianza diretta. Senza esprimere pareri né cercare proseliti. Grazie del tuo punto di vista, un bacio.
Secondo me la cosa fondamentale è l’accesso alle informazioni e la libertà nella scelta. Io, per il primo parto che doveva essere naturale ho scelto l’ospedale (pubblico), per il secondo (cesareo) una clinica convenzionata dotata di TIN. Ma non penso che chi faccia un scelta diversa sia per forza incosciente. Secondo me dipende molto dalle circostanze…
Silvana, tranquilla, non mi riferivo a te 😉 Tu hai svolto il tuo lavoro e ci mancherebbe! 🙂 È però vero che ci sono correnti di pensiero (espresse ad esempio in certe pagine facebook) che tendono a demonizzare l’ospedale e i medici e cercare di tirare le future mamme in quella direzione, trattando da “snaturata” chi non la vede a quella maniera.
Personalmente, non ce la farei mai a rischiare la vita di mio figlio/a per un mio desiderio. 2 giorni di degenza passano in fretta e poi c’è tutto il tempo per godersi la nuova vita con la propria famiglia.
Ecco, l’unica cosa che mi sento di dire contro l’ospedale è appunto che il fatto di lasciare libera la mamma di muoversi durante il travaglio, non obbligarla a stendersi per partorire, ecc. dovrebbe diventare prassi in tutte le strutture.
“Personalmente, non ce la farei mai a rischiare la vita di mio figlio/a per un mio desiderio”…
Riecco un’altra terrorista!!! Chi sarebbe la madre snaturata, quindi, quella del parto domiciliare???
Per cortesia, Luisa, leggi i miei commenti. Se hai STUDI SCIENTIFICI e STATISTICHE da citare a sostegno della tua offensiva insinuazione, fallo.
Altrimenti limitati a dire che non condividi e basta, ne hai tutto il diritto, ma non comportarti come quei gruppi Facebook che tanto critichi.
Non sono nemmeno arrivata alla fine. Certe cose mi muovono il sangue e mi fanno agitare moltissimo.
Obiettivamente, la medicina ha fatto progressi pazzeschi e noi rincorriamo questo desiderio di naturalità a tutti i costi, mettendo spesso a repentaglio la nostra vita e quella dei nostri figli. Per cosa? Per sentirci più a nostro agio nel nostro letto mentre abbiamo le contrazioni? EHHH? COSA???? Stai partorendo mamma, non sei ad un appuntamento per un massaggio rilassante. Ringrazia dio di avere personale medico e attrezzature adeguate per qualsiasi urgenza! La tranquillità la ritrovi poi nella tua camera quando il parto è concluso! Mi ribolle la bile.
Deve veramente succedere qualcosa di brutto per farci aprire gli occhi?
Roba da pazzi.
Hey, calmati, che agitarti ti fa male 😉
Hai ragione. Mi parte l’embolo con certi argomenti!
(Penso ad una delle mie amiche più care: poco dopo il parto ha avuto un’emorragia tremenda, stava morendo. Morendo. Il tempo di lanciare – letteralmente – la bimba in mano alla nonna materna, mettere in mano la penna alla mia amica per firmare il consenso all’operazione (che nel frattempo era svenuta, quindi ti lascio immaginare che firma possa aver fatto), essere trasportata volando in sala operatoria, 4 sacche di sangue, la salvezza. Un tempo pari ad un minuto, un minuto infinito, un minuto che se fossero stati tre o cinque, non mi avrebbero più permesso di vederla sorridere. Un minuto solo, che ora le permette di raccontare questo episodio a tutti noi. E se fosse stata a casa, a partorire felice nel suo letto? La piccola C. sarebbe orfana, mioddio, e io vedo le mie braccia riempirsi di puntini intirizziti).
Calzino,
evidentemente non sai nemmeno di cosa stai parlando e ben ti sei guardata dal reperire il minimo necessario di informazioni sul parto domiciliare… d’altro canto, non riesci neppure a finire di leggere un semplice articolo! Sarebbe sempre buona norma basare le proprie opinioni su riflessioni razionali e su dati concreti, invece di cedere all’emotività e sputare sentenze sotto l’influsso nefasto del pregiudizio.
Per partorire in casa in Italia bisogna rientrare in un rigido protocollo riguardante i criteri di inclusione, che varia da regione a regione. Al minimo sospetto di problemi, sei tagliata fuori.
In Olanda, più del 30% delle gestanti partorisce in casa in sicurezza sin dagli anni ’70 e, senza offesa, non stiamo parlando del terzo mondo ma di uno dei più avanzati paesi europei. Quarant’anni di statistiche, che puoi benissimo scomodarti di andare a consultare prima di parlare a vanvera, confermano che la percentuale di mortalità perinatale-neonatale è PIU’ BASSA di quella degli altri paesi con prevalente parto ospedalizzato. Lo stesso discorso vale per il rischio di complicanze che, secondo un recente studio olandese su 147.000 donne – naturalmente tutte a basso rischio – pubblicato sul British Medical Journal (non sul Corriere dei Piccoli), è risultato essere inferiore rispetto a quello in ospedale. Anche nel caso in cui la gestante abbia dovuto concludere il travaglio in ospedale per sopravvenute complicazioni, comunque il rischio corso dalla madre e dal figlio non è risultato essere maggiore che se la madre fosse stata in ospedale sin dall’inizio. Lo studio conclude che il parto domiciliare è sicuro almeno quanto quello in ospedale, e per certi aspetti anche di più (relativamente a eclampsia, grave emorragia post-parto e necessità di rimozione manuale della placenta).
Non mi risulta dunque che le donne olandesi siano madri degeneri né sprovvedute. Mi risulta invece che in Olanda il livello di ISTRUZIONE femminile sia sensibilmente più alto rispetto a quello dell’Italia (controllati un po’ le statistiche), il che rappresenta un ottimo spunto di riflessione… purché si sia avvezzi a riflettere, naturalmente.
Se inoltre tu pensi che tutti gli ospedali italiani siano perfettamente attrezzati per ogni evenienza e non commettano mai errori di sorta… crogiolati pure in questa irrazionale quanto ingenua “sicurezza”. Hai mai sentito parlare di centri neonatali di primo, secondo e terzo livello? Sai forse che, per determinate urgenze, anche chi partorisce in ospedali di primo e secondo livello DEVE necessariamente spostarsi in quelli di terzo con Terapia Intensiva Neonatale per ricevere cure adeguate? E dunque, secondo il tuo puerile ragionamento, con che coraggio partorirebbe una donna in un piccolo ospedale di provincia vista l’insostenibile spada di Damocle di eventuali complicazioni? Che madre degenere…
Io, a differenza di una gestante ospedalizzata in provincia, che magari impiega 40 o più minuti per essere trasportata d’urgenza nel reparto maternità della mia città, potrei partorire a domicilio con l’ambulanza SPECIFICAMENTE attrezzata per cure neonatali sotto casa e con un ospedale di terzo livello e TIN a massimo 5 minuti di macchina. Indovina un po’ chi arriverebbe prima?
E, in ogni caso, mai sentito parlare di negligenze e malasanità? Dream on…
In quanto persona estremamente razionale, e anche con un adeguato livello di istruzione, quando ho affrontato l’argomento parto in casa ho trascorso TRE lunghi MESI della mia gravidanza a raccogliere tutte le statistiche disponibili sull’argomento e studiare approfonditamente i dati incrociandoli con la mia personale situazione. Idem ho fatto per QUALSIVOGLIA questione riguardasse la salute di mio figlio, dall’allattamento a richiesta e prolungato alle vaccinazioni, dai pannolini lavabili alla fascia e al co-sleeping. Questo a differenza della maggioranza delle donne che ho incontrato, che invece di informarsi e valutare approfonditamente ciascuna questione si sono limitate a seguire il gregge “perché si fa così, quindi vuol dire che è il meglio”… Ma è mai possibile avere un atteggiamento così stolidamente retrogrado e irrazionale? Come il NON sviscerare la questione approfondendone ogni singolo aspetto può denotare maggior responsabilità nelle scelte? Semmai è il contrario, PRIMA una persona assennata studia tutti i pro e i contro in maniera non pregiudiziale e POI sceglie responsabilmente. Magari alla fine sceglie l’ospedale per ragioni sue insindacabili, ma DOPO aver ragionato a fondo. Solo così la scelta potrà essere davvero responsabile, non aprioristicamente per il mero fatto di aver scelto l’ospedalizzazione.
Per mia abitudine e modus operandi, parto dal presupposto che il rischio esista SEMPRE e comunque, e che alla fine si tratti di scegliere la situazione con il più basso profilo. A mio modo di vedere, solo una persona dotata di infima capacità di discernimento potrebbe pensare che esistano realtà TOTALMENTE ESENTI da rischo e che il SOLO fatto di essere in una struttura sanitaria le conferisca la totale protezione dall’imponderabile. Dove esiste un fattore umano, con la sua soggettività, esiste una percentuale di rischio. Fuori così come DENTRO un ospedale. Come già scritto nei miei interventi nel post “La notte, nei reparti maternità”, se ad esempio prendiamo in considerazione la rottura dell’utero (evenienza che, in una primipara, è circa dello 0,02%), ti faccio notare che induzioni con ossitocina, rotture del sacco, flebo per accelerare il travaglio e manovre di Kristeller (molto diffuse negli ospedali italiani) aumentano in maniera esponenziale il rischio di rottura. Il fatto che una persona preferisca essere sottoposta a tali procedure purché in un ospedale non la rende necessariamente più responsabile. E’ solo una scelta diversa da quella di chi partorisce a domicilio perché operata in base a una diversa percezione del rischio, e che definirei rispettabilissima purché consapevole dell’esistenza COMUNQUE di una certa percentuale di aleatorietà.
Poi, magari, questa stessa ipotetica madre così avversa al rischio (altrui, s’intende) tollererà che il proprio figlio, divenuto più grande, sieda in macchina sprovvisto dell’apposito seggiolino e, addirittura, qualche volta persino sul sedile anteriore senza la cintura allacciata, magari mentre essa stessa guida con in mano il cellulare (quante ne ho viste…). Ma ha partorito in ospedale, fugando ogni dubbio sulla sua capacità di essere un’ottima genitrice… con buona pace della logica.
Meditate, gente, meditate.
Per fortuna che siamo liberi di pensare ognuna con la propria testa.
Rimango ferma sulla mia posizione.
Ciao.
Calzino
Ragionare con la propria testa è la cosa migliore che una persona, e tanto più se madre, possa fare.
Se, dopo aver ponderato con attenzione tutti gli aspetti della questione, sei convinta della bontà delle tue scelte, DEVI rimanere ferma sulla tua posizione.
E non sarò certo io a voler farti cambiare idea o a insinuare che sei una madre degenere, perché parto dal presupposto che ogni mamma si sforzi di agire al meglio delle proprie capacità fisiche, psichiche, intellettive, economiche e quant’altro per i suoi figli. 🙂
qui in umbria c’è una associazione che si sta battendo molto sul parto a casa. Io non so se ne avrei il coraggio, son sincera… forse perchè sono un po’ fifona! Sarebbe un’altra cosa porterlo fare con un autoambulanza sotto casa come succede in olanda e in tanti altri paesi. Mi piacerebbe che fosse semplice andare via subito dall’ospedale, o comunque dopo 24 ore se è andato tutto bene.
Concordo in pieno. Prolungare il ricovero spesso è davvero superfluo…
Ho visto video, letto, invidiato e pianto di commozione per queste esperienze, ancora oggi invidio letteralmente chi ha vissuto tutto questo.
Sono arrivata al primo parto con l’idea che si sarebbe trattato di un qualcosa di estremamente naturale e piacevole, senza paure eccessive.
Gravidanza a bassissimo rischio, ho rischiato di perdere il bambino. In 5 minuti netti ero in sala operatoria.
Nemmeno avessi vissuto sotto l’ospedale avrei salvato mio figlio fossi stata a casa.. Sinceramente, bello, bellissimo, ma non lo consiglierei mai.
Giusi
Senza esprimere giudizi, ma a casa mai a malapena c’entro io figurati attrezzarla per un parto, lo potrei fare nel pianerottolo 🙂
Ah, per quello pure io. Al massimo un parto in cantina 😉
Nel rispetto pieno delle scelte libere di ognuno di noi e senza voler giudicare nessuno, concordo sul fatto che ognuno debba essere libero di fare la sua scelta e debba avere diritto a tutte le informazioni possibili per farla, ma non sono d’accordo su questa insistenza che oggi si fa sulla naturalezza del parto e la troppa medicalizzazione.. Mi spiego meglio: il parto è si una cosa naturale che quindi ogni donna può affrontare, ma anche la cosa più naturale di questo mondo può avere degli imprevisti… E trovo che la medicalizzazione di questi imprevisti sia proprio quella che al giorno d’oggi permetta di tutelare mamma e figlio… Ho spesso l’impressione che si passi da un eccesso all’altro: troppa medicalizzazione troppa naturalezza.. Ci sono sempre le mezze misure.. Il mio pensiero ultimo è anche quello che non mi ha mai fatto prendere in considerazione l’idea di un parto a casa, anche se ho fatto il parto più naturale di questo mondo in un’ ospedale molto all’avanguardia da questo punto di vista (niente epidurale nonostante 24 ore di travaglio e posizione a carponi scelta da me): se dovesse mai succedere qualcosa a me o al mio bambino voglio la tranquillità che subito, e sottolineo SUBITO, qualcuno di medicalizzato sia lì ad aiutarci…
Infatti il problema sono gli eccessi, come in ogni situazione. Una sana via di mezzo sarebbe auspicabile…
Il racconto è toccante ma., per quanto l’idea di partorire a casa mi piaccia molto, però il mio lato razionale prevale: le morti neonatali e puerperal sono drasticamente calate proprio da quando la scienza medica ha fatto progressi e i parti sono stati trasferiti in ospedale.
Un’ostetrica, per quanto brava, non ha le competenze di un medico neonatologo o di un ginecologo o di un rianimator, e in certe circostanze è il singolo minuto a fare la differenza tra la vita e la morte.
Non si può sapere in anticipo se, ad esempio, dopo un parto perfetto la madre incorre in una grave emorragia durante il secondamento, e li Un’ostetrica non può fare nulla e ora che arriva l’ambulanza la mamma è morta o in coma.
Ovvio, sono casi rari, ma non sono remoti.
Penso che chi ha partorito in casa senza alcun problema è davvero una persona fortunata, ma purtroppo non è la normalità.
C’è da dire, però, che spesso chi fa il parto in casa invece che farsi seguire da ostetriche qualificate si fa seguire da personaggi dubbi come adepti new age, naturopati, e sono loro che alzano le statistiche dei parti in casa con esiti drammatici!
però, sempre per me, ricorrere a personale sanitario competente non evita la piccola possibilità di qualcosa che va storto ed esula da competenze e attrezzature, per questo io non penso che riuscirei a vivere la cosa con serenità anche se è un’idea stupenda!
Davvero ispirante..due parti, entrambi in ospedale ma davvero poco medicalizzati, quelli in cui il bambino e la mamma fanno “tutto da SD”. Trovo emozionante l’idea del parto in casa ma personalmente non mi sarei sentita al sicuro.
Melatequilabionda,
i luoghi comuni e i pregiudizi sono dannatamente duri a morire. Lasciamo da parte le stupidaggini new-age e parliamo su un piano razionale.
Frasi come “le morti neonatali e puerperal sono drasticamente calate proprio da quando la scienza medica ha fatto progressi e i parti sono stati trasferiti in ospedale” o “un’ostetrica, per quanto brava, non ha le competenze di un medico neonatologo o di un ginecologo o di un rianimator, e in certe circostanze è il singolo minuto a fare la differenza tra la vita e la morti” per essere credibili devono essere circostanziate da DATI e STATISTICHE.
Tanto per iniziare, in Italia i protocolli regionali che individuano i criteri di inclusione per il parto domiciliare sono rigidi. Nella mia regione, erano:
– età gestazionale compresa fra le 37+0 – 41+6 settimane;
– feto singolo in presentazione cefalica e con battito cardiaco regolare;
– peso fetale presunto compreso fra il 10° e 90° percentile;
– assenza di patologia fetale nota e di rischi neonatali prevedibili;
– placenta normalmente inserta;
– assenza di patologia materna e/o di anamnesi ostetrica che rappresenti una controindicazione al travaglio di parto e che richieda una sorveglianza intensiva;
– insorgenza spontanea del travaglio;
– liquido amniotico limpido, se vi è rottura di membrane;
– rottura prematura delle membrane da meno di 24 ore;
– batteriologico vaginale negativo per infezione da Streptococco1.
Inoltre, l’ostetrica deve rispettare i seguenti requisiti:
– aver assistito negli ultimi 5 anni almeno 20 parti a domicilio o in Casa di Maternità o aver acquisito una documentata esperienza in una Sala Parto ospedaliera (almeno 5 anni, con assistenza di parto in autonomia) e nel reparto di Neonatologia;
– essere accompagnata da un altro operatore sanitario ad ogni parto;
– essere dotata di un equipaggiamento come da Allegato 1;
– seguire le linee guida della Società Italiana di Neonatologia per la rianimazione neonatale e il BLS per la rianimazione dell’adulto;
– aggiornare periodicamente il training formativo sulla rianimazione;
– mantenere l’aggiornamento specifico attraverso la frequenza a percorsi formativi, sulla base dei criteri stabiliti dalla competente commissione ECM, nell’ambito degli obiettivi nazionali e regionali specifici.
Come già citato precedentemente, esiste una pletora di STUDI – essenzialmente olandesi perché lì partorisce in casa più del 30% delle gestanti SANE sin dagli anni ’70 – pubblicati su prestigiose riviste mediche internazionali che documentano, in maniera SCIENTIFICA e supportata da DATI STATISTICI, come il parto in casa sia sicuro quanto quello in ospedale (anzi, in certi casi anche di più). E contempla anche la casistica di donne che, iniziato il travaglio in casa, sono state ospedalizzate per sopravvenute complicanze. Il rischio è rimasto uguale, se non inferiore, al parto in ospedale. Fai una ricerca sulla rete e controlla pure, se vuoi.
Aggiungo che, in Italia, non tutti gli ospedali hanno un centro di terzo livello con Terapia Intensiva Neonatale. Dunque, se pure partorisci nel reparto maternità di un nosocomio di primo o secondo livello, in caso di emergenze devi COMUNQUE mettere le ali ai piedi e correre nel centro di terzo livello più vicino. Che, magari, dista tre quarti d’ora di macchina o ambulanza… ma, chissà perché, nessuna donna terrorizzata dal parto domiciliare trova inquietante questa eventualità… E, soprattutto, si è sempre ferreamente convinte che il rischio sia presente solo fuori dall’ospedale, ma mai al suo interno! Errore umano, malasanità… mai sentiti!
Infine, non mi risulta che in ospedale, in caso di travaglio NON complicato, siano i medici a “farti” partorire… bensì le tanto vituperate ostetriche. Conosco donne che, durante l’intero parto, neanche hanno visto l’ombra del proprio ginecologo (peraltro primario del reparto).
Per concludere, è chiaro che sono scelte personali e insindacabili in entrambi i casi. Ma, per favore, basta con questi allarmismi totalmente privi di fondamento!
Circostanziate le vostre argomentazioni. Citate statistiche.
Oppure dite pure che non condividete, liberissime di pensarlo, ma non fate affermazioni tipo “è pericolosissimo” e “si mette a rischio la vita dei propri figli”, perché la cosa non corrisponde OGGETTIVAMENTE a verità.
Infatti secondo me la questione è stata affrontata in modo sbagliato. Il commento dovrebbe essere “Io non me la sentirei mai, avrei paura, preferisco l’ospedale”. Senza sindacare sulla responsabilità delle decisioni altrui (vale peraltro per tantissimi argomenti legati alla genitorialità).
E’ un argomento su cui non riesco a essere lucida.
Chiedo scusa se qualcuna si è sentita offesa dalla mia istintività, ma è oggettivamente quello che penso.
(Silvana, comunque grazie per offrirci questo posticino per confrontarci, scannarci, imparare cose nuove o cementare convinzioni esistenti. Sono cose da cui si esce comunque arricchiti.)
Concordo in pieno. Il confronto è sempre utile, ringrazio voi per partecipare così attivamente. Per il resto, ognuno ha le sue legittime convinzioni, idiosincrasie e irrazionalità (io, per dire, coi miei figli mi sono scoperta gelosa!).
Ma io non avverso quello che tu dici, però, se mi permetti, le ostetriche davvero non hanno le competenze per affrontare eventuali eventi drammatici. Io stessa, pur avendo avuto un parto a 35 settimane, sono stata assistita solo da ostetriche perché ho rotto le acque spontaneamente, il bambino era cefalico, non c’era sofferenza fetale. Però c’era ad assistere il ginecologo come spettatore ma pronto a intervenire in caso di necessità.
Un’ostetrica è perfetta per accompagnare un parto senza complicanze, ma non sa fermare tma emorragia o fare una anestesia o aprire la pancia d’urgenza o rianimare un neonato.
Queste non puoi negare che siano possibilità che si possono presentare anche in presenza di tutti i fattori che elenchi tu, ma resta il fatto che ognuna fa i conti con quello che si sente in grado di gestire.
Io no, ma non per questo giudico folle chi invece fa il parto in casa. Mi piacerebbe fare l’esperienza ma va oltre le mie corde
In caso di complicanze il protocollo stabilisce che le ostetriche ti portino senza indugio in ospedale, che non deve distare più di 20-30 minuti d’auto. Stessa cosa che deve fare chi affronta il travaglio nei piccoli punti nascita di primo livello, del resto, in caso si renda necessaria la chirurgia d’urgenza o la terapia intensiva neonatale.
Le ostetriche sono in grado di gestire una certa tipologia di emergenze, dopodiché interviene il medico. Allora sì che la sua figura diventa indispensabile, su questo convengo pienamente, e vivaddio che esistono persone qualificate in grado di gestire situazioni di estremo rischio (senza però dimenticare gli inevitabili errori umani e incompetenze che, come in tutti i campi, purtroppo talvolta accadono).
Essenzialmente la questione, per me, si riduce nella seguente considerazione: finché sei sana, puoi scegliere di non medicalizzare ciò che patologico non è e lasciare alle cure dei medici chi ne ha veramente bisogno (magari anche solo a livello psicologico). Se invece insorgono patologie o complicanze, allora naturalmente non c’è alcuna scelta possibile ed è giusto e sacrosanto ospedalizzare. Tutto qui.
Già, Silvana, grazie! E scusa se, presa da sacro furore, non ti ho ancora fatto i miei auguri e congratulazioni per il lieto evento. 🙂
A mia parziale discolpa, è solo da cinque giorni che ti leggo…
Comunque vorrei far presente che la paura è un sentimento connaturato nell’essere umano – figuriamoci in una madre! – dunque non c’è niente di male nel provarla. Io ho avuto e ho tuttora paura in relazione a un sacco di scelte, non perché mi sia pentita o ricreduta (mai finora), ma perché solo gli sciocchi non hanno mai dubbi o insicurezze. Si fa il meglio possibile in buona fede e considerando gli inevitabili limiti umani e personali, non per vincere il premio di mamma dell’anno 😉
Figurati! E grazie per gli auguri 🙂
Ti ho risposto così Sil.
Boh forse non ti ho risposto, visto che non c’erano domande 🙂
Giusi
http://www.instamamme.net/?p=15070
Letto e commentato. Grazie. (Comunque è vero, nessuna domanda. Un post soprattutto informativo, da “giornalista” ;))
Giusi, io ho partorito in casa e ti assicuro che non c’era alcuna atmosfera ovattata! Nonostante fosse notte strillavo come un’indemoniata – ho avuto una dilatazione di 8cm rapidissima, tipo Alien 😉 – frasi come “vi prego, uccidetemi!”, oppure lanciavo improperi alle due ostetriche e mio marito che (loro sì) allegramente chiacchieravano mangiando una farinata, nell’attesa che si arrivasse al dunque. E questo nonostante tutto procedesse come da manuale…
Nel bene e nel male, l’aura new-age che – purtroppo – circonda il parto domiciliare fa parte dei soliti stereotipi/pregiudizi, e forse è questa la ragione per la quale molte donne l’avversano. Nella mia esperienza, c’è tanta sofferenza fisica (anche se il tutto è durato solo 5 ore), sangue e quant’altro, proprio come in ospedale! L’unica, sostanziale differenza è che sei nella tua casa circondata da chi ti ama.
Comunque il tuo articolo mi ha toccato profondamente… nessuna mamma dovrebbe provare tali schiaccianti sensi di colpa, ovunque scelga di partorire! Una madre cerca di dare il meglio di se stessa DATA la situazione contingente, quindi in relazione al suo stato psico-fisico del momento. Solo tu puoi sapere quale fosse la tua situazione, ma considera che probabilmente allora era il MASSIMO che potevi fare!
Io ho fatto la scelta di partorire in casa facendo appello – differentemente da quanto pensa la maggior parte delle mamme contrarie – alla mia parte RAZIONALE, non al mio coraggio. Se leggi i miei commenti precedenti, capirai il perché.
Ma non per questo mi sento una super-mamma, né – tantomeno! – una mamma degenere. Ho fatto la scelta più razionale data la mia situazione psico-fisica e dato il fatto che ho un punto nascita di terzo livello a meno di 3 km da casa mia (con ambulanza attrezzata per complicanze neonatali).
Fai pace con te stessa, perché te lo meriti 😉
Grazie Bart, prima o poi farò pace con me stessa, cosa su cui non sono molto brava in generale 🙂 io ho provato il senso di solitudine e di abbandono nei due momenti più importanti della mia vita,in cui ne avrei più avuto bisogno oltrettutto rischiando di perdere mio figlio, quindi essere lucida non è molto semplice riguardo al parto.
Grazie per le tue parole.
P.S. Anche CAlzino ha avuto un’esperienza difficile come la mia. Vogliamoci bene tra noi donne, perchè è sempre quello che ci frega purtroppo
Giusi
Scusa Silvana, ma rispondo a Bart, non so come mai non ci sia la scritta “rispondi” sotto il suo post: Bart, l’offesa nella mia frase la vedi solo tu (e non capisco perché te la sia presa proprio e solo con me oltre a Calzino). Se ritenessi “snaturate” le mamme che partoriscono in casa, l’avrei scritto senza mezzi termini, stai serena. Ho portato il MIO punto di vista: sono IO a vedere il parto in casa come un rischio e IO non lo farei mai. E per quanto le statistiche ne parlino a favore rimango della mia idea.
Ciao! Ho scoperto questo blog da un paio di giorni e mi piace molto perchè condivido tante cose con Silvana. A proposito, auguri e complimenti, scrivi davvero bene! Io ho partorito in casa la mia seconda figlia ad aprile di quest’anno ed è andato tutto benissimo grazie a due ostetriche bravissime che hanno rispettato i nostri tempi. Vi dico solo che ho passato i primi giorni dopo il parto a pensare atterrita a cosa ci avrebbero fatto in ospedale, visto che non è stato un parto nè veloce nè facile. Io mi ero dilatata (ero a casa mia!), ma la bambina non si metteva in posizione. Alla fine è bastato monitorare e aspettare ed è stato tutto naturale, ma in ospedale sarebbe finita con un cesareo o, peggio, con il forcipe (sì, lo usano ancora!), come fu per mia mamma quando sono nata io. Purtroppo sono pochi gli ospedali dove viene rispettata la fisiologia del parto per colpa della cosiddetta ‘medicina difensiva’ e così si creano le complicanze…
PS sono un medico legale, quindi parlo con cognizione di causa!