C’era il coach violento e paranoico, ed era forse la cosa più innocente di tutte. Uno che imponeva allenamenti con le catene ai polsi, e che per migliorare i riflessi delle atlete le colpiva con durezza con un pallone da volley. Che sfrecciava così forte da sembrare un ovale da rugby. E poi dicono che Zeman è uno senza cuore.
C’era lo stuolo agghiacciante di matrigne, istitutrici, nonni burberi, fratellastri sadici e sorellastre zitelle. Sempre pronti ad accanirsi sull’orfano di turno, bello come un cherubino, ma sfortunato e dolente come un martire. Per il suo bene, talvolta. Ma quanto strazio.
C’erano i ladri. E soprattutto le ladre, sfacciatamente sexy e fasciate in tutine che sarebbero state senza dubbio di neoprene, se solo il neoprene fosse già stato inventato. Erano talmente fighe che ti ritrovavi automaticamente a sognarti in body nero e mascherina mentre tentavi nottetempo di arraffare la Gioconda, scavalcando sinuosa i fasci rossi dell’antifurto laser. Praticamente una cleptomane con la passione per il fetish.
C’erano le giovanissime promesse dello sport. Con la malformazione cardiaca grave e l’affanno che manco Beth di Piccole Donne prima di morire di scarlattina. C’era Beth di Piccole Donne, che moriva di scarlattina, vergine, tra i singhiozzi disperati di tutta la famiglia (e sua sorella Jo, costretta a vendersi i capelli per racimolare qualche spicciolo).
C’erano i ragazzini disabili, che di per sé sarebbe anche una cosa fantastica, visto che raccontare la disabilità come una cosa normale sarebbe una cosa intelligente e utile. Solo che questi erano tutti disperati, bullizzati e irrisolti. E finivano sempre miracolati in qualche modo improbabile.
C’erano i fratelli incestuosi, i transgender tormentati, gli stupri tra le righe. I controluce morbosi, i sottintesi, i non detti che in realtà dichiaravano tantissimo, torbidi e allusivi. C’erano le morti sanguinose, gli abbandoni, le malattie devastanti. La tisi e la consunzione, qualunque cosa significasse. C’erano la miseria e la fame, la disperazione e l’odio furioso e gratuito. C’era la vita, in un certo senso. In tutte le sue infinite sfumature di rosa e di grigio, la vita che a volte profuma di incenso e altre volte puzza di merda.
I cartoni animati degli anni ’80 e ’90 erano sconvenienti, inappropriati, eccessivi. Ma a me piacevano tantissimo. E a giudicare da come i miei figli si sono appassionati alle sigle vintage proprio in questi giorni, direi che potrebbero andare forte anche adesso. “Sono i cartoni di quando mamma e papà erano piccoli”, spiega Davide alla sorella mentre ballano al suono di Lady Oscar e Occhi di gatto. Sono più piccoli di quanto non lo fossimo noi quando guardavamo quei celebri cartoni giapponesi. Sono più innocenti, sono più ingenui e a volte mi sembrano più fragili. Ma forse è solo che sono cambiati i tempi, insieme alla nostra percezione di ciò che è appropriato e ciò che non lo è.
Loro guardano le sigle e sembrano trovarle buffe, insolite, divertenti. Non so se riescano a percepire in qualche modo le differenze con la grafica a cui sono abituati o a realizzare che la voce che canta è quasi sempre la stessa, quella sorridente e zuccherata di Cristina D’Avena. La voce che scandiva i nostri pomeriggi di ormai 25 anni fa.
Non so se avrò mai il coraggio di proporre ai miei figli di rivedere insieme tutte le puntate di Georgie o di Mila e Shiro. Per ora mi godo la voce di Flavia che canta in loop “È quasi magia, Johnny!”, e va bene così.
8 Commenti
Anche Nicolò di 5 anni sta crescendo con le sigle dei cartoni animati che vedevamo io e suo padre.ma solo le sigle.Lui che tenta di capire perchè Remy una casa non ce l’ha!
Remy! Che concentrato di sfiga! 😀
Io che sono un po’più vecchia di te adoravo l’uomo tigre!
A me faceva un po’ paura! Ma la sigla è un cult…
L’altro giorno Luca stava guardando su Netflix un cartone di combattimenti tra carte di dinosauri (qui lo chiamano Dinosaur King), chiaramente per bambini più grandi, ma niente di che. Mio marito mi ha fatto notare che forse non era adatto per un trienne, troppa violenza. Io gli ho risposto “scusa, ma io all’asilo guardavo I cavalieri dello zodiaco e l’uomo tigre, cosa vuoi che sia questo”. Col senno di poi non glieli farei di certo guardare, ma com’erano belli!
Io ho sempre avuto una vera passione per le orfanelle e le sfigate, soprattutto se tratte dai libri (Pollyanna, Piccole donne, la principessa Sara e Heidy )
Piccole Donne è stato il primo libro che ho letto! Non aggiungo altro! 😛
Quanto hai ragione! Però non è che quelli di adesso siano tanto meglio. Perchè almeno i nostri cartoni aiutavano a digerire la realtà, che zuccherosa e buona non è mai. Quelli di adesso sono ancora più improbabili, paradossalmente, per il loro mostrare famiglie perfette e genitori (o sostituti di essi) perfetti. E le sigle…non c’è paragone!
Sono assolutamente d’accordo con te. Un buonismo stucchevole e inverosimile…