“Mi sento come in una bolla”.
“Continuo a galleggiare in attesa”.
“Aspetto che si capisca qualcosa del futuro”.
Le frasi più ricorrenti nelle mie conversazioni di questi mesi di quarantena ruotano tutte attorno a un senso di “sospensione del tempo”, di attesa indefinita, di intervallo e di pausa. Come se le nostre esistenze fossero state messe in stand-by, e quello che stessimo attraversando fosse un limbo che in fondo non è vita vera.
Ma si tratta di un inganno molto pericoloso. Il tempo che passa inesorabile, le settimane e i mesi che abbiamo alle spalle e quelli ancora di là da venire, questa primavera surreale che scorre fuori dai nostri vetri sporchi (i miei, perlomeno, ché non riesco mai a trovare il tempo e la voglia di pulirli), non ci verranno restituiti.
Nessun arbitro potrà tenerne conto, prima di emettere il fischio finale. Non ci saranno recuperi o tempi supplementari per compensare la strana pausa che di questo lungo lockdown.
L’errore più grande, e lo dico in primis a me stessa, sarebbe pertanto dimenticarsi di vivere.
Dobbiamo continuare a vivere, invece, con la massima intensità possibile. Vivere anche se siamo chiusi in casa, vivere anche se siamo stanchi, avviliti, angosciati. Vivere, ed è forse questa la sfida più grande, anche se siamo soli. Vivere davvero, vivere appieno, vivere forte.
Lo dico in primis a me stessa, perché sono una che, in tempi di pace, riteneva “sprecato” ogni singolo weekend trascorso senza uscire. Senza fare almeno una gita in natura, senza visitare una mostra, senza assistere a uno spettacolo teatrale, senza mettere piede in un museo, in un parco, in un giardino storico. Senza incontrare almeno un amico. “Abbiamo buttato via una domenica”, ero solita sentenziare, con estrema frustrazione, quando per qualche ragione non riuscivamo a organizzare niente per il fine settimana.
Mi sembrava impensabile dire di aver vissuto in pienezza senza esplorare il mondo, senza fare esperienza del bello, della cultura, della natura. Senza condividere del tempo con persone selezionate in modo sapiente e rigoroso. Non avere
E invece è proprio questo, che voglio imparare dall’esperienza della quarantena.
La pienezza della vita, il suo valore, la sua dignità non dipendono dal luogo in cui ci troviamo o dal modo in cui ci troviamo, più o meno per scelta, a passare il tempo. La pienezza della vita dipende da quello che riusciamo a farne, a prescindere dal luogo in cui ci troviamo e dal m
In questi mesi ho tanto sofferto, più o meno come tutti. Ho faticato, ho tremato, ho trattenuto il fiato. Mi sono sentita in colpa. E sono stata anche, ogni tanto, immobile ad aspettare, come se fossi sospesa in una bolla. Ma ho cucinato e mangiato, ho brindato, ho bevuto. Ho lavorato. Ho cantato e ballato. Ho letto, ascoltato musica, ho imparato tantissime cose nuove. Ho litigato e fatto la pace, ho riso a squarciagola, ho giocato. Ho immaginato. Ho pianto. Ho scritto tanto, più o meno bene. Mi sono arrabbiata. Ho abbracciato e accarezzato, ho saltato. Ho desiderato.
E soprattutto, ho amato tantissimo, anche quando questo mi è costato una grande sofferenza. Ho vissuto. Ho vissuto intensamente e in un modo che mi permetterà, domani, di non pensare a questo come a un tempo perso per sempre. Come a una stagione sprecata.
Quello che mi auguro per tutti noi è di continuare a vivere davvero. Anche in questa condizione surreale di più o meno rigido lockdown. Perché l’errore più grande, finché non sarà passata, sarebbe dimenticarsi di vivere.
1 Commenti
Uuuh, la frustrazione dei weekend “persi” a casa a fare niente…come ti capisco…
[…] Lo avevo già scritto, a primavera. Anche se non sempre sono riuscita a mantenere la parola. Questi mesi ineffabili non ci verranno scontati dal computo complessivo di quelli “andati”. Nessun arbitro sancirà un lungo recupero per compensare il tempo che la pandemia ci ha preso senza chiedere il permesso. Ci tocca vivere a fondo ogni giorno, anche se non possiamo viaggiare, uscire, mangiare fuori o incontrare gli amici. Perché la vita che non viviamo oggi, sarà perduta per sempre. […]