I cani e i gatti, certo. Quei felini di strada magri e fieri, pieni di ferite come vecchi lupi di mare, lo sguardo altero e il passo ondeggiante. E i cani a passeggio, affettuosi o guardinghi, giovani e vecchi, tutti col naso umido e la coda pronta a scattare, come un sorriso. I randagi luridi e dinoccolati, sempre disponibili a farti compagnia per un pezzetto del tuo cammino.
I cani e i gatti, prima di tutto, ma non soltanto loro. Le lucertole nascoste lungo i bordi dei muri e i gechi arrampicati sulle pareti a prendere il sole. I piccioni, infestanti e un po’ molesti, i gabbiani confusi dall’odore delle discariche. Passeri e merli, rondini e gazze. Cornacchie e pettirossi. Gli storni, a ricamare il cielo vespertino con le loro danze di gruppo. I nidiacei ancora implumi che esalano l’ultimo respiro qualche metro sotto il buco da cui sono caduti, dati in pasto senza rimpianto alla legge di selezione naturale. I gusci delle uova dischiuse, che a primavera, se guardi bene e sei fortunato, puoi scovare tra la polvere e le foglie secche di certe strade di città.
Le oche selvatiche e i germani nei torbidi specchi d’acqua dei parchi urbani. Qualche cigno, negli anni migliori. Di passaggio nelle migrazioni, oppure di stanza per sempre. Per pigrizia, per errore, per comodità. I pesci rossi nelle fontane, le tartarughe abbandonate, le rane nascoste tra le foglie e i girini che dimenano la coda. Quanti ne moriranno, senza una lacrima. Le libellule che sembrano elicotteri, le farfalle, sempre più rare e sempre più piccole. Le falene spettrali nelle notti d’estate.
E i pipistrelli, che tornano a marzo sempre di meno, ma appena li vedi volteggiare al tramonto sai che la primavera è di nuovo qui, nonostante tutto e nonostante noi. Le api e le vespe, gli scarabei cangianti e le coccinelle minuscole. Le infaticabili formiche e i sudici scarafaggi. Le piccole scolopendre e tutto il mondo microscopico che brulica silenzioso ai tuoi piedi. Bruchi, lombrichi e larve. Le chiocciole imperturbabili che ti scrutano dalle punte delle loro antenne. Piccoli alieni dentro un’astronave di calcare. I ragni, architetti magistrali e impassibili. Le cavallette e i grilli color metallo.
E ancora, la verdeggiante maestà delle piante e degli alberi. La corteccia dei platani e il profumo dei gelsomini, la resina dei pini, appiccicosa come miele, e il polline che fa starnutire. I denti di leone, impalpabili come desideri, le chiazze di trifogli e l’edera che si arrampica sul mondo. L’ortica che pizzica, l’oleandro che intossica. L’esplosione delle rose e i fiori di camomilla, minuscoli, capaci di annullare, per lo spazio di un’aiuola, l’odore dello smog e dei rifiuti. I licheni, confusi coi resti fossili delle gomme da masticare. I funghi un po’ striminziti che spuntano in autunno nei quadrati di terra umida.
La natura è dappertutto. Intorno a noi, sotto i nostri piedi, sulle nostre teste distratte. Ci governa, ci pasce, a volte ci contrasta. Riempie i nostri occhi e la nostra vita, appena glielo lasciamo fare. La natura potrebbe colorare le giornate dei nostri figli, anche in città. Anche nella città più squallida e grigia, nella periferia più desolata e arida. La natura, credo, potrebbe salvarci. Basterebbe soltanto volerlo.
2 Commenti
Come sempre fantastica! Io e la mia famiglia amiamo la natura e gli animali, la amiamo da sempre e ci piace starci nella natura. Igni giorno cerchiamo di ritaglirci un momento per ammirarla. Torneremo presto a vivere in campagna e non vediamo l’ora. <3
Che bello! Io sono molto “cittadina”, perciò cerco la natura ogni giorno, anche negli spazi urbani (di qui l’oggetto del post), e non so se riuscirei a vivere in campagna. Però mi piace tanto andarci, ogni tanto. Quando vi trasferite? 🙂