Se mi chiedessero che tipo di genitore sono, non saprei bene cosa rispondere. Su alcune questioni mi definirei severa, o intransigente. Su altre penso di essere abbastanza flessibile e indulgente. Sono ansiosa in qualche caso, rilassata o fatalista in molti altri. Sono una madre che lavora, ma che passa anche molto tempo a casa. Sono green per certi versi, decisamente meno attenta per altri. C’è una cosa, però, che forse definisce in qualche modo il tipo di genitore che, insieme al papà di Davide e Flavia, ho scelto di essere per i nostri figli, ed è la scelta di vivere il quotidiano il più possibile “insieme” a loro.
Come in tutte le famiglie, direte voi. Certo. Però mi sembra di cogliere, ogni tanto, una tendenza diversa, che va nella direzione di un maggiore individualismo e di una precoce (e presunta, aggiungo io) indipendenza dei figli rispetto ai genitori. I bambini devono giocare da soli, intrattenersi da soli, addormentarsi da soli e via dicendo. Sempre prima e sempre di più, perché non è giusto e non è sano che i genitori siano “al loro servizio”, che trascurino le proprie esigenze e annullino le loro risorse – fisiche, nervose, emotive – per occuparsi dei figli. Ho letto anche diversi articoli sull’argomento, negli ultimi tempi, tanto che a volte mi dico che forse sbaglio a vivere come sono abituata a fare.
Mi spiego meglio. Per noi è del tutto normale, per esempio, giocare a lungo con Davide e Flavia, ogni giorno. Capita spesso anche quando siamo a tavola per la cena, e tra un boccone e l’altro ci sfidiamo a suon di indovinelli e di “Color color..”. Accompagniamo i bambini a letto, leggiamo e cantiamo per loro (e con loro) prima della nanna, restiamo accanto a loro finché non si addormentano. Per noi è scontato viaggiare insieme a loro, e non solo: pensiamo che sia giusto considerarli come dei veri e propri compagni di viaggio, tenendo conto, nella pianificazione delle vacanze, non solo delle loro esigenze, ma anche dei gusti e degli interessi che manifestano via via. Condividiamo spesso la visione dei film che guardano nel weekend, e se possibile anche dei cartoni animati del dopo cena. Costruiamo cose con loro, ci travestiamo insieme a loro, ci prestiamo come pubblico o come co-protagonisti, agli spettacoli che imbastiscono ogni tanto. Li coinvolgiamo nelle attività quotidiane, diamo loro dei compiti, parliamo con loro fino allo sfinimento. Tutti i giorni.
Stiamo insieme, insomma. Non sempre, com’è ovvio, non “a tutti i costi”, non senza momenti di stanchezza e conseguenti pause. Soprattutto, non con lo scopo di sostituirci a loro (Davide, tanto per fare un esempio banale, fa i compiti in piena autonomia, e io non mi sognerei mai di verificare via Whatsapp che abbia preso correttamente le consegne). Stiamo insieme non solo e non tanto perché crediamo che sia giusto e importante per i nostri figli, ma perché, prima di tutto, lo desideriamo noi genitori. Personalmente, ho fatto dei figli anche per la voglia di vivere al loro fianco la breve parentesi della loro infanzia, e troverei masochistico e privo di senso negarmi questo piacere per “coltivare la loro indipendenza”.
Non so se dovrò mai pagare il prezzo di questa filosofia di vita, ma so che di certo non avrò rimpianti. E va bene così.
4 Commenti
Bè ci potrebbe essere qualche mamma che ti dice che poverini dormono da soli o che parli di non renderli indipendenti, ma non guardi nemmeno i compiti che devono fare…insomma ogni vita familiare ha un suo equilibrio secondo me.
Io con i miei figli ammetto di giocare molto poco, ma li scarrozzo a destra e a manca (e in questo caso mi sento molto a loro servizio, tipo taxi) tra compleanni e sport. Oppure ho dormito con loro fin tanto che li allattavo, allattamento che ho deciso di terminare intorno all’anno/anno e mezzo, ma quando mio marito non c’è dormiamo ancora tutti insieme (mi chiederò come farò con 4!!). Li ho sempre fatti vestire da soli, li faccio aiutare in casa, li faccio stare a dormire dalla nonna o dagli amichetti, li sprono ad essere autonomi e indipendenti, ma la mia vita ruota tutta intorno a loro.
Quello che voglio dire è che io e te siamo sicuramente diverse, ma come lo sono tutti e dalle nostre diversità nascono le priorità. Se poi cambiamo cultura è anche più ampio il divario: i francesi mettono i bambini a dormire facendoli piangere fin che crollano e non mi pare che siano una nazione di serial killer, o gli islandesi mettono i bambini a fare la siesta fuori dalla porta e non c’è una mortalità infantile alta, anzi!
Quello che è importante è sentirsi bene nella linea che si decide di seguire, no?
Sì, direi di sì. L’importante è stare bene (e far stare bene anche i figli), ma non è così scontato. Anche se spesso ci raccontiamo che “stiamo bene”. 🙂
Ah bè, questo è un altro discorso ancora…ma forse persone come te…e come me…non staranno bene mai 😀
“co issieme” come dice il mio piccolo Arturo, aggiungendo al concetto di insieme, un preposizione che lo rafforzi…