Inserimento al nido, graduale o brusco: chi (diamine) ha ragione?

by Silvana Santo - Una mamma green

Assodato che si tratta di un’esperienza in ogni caso utile per il bambino (anche se poi le generalizzazioni sono talvolta fuorvianti). Dando per scontato che l’autonomia scolastica sia un caposaldo dell’istruzione libera e moderna. Con la ferrea convinzione che ognuno debba fare il suo mestiere, e che famiglia e scuola debbano essere il più possibile alleate, senza ingerenze reciproche, contrapposizioni e confusione di ruoli. Consapevole che affidare il proprio figlio piccolo (e non ancora parlante) a delle persone fondamentalmente sconosciute costituisce sempre, a prescindere dagli attori coinvolti, dalle situazioni e dalle metodologie, un atto di grande fiducia da parte di un genitore.

Detto e ribadito quanto sopra, io non posso comunque fare a meno di chiedermi come sia possibile che esistano visioni così differenti di una procedura tanto delicata e cruciale come l’inserimento di un bambino al nido (e, in una certa misura, alla scuola materna).

Da una parte, i duri e puri dell’approccio graduale e “morbido”, che in qualche caso si spinge fino al paradosso di costringere madri e padri che lavorano a rimanere accanto al figlio anche quando si mostra ormai perfettamente “inserito”, o di impedire al bimbo stesso, che mostra in tutti i modi di volerlo, di rimanere a scuola per l’intera giornata (perché i protocolli vengono applicati con un rigore sovietico che non tiene conto della reazione del bambino stesso).

All’estremo opposto, la filosofia del distacco “brusco”, che esclude fin da subito la presenza in aula di un intermediario (genitore o altra figura di riferimento), che prevede che il piccolo reticente venga strappato con la forza dalle braccia materne e resti in ogni caso solo in classe per il tempo stabilito, a prescindere dall’intensità della sua reazione.

Da un lato gli articoli che criticano l’inserimento infinito “all’italiana”, reo secondo alcuni di assecondare l’eccessiva apprensione delle madri nostrane e di contribuire ad allevare generazioni di bamboccioni, mammoni, smidollati, e chi più ne ha più ne metta (e giù lodi sperticate di quei paesi stranieri dove la pratica dell’inserimento è sostanzialmente sconosciuta). Dall’altro, schiere di educatrici che giurano, sulla base della loro esperienza pluriennale, che un approccio graduale e personalizzato sia fondamentale addirittura per il destino a lungo termine dei rapporti del piccolo studente con la scuola, di ogni ordine e grado.

Nel mezzo, come sempre, noi genitori. Che non siamo tenuti ad essere esperti di pedagogia infantile (non sarebbe il nostro ruolo, d’altra parte). Che spesso siamo bersaglio di opinioni divergenti e non richieste da parte di familiari, conoscenti e di altri genitori, più o meno avvezzi all’esperienza asilo-nido. Che, volenti o nolenti, siamo costantemente esposti al confronto con i figli degli altri (“il mio non ha mai pianto”, “le maestre di mio figlio non la pensano così”, eccetera eccetera). Che siamo chiamati, come si diceva all’inizio, a un atto di fiducia importante nei confronti di educatori, insegnanti, etc. E, soprattutto, che abbiamo a che fare ogni giorno, tutto il giorno, con i nostri bambini, gli unici a cui, in definitiva, siamo e saremo chiamati a rispondere delle nostre scelte e dei nostri comportamenti.

A chi dare ascolto? Come districarsi tra metodologie e punti di vista in così aperta contrapposizione? Come fare per garantire ai propri figli la certezza di un trattamento rispettoso della loro peculiare personalità e davvero utile, senza però sconfinare nell’iperprotettività e nella paranoia?

In attesa di risposte certe, che a questo punto potrà darmi soltanto mio figlio, so solo che mi manca tantissimo don Milani.

 

 

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20 Commenti

Lucia Malanotteno 25 Settembre 2014 - 15:49

secondo me si deve ogni volta valutare. Non mischiare l’inserimento al nido con quello alla materna, tanto per iniziare. Far fare tre settimane di inserimento alla materna ad una bambina che ha fatto già tre anni di nido che senso può avere? (è successo ad una mia amica!). Io ho fatto i salti mortali quando è stata la volta del nido, perchè era piccolo, ma alla materna visto come prendeva il via ho puntato un pochino i piedi!

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Silvana - Una mamma green 25 Settembre 2014 - 17:33

Concordo in pieno.

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tsukina83 25 Settembre 2014 - 15:59

ecco…io sto cercando di non pensare al primo ottobre…perchè la nanetta ha la capacità di fare sempre l’esatto opposto di quello che penso farà in una determinata situazione.
Ci ha pensato la maestra – che a pelle ci è piaciuta molto e già questo mi solleva parecchio – a tranquillizzarmi dicendomi che per loro l’inserimento non è così nazista e se valutano che la bimba si inserisce bene i giorni si possono anche dimezzare o ridurre…quindi vedremo come va…certo è che ho promesso e ripromesso di non piangere…

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Silvana - Una mamma green 25 Settembre 2014 - 17:32

Ce la farai! Se non ho pianto io… 😛 Un in bocca al lupo fortissimo, andrà tutto bene.

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tsukina83 25 Settembre 2014 - 17:37

sperem…vi farò sapere…

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nimerya 25 Settembre 2014 - 16:16

Io penso si debba valutare da bambino a bambino.
Quando Luca ha iniziato l’inserimento alla halte garderie, una specie di baby parking in cui andava 2-3 mezze giornate a settimana, mi sono resa conto che per lui, l’ideale era un approccio un po’ brusco. Certo piangeva al momento della separazione, ma sapeva anche che tanto non sarei tornata indietro e, percio’, non appena lasciavo la stanza lui smetteva subito, correndo a giocare. Pian pianino ha smesso di piangere e, non appena arrivati, correva direttamente a giocare. La mia presenza, durante l’inserimento, è stata di un paio d’ore, suddivise su un paio di giorni. Ora vedremo la settimana prossima con l’inserimento al nido “vero”, a tempo pieno.
Insieme a Luca aveva iniziato anche un bimbo italiano, con una mamma che preferiva l’approccio “dolce” e il suo inserimento è durato tre mesi. Probabilmente lui sentiva l’ansia della mamma, o molto semplicemente non era ancora pronto. Fatto sta che è stato un po’ un “incubo” per lei perché ovviamente si stressava, lui si metteva a piangere e via di seguito finché col tempo ovviamente la situazione è migliorata.

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Silvana - Una mamma green 25 Settembre 2014 - 17:30

Lo credevo anche io, in realtà (per quello invocavo don Milani), ma mi pare che non funzioni sempre così…

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Silvana - Una mamma green 25 Settembre 2014 - 17:31

(io comunque presenza zero minuti, fin dal primo giorno)

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nimerya 25 Settembre 2014 - 18:43

Che brava! Io non so se zero presenza sarei riuscita, vorrei almeno vedere un po’ cosa fanno al nido, tanto più che seguono il modello Pikler/Locszy che non conosco per niente 🙂

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Silvana - Una mamma green 25 Settembre 2014 - 19:17

Più che altro, non ho avuto molta scelta. Cambiare scuola sarebbe complicato per una serie di ragioni. Comunque cerco sempre di sbirciare dalla finestra 😉

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Calzino 25 Settembre 2014 - 16:47

Ho la fortuna di abitare in Emilia (terra, dicono, famosa per l’ottimo livello di asili nido e scuole materne).
Io mi sono trovata benissimo: inserimento mirato e specifico per la personalità di mio figlio, tempi rispettati in toto. Fermezza quando era il momento di essere fermi, malleabilità quando era il momento di essere morbidi e comprensivi.
Così dovrebbero funzionare le cose, dappertutto.
Perchè prima di numeri siamo sempre, sempre, sempre, essere umani. E unici.

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Silvana - Una mamma green 25 Settembre 2014 - 17:29

Ecco. Mi taccio sulla Campania, terra fanosa per… altre cose, ecco. Che tristezza però.

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Frafru 25 Settembre 2014 - 20:58

Esperienza in un nido privato bilingue di stampo Reggio: inserimento base di tre settimane così divise, prima settimana solo tre giorni, un’ora il pomeriggio dopo l’orario di chiusura, tre bimbi alla volta con le mamme in modo da prendere confidenza con maestre e ambiente.
Seconda settimana due ore la mattina, la prima con la mamma, la seconda da soli. Terza settimana, due ore da soli.
Questa la base, poi in base aalle singole reazione si valutata, ci sono stati bimbi che a parte i primi tre giorni poi sono stati dentro subito a giornata intera perché erano sereni, nessuno però ha superato le tre settimane

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Silvana - Una mamma green 26 Settembre 2014 - 09:04

Io vorrei solo che mi spiegassero il perché di tanta differenza 🙁

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IlMondodiStella 25 Settembre 2014 - 21:20

Ciao. Leggo con piacere questo tuo articolo e il tuo “dilemma” su quale filosofia adottare per l’inserimento. Ne faccio ogni anno parecchi di inserimenti, più o meno bagnati dalle lacrime, ho una mia teoria. A mio avviso non deve esserci un “modello standard” di inserimento per il semplice fatto che ogni bambino reagisce in maniera diversa. Ogni situazione e luogo fanno nascere in ogni bambino sensazioni ed emozioni diverse. Sono contraria al modello “inserimento lampo”, come in alcuni asili che, fin dal secondo giorno, fanno fare al bambino un distacco obbligato con una lunga permanenza in asilo. Ma allo stesso tempo non credo negli inserimenti lunghi un mese. Ogni struttura ( sia nido che scuola dell’infanzia) dovrebbe, sempre secondo il mio semplice parere, avere un modello su misura per ogni bambino. Tutto con dei limiti ma sono CONVINTA che un inserimento fatto bene possa davvero segnare l’intero anno educativo o scolastico. Un bacioneee

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Silvana - Una mamma green 26 Settembre 2014 - 09:30

Ecco, ora sono ufficialmente in preda al panico! Scherzi a parte, grazie per la tua opinione, ne farò tesoro. Vediamo come procede, nel caso parlerò con le educatrici.

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francesca_VLC 26 Settembre 2014 - 11:10

Qua in Spagna l’inserimento non esiste proprio: esiste un colloquio personale alcuni giorni prima dell’inizio delle lezioni della materna, in classe la famiglia va a vedere la maestra, il bimbo si guarda intorno, gioca, parla.
Arriva il primo giorno di scuola, è stato già tanto se ci hanno fatto entrare in cortile per vedere i bimbi mettersi in fila ed entrare. Dopo due settimane (la scuola è iniziata il 3) si sta sul cancello e si fa ciao ciao con la manina. Le maestre aspettano i bimbi in cortile, li riuniscono, allineano ed entrano.
Fine dell’inserimento.
Al nido è praticamente la stessa cosa. Ho sentito bimbi piangere 30 secondi: non li soffocavano con il cuscino, semplicemente li distraevano. Non ho mai visto stanzette con mamme facendo l’uncinetto pronte ad intervenire. Vanno via e basta. Dipende molto dalle educatrici. E te lo dice una che a favore dell’educazione libertaria, ha dovuto abbandonare un bellissimo progetto di scuola libera per dissidi tra genitori.
Molte mamme spagnole mi dicono che il metodo italiano le farebbe morire d’ansia!

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Silvana - Una mamma green 26 Settembre 2014 - 13:27

Spero che sia il sistema giusto per tutti i bimbi, visto che è quello adottato con mio figlio…

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Sarà 26 Settembre 2014 - 22:03

É un po’ come i diversi pareri dei medici o dei pediatri sulla stessa malattia: trovi mai un parere comune? mia figlia ha iniziato il nido a 7 mesi … L’inserimento forse non sarebbe stato necessario perchè a quell’età ancora non sviluppano il senso di abbandono.. Che arriva intorno ai 9/10 mesi.. Anche io vivo in Emilia e la tata di mia figlia ha ridotto l’inserimento previsto, che doveva essere di due settimane, perchè fortunatamente la mia cucciola reagiva bene.. Ma sono d’accordo nel pensare che l’inserimento debba esserci e debba essere modulato su ogni bambino… Penso sia importante per i nostri figli sapere che il posto in cui staranno è un posto in cui la mamma li ha accompagnati e che anche lei conosce.. Al tuo posto,Silvana, non so come avrei reagito a lasciare mia figlia senza “accompagnarla”… Ma capisco anche l’impossibilità di cambiare scuola… Che dire.. Non saremo dei pedagogisti, ma siamo mamme e i nostri figli li conosciamo direi abbastanza bene…..
Bell’argomento comunque…

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