Io non so cosa voglia dire desiderare un figlio. Ho deciso di farne uno all’alba dei 31 anni, perché sapevo che “prima o poi ne avrei voluti”, che nel mio progetto di vita i bambini erano un tassello irrinunciabile. E allora ho valutato che quello fosse il momento migliore per provarci, anche se non sentivo questo desiderio impellente e struggente di avere un neonato tra le braccia. Dopo un mese, senza quasi pensarci, ero incinta di Davide. E pochi giorni dopo il primo compleanno di mio figlio, ho scoperto di aspettare sua sorella. Noi contavamo di riaprire il cantiere di lì a pochi mesi, e invece lei ha anticipato i nostri progetti, complice una singola notte di “imprudenza”, o meglio di consapevole fatalismo da parte mia e di suo padre (tanto un secondogenito era comunque in programma). Ho due figli, e non ho avuto il tempo di desiderare un bambino. Mi è stata risparmiata l’esperienza che tante amiche mi hanno descritto: l’attesa che ti consuma, la speranza che si rinnova ogni mese, la frustrazione che ti arriva addosso come una slavina, e che ti toglie il respiro. E il pensiero che torna sempre lì, attirato dal magnete potentissimo del desiderio incompiuto, del bisogno disatteso, dell’istinto castrato. Le domande inopportune, i commenti fuori luogo, lo strazio degli esami e delle cure. Ho avuto una fortuna immensa, un privilegio straordinario. Figli che sono arrivati quando io ho pensato che fosse il momento giusto, nel modo più semplice che esista, quello che gli umani conoscono dalla notte dei tempi.
Figli che non si sono fatti attendere, e che non sono, al contrario, piombati nella mia vita quando io, a diventare madre, non ci pensavo neanche lontanamente. Perché anche questo, mi è stato risparmiato: il calvario di fronte a un ritardo, l’atrocità del dubbio di fronte a un test di gravidanza inaspettatamente positivo. La fatica di accettare una maternità che non era programmata, o lo strazio di pensare di interromperla. In questo caso, però, la fortuna forse c’entra poco, e questo privilegio si chiama piuttosto contraccezione. Una priorità, sempre e comunque. Perché fare un bambino è una scelta che richiede sempre un pizzico di follia, ma che va ponderata cento volte. Perché un figlio, anche se lo hai programmato, ti sconvolge la vita, ti scoperchia l’inconscio, ti rivoluziona le giornate nel bene e nel male, nei secoli dei secoli. Scuote dalle fondamenta l’impalcatura stessa delle tue sicurezze, del tuo equilibrio, del tuo sentire. Ristabilisce le tue priorità. Espone a nuove prove – e inevitabili rischi – la coppia di cui fai parte e la tua vita sociale. Figuriamoci se non era previsto.
I miei due figli sono arrivati al momento giusto: ho avuto una fortuna immensa, e anche tanto buon senso. La prima non si può comprare, né prendere in prestito o a noleggio. Ma sul secondo, per fortuna, abbiamo tanto da poter fare.
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