Io di fratelli ho esperienza prossima allo zero, come forse sarà ormai chiaro. Imparerò insieme ai miei figli, sbagliando, purtroppo, sulla pelle loro. Sento che la sfida maggiore sarà riuscire a coltivare un rapporto peculiare con ciascuno dei due, senza però privilegiare nessuno. Riconoscere e valorizzare le differenze, evitando di tradurle in discriminazioni.
Intanto, ora che sono entrambi piccolissimi, ho deciso di tentare la strada controversa dell’equità. Non solo nella risposta ai loro bisogni, nelle scelte di natura economica e nella gestione del mio tempo – l’addormentamento, ad esempio, è un momento condiviso, sebbene questo mi richieda doti acrobatiche non indifferenti, e spesso anche la pappa&poppa, quando il papà non c’è – ma anche nel resto, a cominciare dalla costruzione della memoria: dall’album di foto del primo anno al “baby diario”, fino alla scatola dei ricordi, Flavia gode di un trattamento identico a suo fratello.
Il difficile viene quando uno dei due manifesta esigenze particolari,come quando la piccoletta è stata davvero male, oppure, immagino, quando Davide tornerà finalmente al nido, nelle prossime settimane. È in questi casi che tocca cimentarsi nella difficile arte del funambolismo materno. Un colpo al cerchio e uno alla botte, nel senso buono.
Sarò processata comunque, presto o tardi, con l’accusa di essere una madre ingiusta e parziale. Lo so. E allora nel frattempo navigo a vista, cercando di fare ciò che mi consente di addormentarmi la sera senza (troppi) sensi di colpa.
Che poi è l’unica cosa che, in due anni, ho imparato sull’essere madre.