I miei conterranei hanno fama di essere massimi esperti in fatto di sentimenti. Secoli di perizia nell’arte dell’amore distillata nella musica, nel teatro, nella poesia. La passione ribolle nel magma denso del Vesuvio. Non so se sia la verità. Quel che è certo è che i napoletani mantengono certe convinzioni originali su come i sentimenti si declinano. Letteralmente.
Se decidi di convolare a nozze, ad esempio, dalle mie parti ti sentirai chiedere “quando sposi”. I vicini di casa si informeranno presso tua madre su dove sposano sua figlia e suo genero. La riflessività del verbo è un fatto opinabile, un dettaglio che si può trascurare. Forse perché, a ben guardare, quell’impegno eterno alla monogamia ha ben poco di razionale. Se ti sposi, evidentemente, non è che tu stia riflettendo poi tanto.
Il riflessivo ricompare a sorpresa a nozze consumate, nei giorni del puerperio. Se dai alla luce un figlio, infatti, si dirà di te che sei partorita il tale giorno nel tale ospedale. Come se mettere al mondo un bambino facesse in qualche modo rinascere anche sua madre, come se lei si desse la vita di nuovo mentre genera suo figlio. Ogni genitore sa che c’è un fondo di verità in questo, che ogni parto inaugura almeno altre due esistenze – inedite, vergini, nuove – insieme a quella spinta fuori a forza di contrazioni. Ogni madre, in effetti, si partorisce mentre partorisce suo figlio.
E mentre il tuo bambino cresce, il tuo amore per lui si fa transitivo anche quando nel resto del mondo non lo sarebbe. Appena il neonato inizia a interagire, a riconoscerti, tutti ti invitano a giocarlo. “Gioca tua sorella”, si raccomanda al fratello maggiore per invogliarlo a interessarsi a quella piccola intrusa. Per insegnargli a volerle bene. Da protagonista attivo di un’azione, il bambino ne diviene oggetto, l’interesse si concentra su di lui a prescindere dal suo ruolo e dalla sua volontà. La responsabilità resta tutta ai grandi. A Napoli non si gioca con i bambini, si giocano i bambini.
Perché per i napoletani, forse, l’essenza dell’amore sta proprio in questo. La passione che, qualche volta, sovrasta il raziocinio, l’istinto che annichilisce la riflessività. L’amore che partorisce, che restituisce a vita nuova prima di tutto chi lo prova. E poi, soprattutto, l’amato che diviene oggetto di un interesse assoluto e talvolta unidirezionale. Magari eccessivo, ogni tanto, inopportuno e soffocante, addirittura. Incontenibile come lava, duro come lapillo. Corrosivo come acqua salata e poroso come il tufo giallo.
L’amore, a questa latitudine, è sempre transitivo.