“Le bietole sono verdure tonde?”
“Andiamo qualche giorno in Cina?”
“Dov’è l’asciugamani arancione?” (WTF?)
“Vorrei tintarmi (!) i capelli di rosso e poi fare il bagno al mare”
“Giochiamo a dinosauri?”
“Quando divento grande mi porti sulla luna?”
“Puoi farmi due codine e tre trecce?”
“A scuola oggi non voglio mangiare la pasta”
“Voglio un regalo! Voglio un regalo! Voglio un regalo!”
Sono solo alcune delle frasi con cui di recente mia figlia Flavia ha esordito, ancora tra le lenzuola, le sue e le mie (interminabili) giornate.
Già, perché la mia secondogenita non si sveglia augurando il buongiorno al resto della famiglia, o al massimo chiedendo cosa ci sia per colazione – sarebbe troppo semplice, suppongo – ma erompendo (e rompendo!) in affermazioni quanto mai sorprendenti e fuori contesto. In pratica il suo complicato cervellino si riattiva, dopo il sonno notturno, concentrandosi quasi sempre su un distinto pensiero, che agli adulti di casa appare spesso bislacco e stravagante, o perlomeno non del tutto spiegabile alle 7.30 del mattino. Il problema è che ogni tanto questo suo stream of consciousness da risveglio finisce col diventare una specie di pensiero ossessivo, dalla quale Flavia viene fuori non senza una certa difficoltà.
È come se lei facesse dei sogni particolarmente vividi e, al risveglio, stentasse in un certo senso a riprendere il contatto con la realtà, vivendo con grande frustrazione il fatto che non siamo davvero in partenza per la Cina o che non sono previsti regali da scartare o tinture rosso tiziano. Frustrazione che a volte diventa “capriccio” o tantrum, o addirittura qualcosa di simile a una crisi di pavor nocturnus (con tutto il corollario di urla, muscoli irrigiditi e via dicendo), solo che il tutto avviene in uno stato di veglia.
Mi riprometto di indagare più a fondo la possibile causa di questi risvegli imprevedibili e singolari, ma intanto prendo atto, ancora una volta, di quanto io fossi del tutto impreparata all’esperienza della maternità. Come tutti, del resto. Ogni figlio che ci viene affidato in custodia è un individuo irripetibile e altro da noi, per certi versi imperscrutabile anche a chi lo ha generato e cresciuto giorno dopo giorno. E la parabola umana di ciascun essere umano si rivela sempre originale, unica e impossibile da prevedere e incasellare in qualche categoria. A noi, pellegrini scalzi in questa vita tanto meravigliosa e tanto terribile, non resta che improvvisare, come sempre. Tendere l’orecchio, ascoltare e sperare di capire, sospendendo il giudizio (soprattutto verso noi stessi) e confidando che la crisi passi in fretta e il sorriso ritorni al più presto.
[Qualcuno ha vissuto un’esperienza simile, coi risvegli bizzarri e burrascosi dei propri figli in età prescolare?]