Come stanno i nostri figli?
Un anno della nostra vita è ormai trascorso in sgradita compagnia del Covid 19. Un anno che, nell’economia delle esistenze di bambini che di anni ne hanno 7 o 8, o magari ancora meno, ha un peso specifico non indifferente. Ci saranno tanti bambini, suppongo, che la vita “di prima”, la vita normale, attualmente neanche la ricordano.
Da molti mesi, ormai, di fronte alle piccole e grandi “crisi” dei miei figli, mi ritrovo a chiedermi se e quanto dei loro problemi dipenda effettivamente dalla pandemia, dalle limitazioni, dal sostanziale isolamento in cui vivono ormai da tanto tempo. E quanto, invece, non prescinda da questo, non sia magari una normale implicazione della loro crescita e del loro innato temperamento, con cui avremmo in ogni caso dovuto fare i conti. O ancora quanto, ahimè, non sia forse responsabilità di noi genitori, a nostra volta fiaccati da questa specie di incubo distopico nel quale siamo piombati un anno fa.
Davide e Flavia stanno bene, per carità. Ma non ho potuto fare a meno di notare la (ri)comparsa di fragilità, preoccupazioni e ansie: recrudescenze di antiche paure (del buio, della solitudine, dei brutti sogni), risvegli notturni, picchi occasionali di aggressività, onicofagia, periodiche difficoltà con il cibo, ansie alterne legate alle loro pur ampiamente soddisfacenti prestazioni scolastiche, e in particolare ai compiti per casa. Niente di estremamente allarmante, per il momento, né di totalmente estraneo al loro passato di bambini amati e sereni (mi auguro!) ma sensibili, come ce ne sono miliardi in questo pazzo mondo che abbiamo il privilegio di abitare.
Solo che adesso, inevitabilmente, mi ritrovo a inquadrare la situazione con un certo pregiudizio, osservando la realtà attraverso il filtro della consapevolezza. Avremmo vissuto le stesse difficoltà anche senza il lockdown, senza i compleanni in solitaria, senza la ridotta attività motoria, senza la separazione prolungata da tanti amici e familiari, senza gli interminabili mesi di Didattica a distanza (nell’ultimo anno, Davide e i suoi compagni di terza elementare hanno frequentato la scuola per 8 settimane in tutto, prima di finire, come siamo attualmente, di nuovo dietro a un computer)?
Non conoscerò mai la risposta, perché ovviamente la risposta non esiste. Il tempo ci dirà soltanto quante ferite ci resteranno da curare, per noi e per i bambini, inclusi quelli che, per fortuna, il virus non lo hanno mai incontrato da vicino.
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Noi qui a Bologna stiamo impazzendo.
In una settimana 3 cambi di colore; arancione, arancione scuro e poi rosso.
Ospedali che si stanno saturando.
Asili che DOVEVANO ESSERE aperti poi dovevano chiudere oggi poi sono aperti fino a venerdì e poi chissà cosa succederà ad andare a lunedi.
Elementi medie e superiori in DAD da lunedì……
Insomma abbiamo vinto un biglietto per le montagne russe del COVID VARIANTE INGLESE.
E i bimbi come la prendono?
Come si fa a spiegare che un affarino invisibile mina le nostre libertà e non sappiamo quando finirà?
È complicato da accettare per un 13 enne che cerca di capire che posto occupa nel mondo.
E complicato per un 4 enne che non ha idea di cosa sia un virus.