Mi manca viaggiare. E non me ne vergogno, anche se qualcuno penserà che proprio dovrei.
Mi mancano Firenze e Venezia. Mi manca Capri. Mi manca Milano. Mi manca la possibilità teorica di prendere un treno e di andarci, anche se magari, “prima”, lasciavo ogni volta passare anni prima di farlo davvero. Mi mancano, disperatamente, Roma e le sue piazze. Le chiese barocche, i ponti sul Tevere, i sampietrini divelti, i nasoni sgocciolanti. Mi manca Roma anche se non ci andavo da un secolo, anche se quando ci ho ho vissuto mi ha regalato la solitudine più bruciante, e non sono mai riuscita a farla diventare casa mia.
Mi manca il grande nord, ché da quando l’ho conosciuto esercita su di me un magnetismo a cui non posso sottrarmi. Come se fosse la mia casa ancestrale, tanto quanto il profondo sud al quale appartengo da generazioni.
Mi manca il Mediterraneo, che sempre sarà la mia famiglia. Mi mancano l’energia delle metropoli e la lentezza dei villaggi di pescatori. Il fascino dei ruderi millenari e lo squallore dei casermoni sovietici. La poesia dell’architettura classica e le vibrazioni di quella contemporanea. La familiarità dei campanili e l’esotismo dei minareti. I cimiteri ebraici e i templi indù. Le luci fredde degli aeroporti e il calore di un tramonto incorniciato dalle palme.
Mi manca viaggiare, e anche sognare di farlo. Studiare la prossima destinazione, immaginare me stessa in un luogo nuovo e sconosciuto. Pregustare le farfalle nello stomaco, l’emozione che mi serra la gola e spinge dentro i miei occhi un fiotto di lacrime buone. L’eccitazione fisica della conoscenza, della scoperta e dell’incontro.
Mi manca viaggiare perché è la cosa che da sempre mi rende più felice. Perché mi rende una persona migliore. Perché è amore, è vita, è libertà. Perché è senso.
Mi manca viaggiare, e non mi sento in colpa. Anche se qualcuno, sedotto dalla tentazione irresistibile del benaltrismo, penserà che sarebbe conveniente e appropriato. “Perché sono in salute e al sicuro, perché ho una casa, un lavoro e l’abbonamento a Netflix. Perché i miei avi hanno fatto la guerra e hanno patito la fame e sofferto la Spagnola. Perché dopo il terremoto dell’Irpinia e del Friuli e del Belice e dell’Armenia le famiglie hanno dormito in auto per mesi senza lamentarsi. Perché in Africa si muore di fame e di sete e perché piccole anime innocenti affogano ogni giorno tra le onde del Mediterraneo dove io ho il privilegio di fare snorkeling d’estate”.
Mi manca viaggiare, anche se questo non vuol dire che io non sia consapevole di quanto sono fortunata. Di quanto la mia vita è comoda, facile, privilegiata e sicura anche in questo momento che per molti vuol dire lutto e miseria e incertezza. Anche se questo non vuol dire che io non sia grata ogni momento per ciò che ho, senza averlo meritato più di tanti che invece non ce l’hanno. Che io non sia costernata e sgomenta per il dolore che mi circonda, e che ogni giorno mi si avvicina più minaccioso. Mi manca viaggiare perché all’amore non si comanda, e non c’è colpa nell’amore, quando non nuoce agli altri o a se stessi. Mi manca viaggiare, e tacerlo sarebbe solo ipocrisia.