Dice che sono spugne.
Che i bambini assorbono gli stati d’animo dei genitori, che captano gli impulsi elettrici provenienti dai loro cervelli e ne riconoscono in qualche modo le sfumature. Dice che se tu sei triste, o adirato, o preoccupato esageratamente per qualcosa, loro lo percepiscono, e finiscono col riflettere il tuo stesso stato d’animo.
In pratica, se non sei sereno comprometti in un certo senso la serenità dei tuoi figli. È questo che dice la gente, più o meno velatamente.
Ma cosa ne è invece di noi? Noi che ogni giorno veniamo inondati dalle emozioni dei nostri figli piccoli? Dalle loro paure, dagli accessi di rabbia. Dai momenti di sfiducia e di frustrazione. Dalle loro gelosie. Dall’impazienza, dalla fame di vita che hanno certe volte i bambini.
Non dicono nulla di noi. Che siamo adulti, ma non per questo impermeabili a quello che provano le persone che stiamo crescendo. Non per forza capaci di restare equilibrati e sereni. Impassibili o comunque sensati e ragionevoli. Ma quanto è dura, a volte, confrontarsi con la parte più emozionale e irragionevole dei nostri figli, incassare i loro sfoghi, i loro eccessi, il fiume in piena dei loro stati d’animo senza mezze misure, senza filtri, senza una ragione intellegibile, talvolta. E rimanere stabili, maturi, dignitosi. Essere la parte adulta della coppia, quella saggia, quella giusta. Quella che non piange davanti ai figli, quella che non li etichetta, che non alza troppo la voce e non perde il controllo mai. Quanta fatica costa, quanti fallimenti. Quante cadute e rimorsi e rimpianti.
Forse anche noi siamo spugne, o perlomeno lo sono io.
Forse amarsi e crescere insieme vuol dire condividere anche certe derive emozionali, farsi travolgere all’unisono dalla piena, che a volte è fango, a volte è miele e a volte è pure merda. Aggrapparsi a chi in quel momento ha più fiato nei polmoni per provare a restare a galla, andare alla deriva abbracciati, e pazienza se chi avrebbe dovuto tenere il timone si è ammutinato o ha perso la rotta. Domani, in qualche modo, la ritroverà.
Vorrei smettere di sentirmi in dovere di offrire ai miei figli solo la luce, solo l’amore, solo la felicità. Vorrei smettere di sentirmi obbligata a dare loro solo il meglio di me.
Vorrei non aver paura che i miei buchi neri possano inghiottire anche loro, e il bene che ci lega.
Vorrei riuscire a pensare che loro possono amarmi anche quando faccio pena. Proprio come io li amo anche quando mi feriscono, mi deludono, mi sfiancano.
Vorrei essere una spugna di mare. Che filtra l’acqua che passa senza pensare. Senza chiedere. Senza sapere.